Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20103 del 06/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/10/2016, (ud. 20/07/2016, dep. 06/10/2016), n.20103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21331/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende opc legis;

– ricorrente –

contro

A.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 77/30/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 9/5/2013, depositata il 01/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/07/2016 dal presidente relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La CTR – Toscana ha accolto l’appello di A.L. – appello proposto contro la sentenza n. 189/02/2009 della CTP di Pistoia che aveva respinto il ricorso del predetto contribuente – ed ha così annullato l’avviso di liquidazione ed irrogazione sanzioni (notificato il 26.07.2008) su atto di compravendita di data (OMISSIS) (registrato il 22.07.2003), avviso fondato sulla revoca dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa (per omessa assunzione della residenza entro il termine di mesi 18 dall’acquisto), avviso che la parte contribuente aveva impugnato assumendo (tra l’altro) che l’Agenzia fosse decaduta dal potere di accertamento, non avendovi provveduto entro il termine triennale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76.

La predetta CTR (dato atto che la CTP aveva disatteso il ricorso del contribuente sul rilievo dell’applicabilità alla specie di causa della disciplina della L. n. 289 del 2002, art. 11, implicante differimento biennale del termine di verifica e liquidazione) ha motivato la decisione evidenziando che al momento della notifica dell’avviso di liquidazione erano già trascorsi non già tre ma bensì cinque anni dalla data di registrazione del contratto, sicchè (per implicito) anche l’applicazione della proroga biennale anzidetta non avrebbe avuto effetto di salvare l’atto dall’intervenuta decadenza.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo. La parte contribuente non si è difesa. La causa è stata riassegnata ad altro relatore con decreto prot. N. 97/6/16 dell’11 luglio 16.

Con il motivo d’impugnazione – centrato sulla violazione dell’art. 1 della tariffa parte 1, nota 2-Bis, n. 1, lett. a) del D.P.R. n. 131 del 1986; del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76 e della L. n. 289 del 2002, art. 11, commi 1 e 1-bis) – la parte ricorrente si duole che la CTR abbia erroneamente fatto decorrere il termine di decadenza triennale di cui al richiamato art. 76 dal momento della registrazione dell’atto di vendita anzicchè dal momento del definitivo decorso del temine entro il quale il contribuente avrebbe dovuto eseguire l’impegno (al quale aveva condizionato la fruizione del beneficio di imposta) di trasferire la propria residenza nel comune in cui si trova l’immobile compravenduto.

Il motivo non è fondato.

Non è in discussione la fondatezza e l’applicabilità alla specie di causa del principio di diritto invocato dalla parte ricorrente (Cass. Sez. U, Sentenza n. 1196 del 21/11/2000) secondo cui: “L’avviso di liquidazione dell’imposta di registro con aliquota ordinaria e connessa soprattassa, a carico del compratore di un immobile abitativo che abbia indebitamente goduto, in sede di registrazione del contralto, del trattamento agevolato di cui della L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 1, comma 6, è soggetto a termine triennale di decadenza, ai sensi e nel vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 74, comma 2 (corrispondente al successivo D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), a partire dalla data in cui l’avviso può essere emesso, e cioè dal giorno della registrazione, quando i benefici non spettino per la falsa dichiarazione, nel contratto, dell’indisponibilità di altro alloggio o della mancata fruizione in altra occasione dell’agevolazione, o per l’enunciazione, nel contratto stesso, di un proposito di utilizzare direttamente il bene a fini abitativi già smentito da circostanze in atto, oppure, quando detto enunciato proposito, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito o ineseguibile, dal giorno nel quale si sia verificata quest’ultima situazione”.

E’ perciò sicuramente condivisibile l’assunto di parte ricorrente secondo il quale nella specie di causa il giudicante avrebbe dovuto fare coincidere il dies a quo del termine decadenziale di esercizio del potere con la data di definitivo decorso del periodo (18 mesi) concesso al contribuente per dare esecuzione al proposito di trasferire la propria residenza nel comune in cui è sito l’immobile compravenduto.

Sennonchè, l’assunto di parte ricorrente non si limita a questo rilievo soltanto ma implica anche che il termine entro il quale l’Amministrazione ha concretamente esercitato il potere di revoca del beneficio provvisoriamente concesso sia da considerarsi legittimamente prorogato a mente della previsione dell’art. 11, pure dianzi menzionato, della qual cosa la parte ricorrente si è limitata a postulare la ricorrenza, senza dettagliare le specifiche ragioni del proprio convincimento. Però, anche a voler tenere conto del fatto che il periodo di efficacia di detta proroga è stato successivamente protratto anche agli atti formati fino al 30.9.2003 a mente della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 46, ciò non basta a rendere condivisibile l’assunto di parte ricorrente.

