Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20111 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/10/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 07/10/2016), n.20111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15469-2014 proposto da:

I.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO

BARTOLOMEI 23, presso lo studio dell’avvocato MARCO MISURACA, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza a 324/2013 R.G. della CORTE D’APPELLO di ROMA del

27/03/2014, depositata il 14/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DE CHIARA CARLO;

udito l’Avvocato Marco Misurata difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

PREMESSO

Che il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nella quale si legge quanto segue:

“1. – La Corte d’appello di Roma, respingendo il gravame del sig. I.S., ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale aveva respinto la domanda del medesimo di rilascio del visto d’ingresso in Italia, per ricongiungimento familiare, in favore di sua moglie, sig.ra B.J..

La Corte ha osservato che quest’ultima era stata condannata alla pena della reclusione per il delitto di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione commesso tra (OMISSIS) in concorso con l’ I., con il quale si era poi unita in matrimonio il (OMISSIS) dopo la condanna e la successiva espulsione. Pur riconoscendo l’assenza di qualsiasi automatismo tra la condanna riportata e il diniego di visto, la Corte ha ritenuto che tale precedente consentisse di formulare tuttavia un giudizio di pericolosità sociale dell’interessata, che risultava essere stata la principale organizzatrice dell’attività di sfruttamento della prostituzione, per la quale aveva rivelato una spiccata capacità. Si trattava infatti di un’attività delittuosa svolta non in maniera occasionale, bensì organizzata e continuativa, il che rendeva apprezzabile la pericolosità dell’autrice per l’ordine pubblico, essendo notorio che l’attività organizzata di sfruttamento della prostituzione si accompagna alla connivenza con altri ambienti criminali, che quell’attività regolarmente controllano. A tali elementi l’appellante non aveva contrapposto altro che l’avvenuta espiazione della pena detentiva in maniera regolare e completa, nonchè la mancanza di ulteriori procedimenti penali: elementi, questi, non sufficienti per contraddire il giudizio di pericolosità formulabile sulla base del reato commesso.

La Corte ha inoltre osservato che difettava anche il requisito della effettività del vincolo matrimoniale, non potendosi ritenere provata la convivenza tra i coniugi, in particolare dopo il matrimonio.

Il sig. I. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi. L’Amministrazione intimata non si è difesa.

2. – Con il primo motivo di ricorso si censura l’applicazione della disciplina del ricongiungimento familiare di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, – in particolare dell’art. 4, comma 3, e art. 5, commi 5 e 5 bis – riguardante la diversa ipotesi di ricongiungimento familiare su richiesta di un cittadino extracomunitario, mentre nella specie il ricongiungimento riguardava la moglie di un cittadino italiano, sicchè andava applicato il D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, riguardante la circolazione e il soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari, ancorchè cittadini di paesi terzi, applicabile anche ai familiari di cittadini italiani – come nella specie – ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28, comma 2 e del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 23.

3. – Con il secondo motivo si lamenta che perciò la pericolosità sociale dell’interessata sia stata valutata alla stregua del D.Lgs. n. 286 del 1998 e non del D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 23 cit., il cui art. 20 consente limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari esclusivamente per “motivi di sicurezza dello Stato”, per “motivi imperativi di pubblica sicurezza”, nonchè per “altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza”. Esclusa all’evidenza la riconducibilità della situazione della sig.ra B.J. a una delle prime due categorie, andava altresì esclusa la riconducibilità alla terza. Quello indicato, infatti, era l’unico precedente penale della signora, la quale si era spontaneamente costituita in carcere, aveva disciplinatamente scontato la pena e aveva scelto di rientrare regolarmente in Italia, piuttosto che farlo clandestinamente.

4. – Con il quarto motivo si deduce che la valutazione di pericolosità sociale della sig.ra B.J. sarebbe errata anche a voler fare applicazione dei parametri di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, difettandone i caratteri della concretezza e dell’attualità.

5. – La complessiva censura risultante dai tre motivi suesposti, da esaminare congiuntamente attesa la loro connessione, non è fondata.

E’ ben vero, infatti, che il diritto d’ingresso e soggiorno in Italia del familiare di nazionalità extracomunitaria di un cittadino italiano è disciplinato dal D.Lgs. n. 30 del 2007, piuttosto che dal D.Lgs. n. 286 del 1998, alla luce di quest’ultimo Decreto art. 28, comma 2, e dell’art. 23 del primo. E’ vero, tuttavia, altresì che, come ricordato dallo stesso ricorrente nel secondo motivo di ricorso, anche il D.Lgs. n. 30, cit., art. 20, consente limitazioni a tale diritto, tra l’altro per “motivi di ordine pubblico o di sicurezza pubblica”. La Corte d’appello, sia pure errando nell’indicare la fonte normativa (ma sul punto la sua sentenza può essere corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c.), ha appunto proceduto alla valutazione della pericolosità della sig.ra B.J. per l’ordine e la sicurezza pubblica, con motivazione in concreto e riferita all’attualità. Ad essa il ricorrente non contrappone altro che la sua diversa valutazione dei medesimi elementi già presi in considerazione dalla Corte, articolando una critica di merito.

6. – Il terzo motivo di ricorso, con cui viene censurata l’autonoma ratio della decisione impugnata basata sul difetto di convivenza dei coniugi, resta assorbito”;

che detta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite;

che l’avvocato di parte ricorrente ha presentato memoria;

Diritto

CONSIDERATO

Che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione di cui sopra, non superate dalle osservazioni di cui alla memoria di parte ricorrente (con la quale peraltro si produce inammissibilmente nuova documentazione attinente al merito della causa);

che pertanto il ricorso va respinto;

che in mancanza di attività difensiva della pane intimata non occorre provvedere sulle spese processuali;

che dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, onde non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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