Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2011 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 29/01/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 29/01/2020), n.2011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7868-2014 proposto da:

INPS I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, DE ROSE EMANUELE, CARLA

D’ALOISIO;

– ricorrenti –

contro

P.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELVIA RECINA 6,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI DE PETRILLO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO SAVELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 18/03/2013 R.G.N. 1194/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 18.3.2013, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato prescritto il credito per contributi a percentuale fatto valere dall’INPS nei confronti di P.I.;

che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria;

che P.I. ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del gravame per avvenuto decorso del termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata;

CONSIDERATO IN DIRITTO

che l’eccezione preliminare d’inammissibilità del ricorso, che parte controricorrente fonda sull’applicabilità del termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., nel testo modificato con L. n. 69 del 2009, ai giudizi d’appello iniziati dopo l’entrata in vigore della legge cit., è infondato, essendosi chiarito che la modifica dell’art. 327 c.p.c., che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 1, ai soli giudizi di primo grado instaurati dopo la sua entrata in vigore (4.7.2009), restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass. n. 6007 del 2012 e numerose successive conformi);

che, ciò premesso, con il primo motivo di ricorso l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., L. n. 233 del 1990, artt. 1 e 2 e D.L. n. 384 del 1992, art. 3-bis, (conv. con L. n. 438 del 1992), per avere la Corte di merito ritenuto che il dies a quo del termine di prescrizione dei contributi c.d. a percentuale dovesse identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento, invece che con quello, eventualmente successivo, in cui l’Agenzia delle Entrate avesse accertato un maggior reddito;

che, con il secondo motivo, l’Istituto ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 2941 c.c., n. 8, L. n. 233 del 1990, artt. 1 e 2 e D.L. n. 384 del 1992, art. 3-bis, (conv. con L. n. 438 del 1992), per non avere la Corte di merito ritenuto che il termine prescrizionale dovesse comunque rimanere sospeso nelle more dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, avendo il contribuente dolosamente occultato il proprio reddito;

che il primo motivo è infondato, essendosi ormai consolidato il principio di diritto secondo cui, in tema di contributi c.d. a percentuale, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito L. n. 233 del 1990, ex art. 1, comma 4, ancorchè l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento, con la conseguenza che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l’eventuale atto successivo con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato un maggior reddito, D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, avendo quest’ultimo mera efficacia interruttiva della prescrizione (Cass. n. 13463 del 2017, cui hanno dato continuità, tra le altre, Cass. nn. 19640 e 27950 del 2018);

che contrari argomenti non possono desumersi da Cass. nn. 17669 del 2015 e 20331 del 2018, citate da parte ricorrente nella memoria dep. ex art. 378 c.p.c., dal momento che, nel caso di specie, l’INPS ha preteso di attribuire all’accertamento fiscale non già valore interruttivo della prescrizione, bensì di fatto anteriormente al quale la prescrizione non poteva nemmeno cominciare a decorrere; che, con riguardo al secondo motivo, la sentenza impugnata non esamina la questione della sospensione del termine prescrizionale ex art. 2941 c.c., n. 8 anteriormente all’accertamento dell’Agenzia delle Entrate nè l’Istituto precisa quando e come essa sarebbe stata introdotta nel giudizio di merito, di talchè, dovendo ritenersi questione nuova e implicando un accertamento di fatto circa la sussistenza del dolo del debitore, essa non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 8206 del 2016, 28512 del 2017);

che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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