Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20111 del 16/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 16/08/2017, (ud. 28/03/2017, dep.16/08/2017),  n. 20111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9652-2012 proposto da:

C.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GERMANICO 170, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO SAGNA, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA R. GRAZIOLI LANTE 16, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS),

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO BONAIUTI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6440/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/11/2011 R.G.N. 4141/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/03/2017 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ALBERTO SAGNA;

udito l’Avvocato BONAIUTI DOMENICO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto solo parzialmente la domanda di C.M. diretta a far accertare che l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, con mansioni di badante, dal 20.7.1997 al 15 settembre 2004, con condanna del P.A. a versare i contributi previdenziali e al pagamento di differenze retributive, indennità di preavviso e di ferie non godute.

La corte ha ritenuto che dalle testimonianze raccolte in primo grado, riportate nella sentenza di appello, non fosse emerso un orario di lavoro giornaliero continuativamente superiore a quello indicato nel contratto stipulato tra le parti, di circa 25 ore settimanali, come neanche un lavoro festivo o domenicale. In particolare la corte ha rilevato che i testi escussi non avevano confermato la prestazione di lavoro di domestica oltre l’orario contrattualmente pattuito e neanche la prestazione di badante della sig.ra M., madre del P., atteso che non era stata confermata dai testi escussi la gravità delle condizioni di salute della M., tali da necessitare un’assistenza continua. La corte territoriale ha poi confermato la decisione di primo grado in ordine alla mancata prova anche del mancato godimento delle ferie, atteso che sarebbe spettato alla lavoratrice fornire la prova di tale mancato godimento, risultando dalle ricevute dalla stessa firmate e prodotte dal convenuto in primo grado che le ferie non godute erano state pagate. Egualmente infondati sono stati ritenuti i motivi di appello relativi al mancato pagamento del lavoro notturno durante i ricoveri della M. e al mancato pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso. Quanto alla prima voce, la corte territoriale ha escluso che fosse stata formulata non risultando dai conteggi incorporati nel ricorso introduttivo, quanto al preavviso, non era stata fornita la prova di un licenziamento ma neanche di una giusta causa di dimissioni.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la C. formulando 4 motivi. Ha resistito il P. con controricorso. Ha presentato memoria la ricorrente ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) con un primo motivo, articolato in due parti, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione violazione di norme di diritto ai sensi art. 360, n. 3, in relazione agli artt. 1226 e 1223 c.c. per violazione del principio di non contestazione e allo stesso tempo violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 per omesso e contraddittorio insufficiente esame di fatto e di documento decisivo.

Secondo la ricorrente la parte convenuta non avrebbe contestato l’affermazione della ricorrente di aver iniziato il rapporto nel luglio 1997. Vi sarebbe stata quindi una non contestazione, non presa in considerazione dalla corte d’appello, che avrebbe anche omesso di valutare che la teste Ma. aveva ” ammesso ” che la ricorrente aveva lavorato sin dal luglio 1997. Tale prova testimoniale decisiva sarebbe stata pretermessa dalla corte. Secondo la ricorrente i giudici di merito avrebbero comunque dovuto accogliere la domanda subordinata di risarcimento danni per l’importo equivalente ai contributi omessi.

2) con il secondo motivo la C. lamenta: a)violazione a falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento agli artt. 36 e 111 Cost., artt. 115,409,416 e 432 c.p.c., con riferimento al contratto di assunzione e alle mansioni concordate, ma anche contraddittoria motivazione su atto ritualmente prodotto ed erronea interpretazione delle prove, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Secondo la ricorrente non poteva considerarsi contestata la circostanza che la C. avesse lavorato oltre le 24 ore settimanali. Ciò risulterebbe dalle testimonianze di alcune testi ( Ma., Pa. e m. ed altri) che avevano di fatto riferito che la M., madre del P., aveva necessità di essere sorvegliata. La corte d’Appello, partendo dall’idea che il rapporto di lavoro fosse “discontinuo “avrebbe ritenuto che la ricorrente non avesse diritto allo straordinario. Avrebbe errato quindi la corte nel ritenere che dopo le quattro ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stipulato, sarebbe stata richiesta alla ricorrente solo una presenza in casa, compensata anche con la garanzia del vitto e dell’alloggio, senza considerare conseguentemente l’esistenza di un lavoro di cura e custodia della M. nelle restanti ore della giornata. Non avrebbe tenuto conto la Corte che nel contratto scritto di lavoro le parti avevano fatto riferimento alla qualifica di domestica ed a mansioni di assistenza ad anziani. Quanto allo straordinario negato, tale decisione della Corte sarebbe il frutto di una errata qualificazione del rapporto di lavoro, ritenuto erroneamente di sole 24 ore settimanali.

3) Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 128118, 2019, 2697 e 2729 c.c. art. 36Cost., art. 20 del CCNL del settore, poi anche omessa e contraddittoria motivazione sulle prove concernenti il mancato godimento delle ferie e percezione della retribuzione.

Secondo la ricorrente il mancato riconoscimento dell’indennità sostitutiva delle ferie da parte della Corte territoriale sarebbe frutto di un’errata interpretazione delle norme di legge citate, atteso che sarebbe stato onere del datore di lavoro fornire la prova di aver fatto godere le giornate di ferie alla lavoratrice. Lamenta ancora la ricorrente, sempre nell’ambito del terzo motivo, un’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in merito alle prove concernenti il mancato “godimento e percezione della retribuzione per ferie. In particolare i giudici di merito avrebbero omesso di considerare il contratto del 16.11.1998, trascritto in ricorso, in cui erano indicate mansioni plurime, sia di collaboratrice domestiche, sia di assistenza agli anziani, come anche le testimonianze in cui si riferiva della presenza costante per l’intera giornata presso l’abitazione per accudire la madre dell’attuale contro ricorrente.

4) Con il quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 1373, 2118, 2119, 2103, degli artt. 414,115 e 116 c.p.c., ed anche motivazione contraddittoria, insufficiente e lacunosa circa il mancato riconoscimento dell’indennità di preavviso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare l’indizio grave preciso e concordante riferito dalla teste Ma. nella sua deposizione, laddove la teste aveva riferito che il 14.8.2007 aveva avuto un alterco o diverbio con la C. e che poco dopo la lavoratrice si era recata al pronto soccorso, dove le era stata riscontrata una lesione ad una costola. Non avrebbe quindi collegato la corte tale episodio alle successive assenze dal lavoro protrattesi per malattia sino al 13.9.2007, assenze causate dalla lesione riportata per l’aggressione della Ma..

5) I motivi così come esplicitati sono inammissibili. Va premesso che nel presente ricorso, nelle prime 30 pagine delle complessive 86, sono stati trascritti per intero ricorso di primo grado, il ricorso di appello, le due sentenze di primo e secondo grado, senza che fosse rispettato quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, senza che vi fosse cioè un’esposizione sommaria dei fatti di causa diretta a mettere in luce le circostanze ed i fatti rilevanti al fini dell’esame dei motivi di gravame dei punti della sentenza di appello oggetto di censura.

Questa corte ha statuito (cfr Cass. SSUU n. 5698/2012) che ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, “per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso”. Tale tecnica impedisce un’agevole comprensione della questione controversa, rappresentando peraltro una forma espositiva che non “può essere giustificata dall’esigenza di consentire la verifica degli atti, poichè questa attiene ad una fase successiva e può essere assolta attraverso l’allegazione, di seguito al ricorso, di copia degli atti ritenuti strumentali allo scopo (Cass. 17477/2012, Cass. n. 3385/2016).

6) Quanto all’esposizione ed illustrazione dei motivi, tutte le censure vengono mosse tanto in termini di vizio di violazione di legge, quanto di omessa e contraddittoria o insufficiente motivazione, senza tuttavia distinguere in maniera chiara e necessaria la diversità dell’errore denunciato, che nell’ipotesi di violazione di legge consiste in un’errata ricognizione o interpretazione da parte del giudice di appello, della fattispecie astratta di cui alla norma di diritto, laddove invece il vizio motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 si ricollega alla ricognizione della fattispecie concreta attraverso le risultanze di causa ed attiene ad una erronea, carente e contraddittoria valutazione di tali risultanze.

