Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20108 del 14/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 14/08/2017, (ud. 12/04/2017, dep.14/08/2017),  n. 20108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19280/2015 proposto da:

M.A.O. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato

NICOLA DOMENICO PETRACCA, che lo rappresenta e difende unitamente

agli avvocati ANDREA ABBAMONTE, BRUNO PIACCI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.A.P.NA SISTEMA AMBIENTE PROVINCIA DI NAPOLI S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA POMPEO MAGNO 2/B, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO

DE MAGISTRIS, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO

CASTELLANO, giusta delega in atti;

FIBE S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LEOPOLDO FREGOLI

8, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SALONIA, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

A2A AMBIENTE S.P.A. C.F. (OMISSIS), già PARTENOPE AMBIENTE S.P.A.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 257, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO LIMATOLA, rappresentata e difesa dagli

avvocati CLAUDIO DAMOLI, ENZO PISA, GILDA PISA, OSVALDO CANTONE,

LORENZO CANTONE, ANDREA DELL’OMARINO, giusta delega in atti;

CITTA’ METROPOLITANA DI NAPOLI C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’Avvocato ALDO DI FALCO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI STRUTTURA EMERGENZIALE IN

CAMPANIA MISSIONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4414/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/06/2015 R.G.N. 7508/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SOLFANELLI ADNREA per delega orale PIACCI BRUNO;

udito l’Avvocato DELL’OMARINO ANDREA per A2A AMBIENTE S.P.A.;

udito l’Avvocato DE MAGISTRIS FILIPPO per delega orale Avvocato

CASTELLANO FRANCESCO per SAP.NA S.P.A.;

udito l’Avvocato COZZOLINO FABIO MASSIMO per delega orale Avvocato

SALONIA ROSARIO per FIBE S.P.A..

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 23 giugno 2015, confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva rigettato le domande proposte nei confronti delle convenute in epigrafe da M.A.O., dipendente con qualifica di quadro (ingegnere di 7^ livello con mansioni di capo impianto) di FIBE s.p.a., società operante nel settore dei rifiuti.

2. Il ricorrente aveva esposto che, con D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito dalla L. 14 luglio 2008, n. 123, era stato individuato il sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri quale soggetto che, subentrando nelle competenze commissariali, era deputato a fare fronte alla situazione di emergenza rifiuti della Regione Campania fino al 31 dicembre 2009 ed era stato previsto, altresì, il trasferimento alle province della regione Campania della titolarità degli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti fino al suddetto termine; che, a seguito della predetta legge, mediante due ordinanze attuative concernenti la stipulazione da parte di Province e Comuni di contratti a tempo determinato con il personale non dirigenziale e la nomina all’uopo di commissari ad acta, nell’agosto del 2008 erano stati assunti a tempo determinato 533 sui 555 dipendenti di FIBE s.p.a.; che, con raccomandata del 16 settembre 2008, al ricorrente – all’epoca indagato, unitamente ad altri due dipendenti, per illeciti commessi nella gestione degli impianti – era comunicato il licenziamento per cessazione di attività a far data dal 17 settembre 2008; che, in seguito, a decorrere dal 1 gennaio 2010, la struttura della Protezione civile aveva trasferito la gestione degli impianti e del servizio alle Province e per esse alle società istituite ex lege per la gestione del ciclo integrato (A2A Ambiente s.p.a e S.A.P.N.A. s.p.a.). Sul rilievo della sussistenza di un vero e proprio obbligo di legge all’assunzione a tempo determinato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, struttura emergenziale per i rifiuti, aveva chiesto disporsi la predetta assunzione con passaggio, di seguito, alle dipendenze della provincia di Napoli e delle società suindicate. Aveva chiesto, altresì, dichiararsi nullo/discriminatorio/illegittimo il licenziamento intimato da FIBE s.p.a., in ragione dell’assunzione di ex dipendenti di quest’ultima società da parte delle società neo istituite in forza dei pregressi contratti a termine, con le statuizione consequenziali anche nei confronti di queste ultime.

