Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20111 del 02/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20111 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 21730-2007 proposto da:
CROSO

VALERIO,

CRS

VLR

46B01

I663C,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TACITO 10, presso lo studio
dell’avvocato DANTE ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato
SIMONELLI CLAUDIO, come da procura speciale a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
MAIOLO GIUSEPPINA, MJL GPP 39R42 A429Q, rappresentata e
difesa dagli avv. DEL MASTRO DELLE VEDOVE SANDRO e
BODO DANTE, domiciliata ex lege in ROMA, presso la cancelleria
della Corte di Cassazione ;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/09/2013

avverso la sentenza n. 1071/2006 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 19/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/05/2013 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FATTO E DIRITTO
Il ricorrente impugna con sei morivi di ricorso la sentenza inter partes
resa dalla Corte d’appello di Torino, pubblicata il 19 giugno 2006.
Il ricorso non contiene alcuna esposizione dei “fatti di causa”, richiesta
almeno in via “sommaria” dell’articolo 366 n. 3 c.p.c. Non vengono
riferite le decisioni assunte in primo grado e in appello. Dalla lettura
dei motivi proposti, peraltro tutti formulari in violazione dell’articolo
366 bis c.p.c., ratione temponS applicabile, non si comprendono i fatti e le
vicende processuali.
Si deduce che la vicenda riguarda pattuizioni intervenute tra le parti
quanto al trasferimento di un terreno, al suo frazionamento e alla sua
edificazione, pattuizioni non rispettate dalle parti con la necessità di
dover valutare i rispettivi inadempimenti al fine di individuare le
responsabilità e danni per la inesecuzione degli accordi. Altro non è
dato di rilevare, per quanto verrà esposto nella analisi dei singoli
motivi.
Occorre rilevare, quindi, che dal contesto dell’atto di impugnazione
non si rinvengono gli elementi indispensabili perché questo giudice di
legittimità possa avere, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del
processo, ivi compresa la sentenza impugnata, una chiara e completa
comprensione dell’oggetto dell’impugnazione, dello svolgimento del
processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti. Dal ricorso non è
possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e
Ric. 2007 n. 21730 sez. 52 – ud. 14-05-2013

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LUCIO CAPASSO, che conclude per l’inammissibilità del ricorso.

processuale, sufficiente per intendere correttamente il significato e la
portata delle critiche rivolte alla pronuncia oggetto di impugnazione.
Di qui inammissibilità del ricorso (Cass. 16315 del 24/07/2007, Rv.
598452; Cass. 4403 del 28/02/2006, Rv. 587592; Cass. 5492 del
04/06/1999 – Rv. 527050).

Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione per
contraddittorietà. Nell’esposizione, non accompagnata dal necessario
momento di sintesi, ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c., ci si duole delle
contraddizioni in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata quanto
all’individuazione della parte inadempiente con riguardo al criterio di
ripartizione delle spese, alla valutazione del comportamento della
controparte (una volta definito negligente per poi considerare
inadempiente il ricorrente), non chiarendosi così ‘W comportamento di
quale delle due parti.., va riconosciuto il fallimento della opera/ione negqiale de
qua”. L’esposizione del motivo non consente di individuare i fatti
essenziali della vicenda sostanziale e processuale, necessari per la
valutazione della censura.
Col secondo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 1460 codice
civile, non avendo la Corte tenuto conto che in ogni caso si dovesse
considerare l’importanza degli inadempimenti delle parti. Anche questo
motivo di ricorso è privo del quesito di diritto e anche in questo caso
l’esposizione del motivo non consente di conoscere gli elementi di
fatto fondamentali della vicenda, facendosi riferimento, per la
valutazione del comportamento dell’intimata, alla mancata
esplicitazione, prima dell’inizio giudizio, delle ragioni che, ai sensi
dell’articolo 1460 codice civile, avrebbero giustificato il suo rifiuto di
stipulare l’atto definitivo. Nell’ambito del motivo viene dedotta anche
la censura ex articolo 360 n. 5 c.p.c. quanto alla contraddittorietà della
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Quanto esposto risulta confermato dalla seguente analisi dei motivi.

motivazione sempre sotto profilo di cui all’articolo 1460 c.p.c.. Al
riguardo nel ricorso si riportano alcuni passi della sentenza impugnata
senza che da essi si possa giungere alla conoscenza della complessiva
vicenda. Il motivo si conclude senza l’indicazione del necessario
momento di sintesi.

