Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20115 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. II, 24/09/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 24/09/2020), n.20115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27250-2019 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in Eboli (Sa) viale

Amendola n. 68, presso lo studio dell’avv.to COSIMO PIO DI

BENEDETTO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

PREFETTURA SALERNO, MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 76/2019 del GIUDICE DI PACE di SALERNO,

depositata il 31/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. D.M., cittadino del (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato provvedimento con il quale il Giudice di Pace di Salerno ha rigettato l’opposizione del medesimo avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Salerno, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-bis, e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, giacchè la motivazione del giudice di pace sarebbe del tutto apparente, essendosi limitato ad un mero richiamo alla legittimità del provvedimento espulsivo e facendo riferimento alla motivazione errata per mancanza di titolo di soggiorno e non per essere stato emesso nei suoi confronti il respingimento alla frontiera. Tale ultimo atto non era stato tradotto in lingua araba e il ricorrente non era a conoscenza del suo contenuto ed era chiara la sua volontà di richiedere la protezione internazionale; 2) violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 112 e 421 c.p.c. nonchè D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7 per aver ritenuto infondata la situazione di non espellibilità del ricorrente perchè non era stata presentata alcuna istanza di protezione internazionale mentre l’istanza era stata depositata alla questura di Salerno mediante richiesta di convocazione. Peraltro, il ritardo nel presentare la domanda era dovuto a cause riconducibili agli uffici; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla espressa richiesta di contenere il divieto di respingimento nei tre anni.

2. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Nell’odierna vicenda, il contenuto del decreto di espulsione nei confronti dell’odierno ricorrente, per come riportato nel provvedimento in questa sede impugnato, lascia chiaramente intendere che il D. privo di passaporto e senza permesso di soggiorno, è stato espulso perchè trattenutosi sui territorio nazionale senza giustificato motivo, nè risultando “alcuna istanza, da parte, del ricorrente di protezione internazionale o di altro permesso o titolo equipollente”.

Il Giudice di pace, dunque, ha correttamente motivato in ordine alla legittimità del decreto suddetto fondata sulla condizione di presenza “illegale” dello straniero sul territorio nazionale (oltre che nella impossibilità di riconoscere allo stesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari o ad altro titolo), indipendentemente dalle modalità con cui era avvenuto il suo ingresso in Italia. Deve ribadirsi in proposito che il provvedimento di espulsione dello straniero è obbligatorio a carattere vincolato ed il giudice ordinario dinanzi al quale il decreto è impugnato deve controllare unicamente l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione (cfr. Cass. n. 28860 del 2018), sicchè deve unicamente verificare, al momento dell’espulsione, l’assenza del permesso di soggiorno perchè non richiesto (in assenza di cause di giustificazione), revocato, annullato ovvero negato per mancata tempestiva richiesta di rinnovo (cfr. Cass. n. 12976 del 2016; Cass. n. 8984 del 2016. Si veda anche Cass. n. 15676 del 2018, in motivazione, secondo cui la mera carenza del permesso di soggiorno, anche temporanea, fa venir meno il diritto dello straniero di rimanere in Italia).

2. Il secondo motivo è inammissibile.

Il ricorrente asserisce che in atti era depositata la richiesta di convocazione presentata dall’avv.to Gaetana Mastroberardino in data 29 novembre 2018 e la conseguente convocazione in questura per il 38 marzo 2019 per la formalizzazione della domanda.

Inoltre, il ricorrente avrebbe dimostrato che la domanda non era stata presentata per insormontabili difficoltà ad essere ricevuto negli uffici competenti.

Sulla base delle stesse affermazioni del ricorrente, pertanto, risulta provata la mancata presentazione della domanda di protezione internazionale come affermato dal giudice di pace. L’impossibilità di presentare la suddetta domanda, al contrario, non risulta in alcun modo documentata, il ricorrente afferma genericamente di aver depositato articoli di giornale, senza nessuna ulteriore indicazione e, inoltre, non indica in quale atto aveva sollevato la suddetta questione, che peraltro non risulta in alcun modo trattata dal giudice di pace.

La doglianza, dunque, è inammissibile per un duplice ordine di motivi, perchè nuova e per difetto di specificità.

Inoltre le valutazioni relative alla sussistenza dei presupposti per ottenere la protezione internazionale (anche sub specie di protezione umanitaria, con riferimento al dedotto profilo del pericolo in caso di rientro in patria) sono di esclusiva competenza della Commissione Territoriale e, in caso di ricorso avverso le relative decisioni, del Tribunale, con i previsti rimedi impugnatori, così come le valutazioni che attengono alla concessione o al rinnovo del permesso sono demandate all’Autorità amministrativa, il cui controllo spetta esclusivamente al giudice amministrativo, dinanzi al quale sia stato impugnato il diniego (Sez. 1, n. 15414 del 2001).

Nel caso di specie, inoltre, da quanto è dato ricavare dal motivo di ricorso in esame, non viene dedotta alcuna situazione che integri alcuno dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, secondo cui “in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”.

Infatti, pure alla stregua dell’esposto principio, va rilevato che spetta al giudice del merito di valutare, in concreto, la sussistenza delle condizioni ostative all’espulsione o al respingimento che devono, comunque, essere allegate, e, nella specie, il ricorrente – fermo quanto si è già detto circa il fatto che il giudice di pace ha accertato che “non risulta alcuna istanza, da parte del ricorrente, di protezione internazionale o di altro permesso o titolo equipollente” – non ha allegato nulla di puntuale e specifico in termini di pericolo di vita individuale o di ragioni personali.

3. Il terzo motivo è inammissibile.

La censura è del tutto generica ed anche in questo caso il ricorrente non indica di averla proposta tra i motivi di opposizione.

Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, infatti, “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 6-1, Ord n. 15430 del 2018).

3. Il ricorso per i motivi esposti deve essere rigettato. Nulla sulle spese, non avendo svolto attività difensiva il Ministero intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

 

 

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