3. La Corte territoriale rilevò, quanto alla domanda concernente la costituzione del rapporto di lavoro a tempo determinato, che nessun obbligo giuridico era configurabile in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, non emergendo lo stesso dalle ordinanze attuative del D.L. n. 90 del 2008, convertito nella L. n. 123 del 2008, finalizzate al mantenimento dei livelli occupazionali senza previsione di alcun obbligo di assunzione, tanto più che doveva reputarsi esclusa la possibilità di costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione ad opera di una pronuncia giudiziaria; che, sempre con riferimento alla costituzione del rapporto a tempo determinato, non poteva dirsi non pertinente il richiamo alla normativa sull’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, assunto quale criterio di valutazione del possesso delle qualità morali e di condotta, in forza del quale il ricorrente era stato escluso a causa di indagini penali all’epoca in corso nei suoi confronti per fattispecie criminose poste in essere in danno dello Stato e commesse con atti gestori nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti; che, pertanto, ne conseguiva il rigetto delle domande nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Provincia di Napoli e delle società A2A AMBIENTE s.pa. e SAPNA s.p.a., in ragione della assunzione da parte di queste ultime di ex dipendenti di Fibe s.p.a. in forza di pregressi contratti a termine alle dipendenze della P.A.. La Corte ritenne, altresì, infondata la domanda formulata riguardo al licenziamento discriminatorio, rilevando che la vicenda penale aveva riguardato, con le medesime conseguenze, anche altri dipendenti coinvolti in indagini penali, senza che potesse assumere importanza l’esito del processo penale, intervenuto ex post. Quanto alla domanda attinente al licenziamento collettivo rivolta nei confronti di FIBE s.p.a., la Corte rilevò che non era stata dedotta alcuna irregolarità della procedura e che non era possibile per il giudice vagliare dal punto di vista sostanziale gli specifici motivi di riduzione di personale, essendo il controllo rimesso alle organizzazioni sindacali. In ordine, poi, alla invocata fattispecie di cessione di azienda, rilevò che, stante la pacifica titolarità dell’impianto in capo al soggetto pubblico, non poteva invocarsi l’art. 2112 c.c., per il caso di passaggio della mera gestione al predetto soggetto, non potendosi ravvisare alcuna cessione di “elementi materiali significativi tra le due imprese”.

