Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20103 del 14/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 14/07/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 14/07/2021), n.20103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1723/2020 proposto da:

O.E., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato MATTEO GIACOMAZZI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2207/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/05/2019 R.G.N. 2332/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza 30 maggio 2019, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello proposto da O.E., cittadino nigeriano proveniente dall’Imo State e di religione cristiana, avverso l’ordinanza di primo grado, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. nella devoluzione della sola domanda di protezione umanitaria, il richiedente ne ha posto a fondamento quale ragione della propria volontà di non rientrare nel proprio paese di origine (non più il timore originario della denuncia del suo datore di lavoro per la perdita di tre mucche, ma esclusivamente) “la paura soggettiva di rimanere coinvolto in uno degli attacchi terroristici verificatisi a (OMISSIS), ove egli si era trasferito dall’Imo State”: senza peraltro circostanziare in alcun modo i propri timori ed anzi avendo “dichiarato di non avere mai subito alcuna violenza dai musulmani in quanto cristiano”;

3. sicché, la Corte territoriale escludeva, tanto per lo Stato di provenienza del richiedente (ubicato nel sud della Nigeria), tanto per la città di (OMISSIS), ubicata al nord (neppure peraltro essendo credibile il suo trasferimento quivi dal sud del Paese, non conoscendo assolutamente la lingua del luogo, nonostante l’affermata permanenza lavorativa, in un’occupazione al mercato, per quindici mesi), una situazione socio-politica di violenza indiscriminata, risultando dalle informazioni assunte da fonti internazionali aggiornate in merito (rapporto annuale 2016 di Refword, confermato dal rapporto COI aggiornato a novembre 2018) la presenza del gruppo terroristico di matrice religiosa (OMISSIS), grazie all’azione coordinata di forze militari di più stati, soltanto nella zona a nord-est del Paese;

4. quanto agli attacchi terroristici nella città di (OMISSIS), essa escludeva che, al di là della loro risalenza temporale, giustificassero la misura richiesta, “non esistendo Stato… non… a rischio di attentati”;

5. con atto notificato il 18 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 5, 7,11, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 11, come mod. dal D.Lgs. n. 158 del 2009, per il mancato confronto della situazione personale del richiedente con la reale situazione esistente in Nigeria, secondo il “contrario avviso” del “sottoscritto difensore”, sulla base di ampio estratto di una pronuncia di merito (Tribunale di Milano del 2016), da cui risultante una “sistematica politica di repressione… attraverso la longa manus della polizia corrotta ed ancora a mezzo del totale controllo delle forze militari non già dirette a tutelare la sicurezza dei cittadini… per la truce repressione dei membri dell’opposizione attraverso delle vere e proprie uccisioni di massa” (primo motivo); violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 5, 7,8, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 27, 32, come mod. dal D.Lgs. n. 158 del 2009, per non corretto inquadramento della propria situazione di richiedente in termini di protezione sussidiaria, con omessa giustificazione dell’assenza di condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato e di concessione della protezione sussidiaria (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

3. il ricorso è assolutamente privo di un’esposizione sommaria dei fatti, in violazione del requisito prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, a pena di inammissibilità (Cass. 29 novembre 2016, n. 24291), funzionale alla completa e regolare instaurazione del contraddittorio e soddisfatto laddove il contenuto dell’atto consenta di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. s.u. 18 maggio 2006, n. 11653; Cass. 2 agosto 2016, n. 15103; Cass. 13 novembre 2018, n. 29093; Cass. 10 settembre 2019, n. 22575);

3.1. inoltre, in riferimento al primo motivo la Corte territoriale ha puntualmente disaminato la specifica situazione di Edo State, di provenienza del richiedente e della citta di (OMISSIS), a nord, non interessati direttamente dalla violenza di (OMISSIS) (presente, come noto, negli Stati della Nigeria nord-orientale: Cass. 18 gennaio 2017, n. 1268; Cass. 7 novembre 2018, n. 28433; Cass. 15 maggio 2019, n. 13088; Cass. 27 febbraio 2020, n. 5293), escludendo la sussistenza di una condizione di violenza indiscriminata legata a conflitti armati, sulla base di fonti internazionali specificamente indicate (al secondo capoverso di pg. 6 della sentenza);

3.2. a fronte di un apprezzamento giudiziale basato su informazioni, generali e specifiche al caso, aggiornate al momento di adozione della decisione (Cass. 12 novembre 2018, n. 28990; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 20 maggio 2020, n. 9230), il ricorrente ha opposto considerazioni di carattere generale, non riscontrate da quegli elementi idonei ad una censura che dimostri come il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire l’effettiva verifica di violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728; Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769);

3.3. il secondo motivo difetta di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 23 gennaio 2019, n. 1845), sotto il profilo di omessa confutazione dell’affermazione, a netta circoscrizione del perimetro argomentativo e decisionale della sentenza, di limitazione del gravame “alla domanda di protezione umanitaria” (al primo capoverso di pg. 4 della sentenza), con la quale il ricorrente neppure si confronta, con assoluta inconferenza delle sue argomentazioni;

4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2021

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