La Corte, in fattispecie analoga alla presente si e inizialmente pronunciata secondo la tesi dell’Agenzia (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24683 del 19/11/2014), ma il successivo e ripetuto orientamento della stessa Corte stessa è opposto e oramai consolidato (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanze n. 24118 del 2015 e n. 1567 del 2016) ed a quest’ultimo si ritiene preferibile attenersi, per la migliore aderenza alla ratio ed alla lettera della disciplina. E invero -pacifico che anche “in tema di perdita del beneficio fiscale concesso per la prima casa ai fini dell’imposta di registro, il termine per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta (dovuta a decorrere dal momento in cui è rimasto ineseguito il proposito di trasferire la propria residenza nel Comune in cui è sito l’immobile) resta soggetto alla sospensione prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 10, in materia di definizione agevolata degli avvisi di liquidazione della maggiore imposta di registro ed è prorogato di due anni, ai sensi di detto art. 11” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 279 del 2013; si vedano anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1672 del 2011; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12069 del 2010; Sez. 5, Sentenza n. 24575 del 2010; Sez. 5, Ordinanza n. 15750 del 2010; Sez. 5, Ordinanza n. 4321 del 2009)- deve però considerarsi condizione imprescindibile perchè detta proroga possa operare che il termine ultimo per l’assolvimento dell’onere incombente sulla parte contribuente (di assumere la residenza nel luogo in cui è sito l’immobile) scada in epoca antecedente alla data di entrata in vigore della L. n. 350 del 2003 (e cioè il 1.1.2004) poichè è la stessa norma ora menzionata che consente l’applicazione della proroga di cui all’art. 11, comma ultimo periodo “all’adempimento delle formalità omesse per le quali alla data di entrata in vigore della presente legge sono decorsi i relativi termini”. D’altronde, è corretto il rilievo che già “la lettera del comma 1 bis consentiva di definire “le violazioni” relative all’applicazione delle imposte con agevolazioni e, pertanto, se entro la data fissata per poter fruire del condono…. non c’è violazione, mancano i presupposti giuridici del condono e, conseguentemente, della proroga del termine di esercizio della potestà accertativa di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1, u.p.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24118 del 2015). Infatti, non è passibile di proroga un termine che non è ancora cominciato a decorrere e – perciò stesso – non può essere prorogato il termine per la liquidazione della maggiore imposta che è condizionato dalla revoca del beneficio del pagamento ridotto dell’imposta se i presupposti di detta revoca non si sono ancora maturati.

Nel caso oggetto del presente giudizio, prima della scadenza del termine per il trasferimento della residenza nel comune in cui è sito l’immobile ((OMISSIS)) non vi era alcuna violazione suscettibile di condono e perciò non poteva operare il meccanismo della proroga di cui trattasi. Essendo poi la violazione intervenuta (con l’omissione della condotta normativamente imposta entro il termine massimo di legge) quando non solo il termine d’identificazione degli atti condonabili era scaduto ma anche quello per la presentazione dell’istanza (16.4.2004) non vi è dubbio che non potesse applicarsi la proroga di cui trattasi. Nè altera in alcun modo il ragionamento decisorio il fatto che del menzionato art. 11, comma 1-bis, preveda che: “Le violazioni relative all’applicazione, con agevolazioni tributarie, delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui al comma 1, possono essere definite con il pagamento delle maggiori imposte a condizione che il contribuente provveda a presentare entro il 16 ottobre 2003 istanza con contestuale dichiarazione di non volere beneficiare dell’agevolazione precedentemente richiesta”. Ed invero, anche la ora detta norma suppone che la “violazione” si sia già maturata e perciò – in concreto – che risulti definitivamente omessa la condotta necessaria, con lo spirare del termine ultimo ai fini del trasferimento della residenza. E’ conferma di questa conclusione la circostanza che la medesima norma preveda l’ulteriore condizione che alla data di entrata in vigore della legge non sia stato notificato avviso di rettifica e liquidazione delle maggiori imposte, appunto perchè il predetto avviso potrebbe essere notificato solo in quanto risulti omessa la condotta necessaria e si sia maturata la violazione che è condizione per la revoca dell’agevolazione. Basta, perciò, correggere le ragioni a sostegno del dispositivo adottato con la pronuncia qui impugnata (potere di cui la Corte dispone a mente dell’art. 384 c.p.c.) per poter concludere che la pronuncia medesima non merita cassazione. Nulla è dovuto per spese mancando attività difensiva della parte contribuente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2016

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