4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore sulla base di tre motivi. Resistono con controricorso le controparti. M. ha depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 90 del 2008, art. 6, delle O.P.C.M. n. 3685 del 2008, O.P.C.M. n. 3693 del 2008 e O.P.C.M. n. 3746 del 2008, della L. n. 53 del 1989, art. 26, nonchè del D.Lgs. n. 165 del 2011, artt. 35 e 36 e dell’art. 2112 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., artt. 35 e 36. Osserva che il richiamato D.L., nonchè la Legge di Conversione n. 123 del 2008, avevano previsto il trasferimento diretto alle province della Regione Campania degli impianti di selezione trattamento dei rifiuti e l’assorbimento, in via transitoria e non oltre il 31 dicembre 2009, di tutto il personale già in forza alla Fibe s.p.a., con la sola eccezione costituita dai lavoratori che avessero optato per la mobilità. Rileva che le ordinanze attuative avevano individuato, altresì, i Presidenti delle Province e della Regione Campania quali soggetti deputati a stipulare contratti di lavoro a tempo determinato con il personale non dirigenziale impiegato presso gli impianti, con durata non superiore alla cessazione dello stato di emergenza. Che, inoltre, poichè le province erano impreparate a gestire tale passaggio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva disposto, con ordinanza n. 3693/2008, che si provvedesse alla nomina di un commissario ad acta, affinchè in via sostitutiva assumesse tutte le iniziative derivanti dal trasferimento della titolarità degli impianti per conto delle province, in primo luogo sottoscrivendo in nome e per conto della relativa Provincia i contratti di lavoro di tutto il personale già dipendente da FIBE s.p.a., ad eccezione dei dimissionari, applicando lo stesso trattamento economico e normativo in precedenza goduto dagli stessi. Ne conseguiva che la L. n. 53 del 1989, art. 26, relativo all’assunzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, era stato erroneamente applicato dai Commissari ad acta, essendo riferibile esclusivamente alle assunzioni presso Presidenza del Consiglio dei Ministri, Difesa, Giustizia e Polizia, con previsione di un limite connesso alla specificità di tali enti e non suscettibile di applicazione analogica, valendo per le Pubbliche amministrazioni la regola in forza della quale la mera pendenza di un procedimento penale non giustifica l’esclusione dal concorso, potendo tale effetto ricollegarsi solo alla condanna definitiva. Osserva che tali assunzioni avvenivano, con disciplina speciale che aveva previsto deroghe del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 35 e 36, con applicazione del CCNL Industria meccanica, nonchè con applicazione della contrattazione aziendale applicata dalla Fibe S.p.A., talchè ai contratti stipulati dai commissari ad acta era da attribuire natura privatistica. Sottolinea, quindi, che, ai fini dell’assunzione alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, non avevano alcun valore i procedimenti penali a carico del lavoratore, assumendo rilevanza solo le sentenze di condanna passate in giudicato. Rileva che il legislatore non aveva mai previsto assunzioni alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma aveva soltanto provveduto alla nomina di Commissari ad acta, incaricati di sostituire i Presidenti delle Province nella sottoscrizione dei contratti di lavoro, talchè l’effettivo datore di lavoro nei contratti a tempo determinato stipulati non era la Presidenza del Consiglio dei Ministri ma la provincia di Napoli, come poteva evincersi dal tenore dei contratti stipulati dai commissari ad acta. Rileva, altresì, per altro verso, che l’intera fattispecie è inquadrabile nell’ambito del trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c., poichè il passaggio degli impianti e dell’intera forza lavoro dalla Fibe S.p.A. alle Province costituisce una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese e che la continuazione del rapporto con l’impresa subentrante, per quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è ravvisabile anche quando il trasferimento sia riconducibile a un atto della pubblica amministrazione. Osserva che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello, secondo la quale tutti gli impianti sarebbero ritornati nella titolarità del soggetto pubblico, in realtà gli impianti medesimi si appartenevano a Fibe S.p.A., in quanto ceduti da Fisia Italimpianti s.p.a., come poteva evincersi dalla procedura di mobilità posta in essere dalla predetta società e da quanto affermato nella memoria difensiva da Fibe S.p.A.. D’altra parte, potendosi considerare consolidata la nozione di azienda c.d. smaterializzata, era ben possibile che un’entità economica sussistesse indipendentemente dalla presenza di beni materiali, potendo essa consistere, ai sensi della direttiva 77/187/Ce, in un complesso strutturato di lavoratori, malgrado la mancanza di significativi elementi patrimoniali.

2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., in violazione al D.L. n. 90 del 2008, come convertito con L. n. 123 del 2008, delle OPCM n. 3685/2008, 3693/2008, 3746/2009, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Rileva che la giurisprudenza di legittimità, recependo gli orientamenti delle Corti europee, aveva inteso fornire un’interpretazione estensiva dell’art. 2112 c.c., ispirata all’esigenza di tutelare la continuità del rapporto di lavoro e di apprestare tutela ai crediti del lavoratore, con la conseguenza che l’art. 2112 c.c., trova applicazione anche nel caso di trasferimento di impresa conseguente ad atto unilaterale e autoritativo della P.A., sempre che i lavoratori interessati siano soggetti allo statuto di diritto comune del lavoro e si accerti la cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese. Alla luce di tali principi, essendo i lavoratori in forza presso la Fibe S.p.A. inquadrati nel CCNL dei metalmeccanici, dovendo il Commissario ad acta applicare tale contratto ed essendo stata trasferita in toto la gestione degli impianti con i quali operava la società alle Province con provvedimento della Pubblica Amministrazione, risultava nella specie intervenuto un vero e proprio trasferimento di azienda.