7) Nei motivi in realtà la ricorrente finisce per dedurre l’erronea applicazione della legge in ragione della non condivisa valutazione delle risultanze di causa da parte della corte territoriale, senza peraltro esplicitare con la dovuta chiarezza quale sia il punto della motivazione che intende censurare.

8) Con il primo motivo, che atterrebbe al mancato versamento dei contributi previdenziali nel periodo in cui non era in possesso del permesso di soggiorno, la ricorrente sembra lamentare un’ errata mancata applicazione del principio di non contestazione, che tuttavia collega alle affermazioni di una teste, Ma., la quale avrebbe confermato che la C. avrebbe iniziato a lavorare dal luglio 1997. Non viene indicato esattamente il passaggio della sentenza che viene censurato, così che dalle confuse critiche neanche si evince quale sia l’errore effettivamente lamentato, se la violazione di legge o la insufficiente motivazione. Va peraltro rilevato che ove nel ricorso per cassazione si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non si può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare (Cfr Cass. cass. 20637/2016); tuttavia tale onere non è stato osservato dalla ricorrente.

9) Egualmente inammissibile è il secondo motivo di gravame con cui la C., sebbene denunci sia la violazione di legge che l’omessa e insufficiente motivazione, censura solo in realtà la sentenza impugnata solo per vizio motivazionale, in particolare per aver ritenuto non provato il superamento dell’orario di lavoro, indicato nel contratto di assunzione in 24 ore settimanali. Ciò fa la ricorrente trascrivendo soltanto parte delle deposizioni di alcuni testi escussi dal giudice di prime cure, i quali avevano riferito di una presenza giornaliera al lavoro ben oltre le ore 12, senza riportare compiutamente tutte le deposizioni testimoniali complete, come risultanti dai verbali delle udienze istruttorie in primo grado. A parte la non autosufficienza di tale incompleta trascrizione (cfr Cass. 12362/2006, Cass. n. 4849/2009) è appena il caso di rilevare che il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti.

10) Anche il terzo e quarto motivo sono inammissibili. Gli stessi appaiono comunque privi di chiarezza, non cogliendosi il significato e la portata delle critiche rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, perchè se si deducono errores in iudicando, è necessario un’esatta esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto (cfr Cass. n. 3248/2012). La ricorrente invece lamenta la violazione di norme di diritto ma poi lamenta in particolare l’illogica e lacunosa motivazione, per avere la corte territoriale omesso di considerare (quanto al terzo motivo) quello che ritiene fatto decisivo, ossia il contratto di lavoro stipulato tra le parti, in cui era previsto l’espletamento di mansioni plurime, tanto di collaboratrice domestica che di assistenza all’anziana, nonchè le deposizioni di alcuni testi che avevano riferito della presenza al lavoro della C. anche il sabato e domenica senza alcuna interruzione per giornate di ferie; oppure (quanto al quarto motivo), la deposizione della teste Ma., che aveva confermato il litigio avuto con la C. il 15 agosto del 2004, a seguito del quale la lavoratrice si assentò dal lavoro per circa un mese, ricevendo quindi una comunicazione del datore di lavoro. La sentenza impugnata ha invece adeguatamente esposto le ragioni della insussistenza dei diritto alle indennità richieste con motivazione priva di vizi logici, così che detti motivi tendenti a contrapporre una valutazione dei fatti diversa da quella dei giudici di merito. Operazione preclusa al giudice di legittimità.

Il ricorso deve quindi ritenersi inammissibile. Segue la condanna della ricorrente, soccombente, alla rifusione delle spese del grado, che liquida come da dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed oneri di legge.

Così deciso in Roma, il 28 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 agosto 2017

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