Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20100 del 06/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/10/2016, (ud. 15/07/2016, dep. 06/10/2016), n.20100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Giulio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23894-2013 proposto da:

V.M., VICTMLN35D63H501L, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI RUDERI DI GROTTAROSSA 5, presso lo studio dell’avvocato

NUNZIO LANIERI, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE ROMA (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che la rappresenta e difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 166/35/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 13/06/2012, depositata il 26/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito l’Avvocato NUNZIO LANTERI, difensore del ricorrente, che si

riporta ai motivi.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Con sentenza a 166/35/12, depositata il 26 luglio 2012, non notificata, la CTR del Lazio ha rigettato l’appello proposto dalla sig.ra V.M., nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale – Ufficio Controlli Roma (OMISSIS), per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Roma, che aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso il silenzio – rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che la V. aveva presentato per l’Irap versata negli anni dal (OMISSIS).

Avverso la pronuncia della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la pronuncia impugnata ha ritenuto sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, difettando nella fattispecie il presupposto impositivo per l’assoggettamento della ricorrente al tributo in oggetto.

Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la CTR correttamente valutato la struttura e l’organizzazione sodo economica della ricorrente, svolgente la professione di attrice, in rapporto ai ricavi conseguiti begli anni in questione, nonchè ai beni strumentali in dotazione.

I motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto tra loro strettamente connessi.

Va opportunamente premesso, riguardo al primo motivo, che l’indicazione del paradigma normativo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in luogo del n. 3) in relazione al quale è riferita in epigrafe la censura di violazione di legge appare ad ogni evidenza, frutto di mero refuso, essendo la censura correttamente illustrata come error in iudicando circa i requisiti dell’autonoma organizzazione quale presupposto impositivo dell’Irap, sicchè il motivo deve ritenersi senz’altro ammissibile (cfr., per tutte, Cass. scz. unite 24 luglio 2013, a 17931).

Ciò premesso, va ricordato che, per quanto qui interessa, le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 10 maggio 2016, n. 9451) hanno ribadito il principio che il requisito dell’autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente: “a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’eserzizio dellattività in assenza di organizzazione”, chiarendo altresì che ugualmente ricorre il suddetto requisito quando il professionista %i avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive”.

Detto accertamento, spettante al giudice di merito, è insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato. Spetta altresì al contribuente (tra le molte, cfr. Cass. sez. unite 26 maggio 2009, n. 12109, Cass. sez. 5, 28 novembre 2014, n. 18749; Cass. sez. 5, 5 settembre 2014, n. 18749)) fornire la prova dell’assenza delle condizioni dell’autonoma organizzazione.

Nella fattispecie in esame fondatamente la ricorrente lamenta la carenza motivazionale e l’illogicità delle argomentazioni spese dal giudice di merito a fondamento del convincimento che la contribuente disponga, nell’esercizio della sua attività di attrice, di un’autonoma organizzazione.

Esso, infatti, risulta basato su una valutazione genericamente globale e, non dettagliatamente ripartita anno per anno, per ciascuno dei quali il prospetto evidenziato da parte ricorrente riporta significative differenze dell’incidenza dei costi, per compensi a terzi, sui ricavi conseguiti in ciascun anno di riferimento.

La decisione impugnata rileva, in fatto, che “tali spese superano di molto la percentuale del 20% dei compensi perrcepiti”. Si tratta, ad ogni evidenza, di un’erronea ricognizione dei dati risultanti dal quadro RE delle rispettive dichiarazioni, quali riportate dalla ricorrente in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, da cui, in particolare, risulta che per l’anno (OMISSIS) non risulta proprio la corresponsione di compensi a terzi, laddove solo per il (OMISSIS) l’importo dei compensi a terzi è pari ad Euro 28.671,00 a fronte di ricavi per Euro 188.613,00, risultando il relativo importo negli altri anni ben più contenuto (Euro 3495,00 nel 2005 a fronte di ricavi per Euro 127.199,00 ed Euro 11.581,00 per il 2006 a fronte di ricavi di Euro 186.019,00).

Risultando l’accertamento del giudice di merito viziato da incongrua motivazione, per erronea valutazione degli elementi di fatto nei termini sopra esposti e per omessa valutazione dell’eccedenza o meno rispetto all’id quod plerumque accidit dei beni strumentali all’esercizio della professione di attrice, (per un’analoga fattispecie cfr. Cass. sez. 5, 30 ottobre 2008, n. 26144), il ricorso va accolto per manifesta fondatezza in relazione ad entrambi i motivi, con conseguente cassazione della pronuncia impugnata e rinvio per nuovo esame a diversa sezione della CTR del Lazio, che, uniformandosi al principio di diritto sopra enunciato, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, a diversa sezione della CTR del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2016

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