3. Deduce, ancora, violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18 e della L. n. 223 del 1991, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Rileva che i motivi che avevano condotto la Fibe s.p.a. a intimare il licenziamento erano i medesimi che avevano erroneamente indotto il Commissario ad acta a negare l’assunzione. Tali motivi derivavano dal procedimento penale in corso, per il quale il M. risultava dapprima indagato e poi assolto. Di conseguenza il licenziamento era da ritenere nullo e/o discriminatorio e/o illegittimo, giacchè intimato nei confronti del solo ricorrente e degli altri sei capi impianto mediante richiamo della nota del sottosegretario alla Presidenza del Consigli dei Ministri del 16/9/2008, in violazione delle disposizioni di cui alla L. n. 223 del 1991.

4. In ordine al primo motivo di ricorso, per la parte non concernente l’asserita violazione dell’art. 2112 c.c., occorre valutare preliminarmente l’assunto difensivo secondo il quale – avendo previsto le disposizioni di legge richiamate e le relative ordinanze attuative l’assorbimento di tutto il personale di Fibe S.p.A., dapprima mediante la stipulazione di contratti a tempo determinato e, poi, mediante assunzione in capo alle società ASIA e SAPNA s.p.a. – è ravvisabile in capo all’amministrazione un vero e proprio obbligo di assumere il predetto personale.

L’assunto è privo di fondamento. Ed invero O.P.C.M. 19 giugno 2008, n. 3685, nell’individuare i Presidenti delle Province e della Regione Campania quali soggetti deputati a stipulare contratti di lavoro a tempo determinato con il personale non dirigenziale impiegato presso gli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti ubicati nei rispettivi ambiti territoriali, esplicitava il fine di “assicurare la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali del personale… che non ha optato per la mobilità”. La successiva O.P.C.M. 16 luglio 2008, n. 3693, disponeva, poi, che il sottosegretario di Stato provvedesse alla nomina di un commissario ad acta per ciascuno degli ambiti provinciali territoriali ove sono ubicati gli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti, il quale in via sostitutiva e fino all’adozione di determinazioni per la gestione dei predetti impianti era incaricato di assumere tutte le iniziative derivanti dal trasferimento della titolarità dei medesimi alle province, assicurando la prosecuzione della gestione del servizio senza soluzione di continuità. Da tale iter normativo non è dato trarre in alcun modo, come pretenderebbe il ricorrente, un obbligo per le Province della regione Campania di provvedere all’assorbimento di tutto il personale in forza presso la Fibe s.p.a., emergendo, piuttosto, esclusivamente l’esplicitazione della finalità, corrispondente all’interesse pubblico, del mantenimento dei pregressi livelli occupazionali. Ciò posto, la domanda diretta ad ottenere una pronuncia che si sostituisca all’assunzione, per come formulata, non può trovare accoglimento in ragione della mancata previsione di un obbligo in tal senso in capo alle Province, prima ancora che per i limiti posti a una pronuncia in questi termini nei confronti della pubblica amministrazione. Ne discende che, in difetto di un obbligo di assunzione, non assume rilevanza la questione relativa ai parametri (tra i quali l’esistenza di indagini penali in corso) adoperati dai commissari ad acta ai fini della scelta dei criteri (certamente prudenziali nella situazione contingente) per procedere alla stipula dei contratti a tempo determinato. Nell’indicata prospettiva, infatti, mancando un obbligo di assunzione, ancorchè il commissario ad acta abbia operato in vece della Provincia piuttosto che della Presidenza del Consiglio dei Ministri non è in ogni caso ravvisabile in capo al ricorrente un interesse giuridicamente rilevante a sindacare i criteri di scelta adottati.

