Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20099 del 23/09/2010
Cassazione civile sez. II, 23/09/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 23/09/2010), n.20099
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 25239/2008 proposto da:
G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato BOTTI ANDREA,
rappresentata e difesa dall’avvocato MACCHIAGODENA Sergio, giusta
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
G.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI
ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato COSENZA Franco, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GERRA GUALTIERO, giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 530/2007 del TRIBUNALE di PIACENZA, depositata
il 18/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
27/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA;
è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si legge quanto segue:
“L’avv. G.L. ricorre per cassazione avverso sentenza di appello di conferma della sentenza di primo grado con cui è stato equitativamente determinato, ai sensi dell’art. 1709 c.c., in Euro 1.291,14 il compenso spettante alla professionista all’epoca dei fatti semplice laureata in giurisprudenza – per l’attività prestata in favore della Sig.ra G.E. in relazione all’ottenuta liquidazione di un indennizzo assicurativo di L. 50.000.000 per un sinistro stradale.
Con il primo motivo di ricorso, denunziando vizio di motivazione, si lamenta la mancata ammissione di prova testimoniale avente ad oggetto l’uso di settore in base al quale il compenso del professionista sarebbe pari al 10% della somma liquidata dall’assicuratore (e dunque, nella specie, circa il doppio di quanto liquidato dal giudice).
Il motivo sembra inammissibile, dato che dalla capitolazione della prova, riportata in ricorso, non risulta alcun riferimento all’uso (negoziale) di cui trattasi.
Con il secondo motivo, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che la determinazione del compenso del professionista che assiste il danneggiato, effettuata dall’assicuratore nella determinazione del complessivo indennizzo in favore di quest’ultimo, il quale abbia accettato tale liquidazione, costituisca compenso professionale concordato tra professionista e cliente o comunque dovuto per legge.
La censura, così come formulata, ossia in termini di violazione di legge, sembra manifestamente infondata, non esistendo alcuna norma che imponga tale modalità di determinazione del compenso e costituendo, per altro verso, la sussistenza di un siffatto accordo tra professionista e cliente l’eventuale approdo, semmai, di un accertamento in fatto da parte del giudice (accertamento nella specie insussistente).
Con il terzo motivo, denunciando di nuovo violazione di norme di diritto, si sostiene che i giudici di merito abbiano ridotto alla metà il compenso preteso dalla professionista facendo implicita applicazione della previsione della tariffa professionale degli avvocati secondo cui i compensi dei praticanti avvocati abilitati al patrocinio sono ridotti alla metà.
La censura sembra inammissibile, dato che il Tribunale non ha affatto applicato, neppure per implicite, l’indicata previsione tariffaria, ma ha anzi espressamente escluso l’applicabilità della tariffa sul rilievo che la (allora) Dott.ssa G.L. non era iscritta all’albo neppure come praticante avvocato”.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti;
che il solo avvocato della ricorrente ha presentato memoria, la quale, però, non vale a superare le considerazioni svolte nella relazione;
che con riguardo, in particolare, al secondo motivo di ricorso si osserva nella memoria che la norma da cui scaturisce la vincolatività, anche fra le parti del rapporto di opera professionale, della determinazione del compenso del professionista fatta dall’assicuratore nella determinazione del complessivo indennizzo accettato dal danneggiato, è il D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 3, comma 12 (conv., con modif., dalla L. 26 febbraio 1977, n. 39) introdotto dalla L. 5 marzo 2001, n. 57, art. 5, comma 7, che recita: “l’impresa che corrisponda compensi professionali per l’eventuale assistenza prestata da professionisti è tenuta ad acquisire la documentazione probatoria relativa alla prestazione stessa e ad indicarne il corrispettivo separatamente rispetto alle voci di danno nella quietanza di liquidazione. Ove l’impresa abbia provveduto direttamente al pagamento dei compensi dovuti al professionista, deve darne comunicazione al danneggiato, indicando l’importo corrisposto”;
che, però, nulla autorizza a ritenere che la norma speciale invocata dalla ricorrente contempli il potere dell’assicuratore di liquidare il compenso dovuto al legale che abbia assistito il danneggiato, con efficacia anche nell’ambito del loro rapporto d’opera professionale, a dispetto o in difetto dell’accordo in proposito delle parti di quel rapporto: la norma si configura, invece, come semplice norma “di emersione” del reddito professionale, con finalità eminentemente fiscali;
che pertanto il ricorso va respinto;
che le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010