Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 201 del 09/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 09/01/2017, (ud. 25/10/2016, dep.09/01/2017),  n. 201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCAISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3748-2012 proposto da:

C.E., (OMISSIS), C.P. (OMISSIS),

C.L. (OMISSIS), C.A.M. (OMISSIS), C.G.

(OMISSIS), nella qualità di eredi della Sig.ra G.M.T.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE CLODIO 61, presso lo

studio dell’avvocato FLORANGELA MARANO, rappresentati e difesi

dall’avvocato ALFONSO MANDARA;

– ricorrenti –

contro

B.L., BO.AN.RA., S.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 8, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO CRISCI, rappresentati e difesi

dall’avvocato FRANCESCO TUFANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3738/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato TUFANO Francesco, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del quinto

motivo di ricorso, assorbiti gli altri motivi.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

B.L., S.G. e Bo.An.Ra., quali comproprietari di un breve tratto di strada privata in (OMISSIS) convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Torre Annunziata G.M.T..

Gli attori esponevano che la convenuta aveva provveduto all’apertura di un varco su detta strada privata tramite la collocazione di un cancello e ne chiedevano la condanna alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi ed alla rimozione del cancello.

Costituitasi in giudizio la convenuta resisteva alla proposta domanda di cui chiedeva il rigetto eccependo, fra l’altro il difetto di legittimazione attiva degli attori essendo esclusivo proprietario della detta strada il loro comune dante causa.

Con sentenza n. 1147/2006 l’adito Tribunale ordinava alla convenuta l’immediato ripristino dello stato dei luoghi, la chiusura del cancello, con condanna della medesima alle spese di lite.

Avverso tale decisione, di cui chiedeva la riforma, la G. interponeva appello, resistito dagli originari attori appellati, che – oltre a chiedere il rigetto dell’avverso gravame – proponevano appello incidentale subordinato insistendo nelle domande avanzate ivi inclusa quella di vittoria delle “distraende spese del doppio grado”.

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 3738/2011, rigettava l’appello e condannava le parti appellanti alla refusione delle spese distratte.

Gli odierni controricorrenti, quali eredi dell’originaria convenuta, instano per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale sulla base di atto fondato su cinque ordini di motivi. Resistono con controricorso le parti intimate.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il “vizio di ultrapetizione ed extrapetizione ex art. 112 c.p.c. da parte della Corte di Appello napoletana (errore in procedendo)”.

Col motivo viene sostanzialmente riproposta una questione già sollevata innanzi alla Corte di Appello e relativa alla sentenza del Giudice di primo grado, ovvero l’eccezione di difetto di giurisdizione, che aveva ritenuta la stessa “assorbita e superata”.. Va evidenziato che oggetto del presente giudizio è la censurabilità della sentenza del Giudice di appello e che, per quanto non facilmente evincibile dall’esposizione del motivo, parti ricorrenti appaiono ora voler contestare una affermazione motiva – di cui alla decisione impugnata innanzi a questa Corte – con la quale si interpreta che “non erano state mosse doglianze alla C.E.”.

Orbene, comunque possa essere ricostruito il contenuto della doglianza del motivo in esame, quest’ultimo è del tutto infondato.

Non viene, infatti, enunciato quale specifico principio sarebbe stato violato con la sentenza qui gravata ed il ripercorrere, per stralci, mere affermazioni delle suddette sentenze dei giudici di merito finisce con l’aggirare del tutto la semplice constatazione che – per il precipuo tipo di oggetto della controversia – il rilascio della C.E. (di norma rilasciata fatti salvi i diritti, anche reali, dei terzi) ed ogni affermazione alla stessa era del tutto irrilevante nella fattispecie.

Il motivo va, dunque, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5) quanto all’eccepito difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti.

3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine alla qualificazione della strada.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine al rigetto della richiesta di rinnovo della perizia”.

5.- I Motivi di cui innanzi sub 2,3 e 4 possono essere trattati congiuntamente.

Con gli stessi si tende ad ottenere da questa Corte una rivalutazione di fatti e prove già svolta confacentemente dai Giudici del merito.

In particolare l’impugnata sentenza risulta aver motivato le proprie valutazioni con idonea e congrua motivazione immune da vizi logici censurabili in questa sede.

Al riguardo devono richiamarsi noti e condivisi principi che questa Corte ha già avuto modo di affermare esprimere è stato affermato che “il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perchè òla citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. SS.UU. 11 giugno 1998, n. 5802).

Ed è, pertanto, inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso, migliore e più appagante coordinamento dei fatti acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata.

In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in Una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione” (Cass. civ., 26 marzo 2010, n. 7394).

Va, ancora e conclusivamente, ribadito – anche alla luce di più recenti pronunce – che “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione…altrimenti risolvendosi il relativo motivo di ricorso in una inammissibile istanza di revisione delle valutazione e del convincimento del Giudice del merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. civ., S.U. 25 ottobre 2013, n. 24148).

Per di più e conclusivamente va riaffermato il principio per cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Nè, d’altra parte, “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013., n. 25608).

I motivi di cui innanzi vanno, quindi, ritenuti tutti inammissibili.

6.- Con il quinto motivo del ricorso si deduce il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 (c.c.) nonchè dell’art. 360 c.p.c., n. 3.”.

Parti ricorrenti prospettano la violazione della suddetta norma codicistica in quanto non sarebbe stato considerato che, “essendo comune a tutti i frontisti la strada” doveva consentirsi e ritenere la legittimità della apertura del cancello su detta via.

Il motivo non può essere accolto.

L’eventuale natura comune della strada ed anche (come rilevato correttamente dalla Corte territoriale) un eventuale uso pubblico della stessa non potevano mai legittimare un singolo condono ad un uso più intenso della cosa comune consistente, nella peculiare fattispecie, nell’apertura di un cancello.

In proposito, infatti, può ben affermarsi il principio per cui un’opera come l’apposizione di cancello finisce inevitabilmente per configurare non un mero uso più intenso del bene comune, Ma una vera e propria trasformazione del bene stesso non comprimibile – sul piano privatistico in conseguenza del rilascio della C.E. assentiva dell’opera medesima.

Solo per completezza va rilevato che la censura oggi mossa in ogni caso non risulta (nè in ricorso è stato allegato altro) come già svolta.

L’impugnata sentenza è, in proposito, chiara nel constatare che la pretesa di far rientrare nell’uso più intenso l’apertura si nuovi varchi peraltro non era stata prospettata dall’appellante come lecita ai sensi dell’art. 10102 c.c.”.

Nè – si ribadisce – viene oggi, come si sarebbe dovuto, addotto alcunchè – anche in violazione del noto principio di autosufficienza – al fine di allegare come non nuova la questione, comunque per quanto detto infondata, relativa all’inquadramento nell’art. 1102 c.c..

E tale circostanza è non poco significativa, dopo che la controversia è stata esaminata in vari gradi di giudizio anche in considerazione del fatto che il giudizio di legittimità – di norma -non può costituire qualcosa di alieno e di nuovo rispetto a quanto postulato, esaminato e deciso nei precedenti gradi.

Il motivo va, quindi, respinto.

7.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

8.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore dei controricorrenti delle delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2017

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