5. Vanno di seguito esaminate le questioni, poste nel secondo motivo di ricorso e in parte del primo, attinenti alla sussistenza nel caso in disamina di una cessione di azienda inquadrabile nella fattispecie di cui all’art. 2112 c.c.. Al riguardo è da rilevare preliminarmente che nella sentenza si legge che sussiste la “pacifica titolarità dell’impianto in capo al soggetto pubblico”. Si tratta di accertamento in fatto non censurabile in sede di legittimità, peraltro in difetto di formulazione di specifica censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione novellata. Non è ravvisabile, pertanto, quella cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese che costituisce presupposto perchè possa sussistere un trasferimento di azienda e sia conseguentemente applicabile la relativa disciplina (si veda il principio enunciato da Cass. Sez. L, Sentenza n. 21278 del 15/10/2010: “L’art. 2112 c.c., nel testo modificato dalla L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 47, che ha recepito la direttiva comunitaria 77/187/CE (successivamente modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, art. 1, in applicazione del canone dell’interpretazione adeguatrice della norma di diritto nazionale alla norma di diritto comunitario ed in considerazione dell’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee con le sentenze 20 novembre 2003, C- 340-01, 25 gennaio 2001, C-172/99, 26 settembre 2000, C-175/99 e 14 settembre 2000, C343/98, deve ritenersi applicabile anche nei casi in cui il trasferimento dell’azienda non derivi dall’esistenza di un contratto tra cedente e cessionario ma sia riconducibile ad un atto autoritativo della P.A., con conseguente diritto dei dipendenti dell’impresa cedente alla continuazione del rapporto di lavoro subordinato con l’impresa subentrante, purchè si accerti l’esistenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese”). Per altro verso è da osservare che, in assenza di trasferimento di significativi elementi patrimoniali, l’asserita sussistenza di un complesso strutturato di lavoratori connotato da un proprio know how” o di altri caratteri idonei a conferire autonomia operativa, tale da superare il disposto del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 3, è circostanza meramente affermata in ricorso ma rimasta sfornita di allegazione e prova nei gradi di merito.

6. Risulta infondato, altresì, il terzo motivo di ricorso. Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte sin da epoca risalente quello secondo cui il controllo giudiziale in tema di licenziamento collettivo non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro, ferma restando la sussistenza – nella specie non contestata – dell’imprescindibile nesso causale tra il programma datoriale ed i singoli provvedimenti di recesso (cfr. per tutte Cass. Sez. L, Sentenza n. 19347 del 18/09/2007: “In tema di licenziamenti collettivi impugnati giudizialmente, il giudice, investito della valutazione di legittimità dei recessi, se non può sindacare le scelte imprenditoriali nel dimensionare il livello occupazionale in riferimento alla programmata ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale (sicchè non vi è valutazione di merito sulla giustificatezza del recesso datoriale come nella fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo), deve comunque accertare la sussistenza dell’imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento ed i singoli provvedimenti di recesso”). Nel caso in disamina il merito della scelta aziendale è stato sottoposto al vaglio del sindacato e il ricorrente non deduce alcuna irregolarità nell’espletamento della procedura. Le doglianze, infatti, si appuntano su profili, divenuti irrilevanti a seguito del rigetto delle censure in precedenza esaminate, connessi alle pregresse fasi dell’iter che ha condotto al passaggio del personale e dei beni aziendali da Fibe s.p.a. alle società deputate allo smaltimento dei rifiuti, con la conseguenza che nessuna irregolarità, nè alcun carattere discriminatorio può palesarsi, essendo il licenziamento determinato, in ragione dell’iter richiamato, da cessazione di attività.

7. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va integralmente rigettato. La novità e peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti costituite delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità nei confronti di tutte le parti costituite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2017

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