Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20116 del 30/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 30/09/2011), n.20116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21451-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore Generale

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

S.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 97/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di ROMA del 20.6.08, depositata il 04/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto in fatto:

Il 4 luglio 2008 la commissione tributaria regionale di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di S.S., avverso la sentenza n. 131/03/2006 della commissione tributaria provinciale di Rieti (IRPEF, IRAP, ADD. REG. 2000).

Ha motivato la decisione: “essendo non acquisita in atti l’attestazione della segreteria della commissione tributaria provinciale relativa all’avvenuto deposito ivi di copia atto di appello e risultando questo effettuato con notifica per racc.ta e non per Uff.le giudiziario”.

In data 1-5 ottobre 2009 ha proposto ricorso per cassazione, affidato a unico motivo, l’Agenzia; il contribuente non si è costituito.

Indi, apposita relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’Avvocatura erariale, per la decisione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con unico motivo e idoneo quesito, la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22 e 53 per avere i giudici d’appello dichiarato senz’altro l’inammissibilità dell’impugnazione dell’Ufficio, invece di operare una lettura costituzionalmente orientata di tali disposizioni nel senso della qualificazione in termini d’irregolarità e di nullità sanabile delle mancata ottemperanza all’onere di depositare presso la segreteria della CTP di copia dell’impugnazione direttamente notificata a mezzo del servizio postale. Deduce, inoltre, dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, ultima parte, in riferimento all’art. 24 Cost..

Il motivo e il dubbio di legittimità costituzionale non sono fondati.

La norma di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, dopo aver disposto, mediante il richiamo alla previsione di cui al precedente art. 22, comma 1, che il ricorso in appello deve, a pena d’inammissibilità, essere depositato nella segreteria della commissione tributaria (regionale) adita entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso in appello – sancisce: “Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l’appellante deve, a pena d’inammissibilità, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunziato la sentenza impugnata”.

Tale secondo adempimento è anch’esso testualmente prescritto a pena d’inammissibilità dell’appello e presuppone ineludibilmente l’esecuzione entro un termine perentorio, termine, che va identificato in quello di trenta giorni dalla proposizione dell’impugnazione, già indicato dalla prima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, comma 2, dell’art. 53 (attraverso il richiamo all’art. 22, comma 1) per il deposito del ricorso presso la segreteria della commissione ad quem.

Ciò risponde invero a consolidato principio ripetutamente affermato nella giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, Ordinanza n. 21047 del 12/10/2010); di tale principio il giudice dell’appello ha – nel caso – fatto corretta e puntuale applicazione.

Nè, attese le ragioni di ordine pubblico processuale cui essa risponde, la disciplina applicata prospetta come fondati i dubbi di legittimità costituzionale della ricorrente, atteso che, nel debitamente regolare in modo diverso situazioni obiettivamente differenti, risultano posti a carico dell’appellante, laddove opti per la notificazione in forma privata anzichè affidata all’ufficiale giudiziario, dei meri oneri relativi ad adempimenti concernenti atti nella sua sfera di disponibilità, in alcun modo per il medesimo ostativi all’accesso alla tutela giurisdizionale garantita ex art. 24 Cost. (Sez. 5, Ordinanza n. 8388 del 08/04/2010; Corte Cost. n. 141 del 15/04/2011).

Infine, va osservato che la segnalata pendenza di ricorso per revocazione, avverso la sentenza impugnata, non costituisce motivo d’improcedibilità del ricorso per cassazione e neppure sospende il relativo giudizio (Sez. 2, Sentenza n. 11413 del 11/05/2010).

In conclusione, il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta infondatezza del ricorso: senza conseguenze in punto di spese non essendosi costituito il contribuente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2011

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