Con il terzo motivo si deduce ancora violazione dell’articolo 1460
codice civile “in quanto la Corte d’appello di Torino ha qualdicato quale
eccezione ex articolo 1460 codice civile kz richiesta formulata dalla Maiolo soltanto
nel corso del giudkio di primo grado di revisione del progetto”. Anche in questo
caso manca il quesito di diritto o comunque un momento di sintesi, se
dedotto il vizio di cui all’articolo 360 n. 5 c.p.c. Dall’esposizione del
motivo si deduce che vi fu una successione di atti, senza alcuna loro
individuazione e descrizione. Si deduce poi che l’inadempimento
dell’intimata fu “eziologicamente determinante ed economicamente
prevalente”. Si indicano alcuni elementi di fatto (eccezione della
intimata di apparente difformità del progetto, modalità di esecuzione
del contratto per una superficie di 50 metri quadri da assegnarsi in
proprietà alla intimata) sui quali sarebbe fondata la valutazione del
comportamento delle parti, ma non si indica quali fossero le rispettive
obbligazioni e le dedotte violazioni dei contratti.
Con il quarto motivo si lamenta un “errore di giudkio compiuto dalla Corte
d’appello di Torino dell’ermeneutica contrattuale (rilevanza e data ione della
scrittura privata integrativa) e progettuale”. Anche in questo caso il motivo
non presenta né quesito di diritto, né momento di sintesi, non essendo
nemmeno chiaramente indicata la censura avanzata. Si fa riferimento
ad una scrittura integrativa e alla sua datazione, utile ai fini della
valutazione del comportamento delle parti. Si richiama la scrittura del
16 luglio 1983 nella quale si afferma che le intese tra le parti erano nel
senso di attribuire all’intimata il lotto C. Si rinvia alle affermazioni
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contenute negli atti di parte e si criticano le conclusioni della Corte
territoriale circa l’interpretazione di tali atti ai fini dell’individuazione
dell’anteriorità o meno della scrittura integrativa rispetto al PEC. Non
si comprende però il contenuto degli atti intervenuti tra le parti, le
valutazioni di essi date dalle parti e dal giudice del merito e il rilievo ai

Col quinto motivo si deduce la violazione dell’articolo 178 c.p.c., per
aver la Corte d’appello

“argomentato sulla scorta di una produzione

documentale(pagina 14, righe 1 e seguenti, pagina 16 righe 7 e seguenti) non
ammesso del giudice di prime cure”. Si fa riferimento ad una scrittura
transattiva del 2000, la cui produzione non sarebbe stata ammessa in
primo grado e che la Corte avrebbe posto a fondamento della sua
decisione. Anche in questo caso manca sia il quesito di diritto che il
momento di sintesi. L’esposizione del motivo riguarda la scrittura
richiamata, che evidentemente è collegata alle precedenti, senza però
che si possa comprendere il contenuto delle stesse e la specifica attività
valutativa della Corte d’appello, anche fini di definire la rilevanza e la
decisività del motivo.
Col sesto motivo, infine, si deduce un errore di giudizio della Corte
d’appello di Torino “nella mancata considerazione delle evidenti risultante della
relazione tecnica dell’ingegner Lorenzino Unio”. Il ricorrente afferma che la
Corte d’appello avrebbe trascurato “elementi decisivi” contenuti nella
c.t.u. e che vengono indicati nella situazione urbanistico-edilizia del
terreno in vari momenti della vicenda giudiziaria, dalla quale
risulterebbe una progressiva riduzione nel tempo della “possibilità
edificatoria sull’area”, nonché una inesistenza possibilità, all’attualità,
“stante la variante approvata dal Comune di Borgosesia di attuazione
dell’intervento edilizio, così come originariamente previsto e risultante dagli
Tali elementi sarebbero stati trascurati del giudice d’appello nel valutare
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fini del vizio denunciato.

i danni patiti dal ricorrente per non aver potuto realizzare l’intervento
edilizio pattuito “a causa della illegittima condotta tenuta” dall’intimata
con danni per oltre 2 miliardi di lire. Il motivo riguarda la valutazione
dei danni e non risulta utile per conoscere la vicenda e le posizioni
delle parti rilevanti ai fini dell’eventuale responsabilità. Anche in questo

art. 360 c.p.c.) e si conclude in ogni caso senza quesito di diritto e/o
momento di sintesi.
Sussiste quindi inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 n.
3 cod. proc. civ. e 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile.
Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente
alle spese di giudizio, liquidate in 2.500,00 (duemilacinquecento) euro
per compensi e 200,00 (duecento) curo per spese, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 14 maggio 013
L’ESTENSO

IL Piip S

caso il motivo non indica quale violazione viene denunciata (n. 3 o n. 5

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