Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20096 del 30/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/09/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 30/09/2011), n.20096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE RENZIS Alessandro – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16105/2006 proposto da:

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

CAMILLUCCIA N. 145, presso lo studio dell’avvocato EMANUELA PASTORE

STOCCHI, rappresentato e difeso dall’avvocato DONATI Paolo, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA – Società per Azioni (già FERROVIE DELLO

STATO S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE U. TUPINI 113, presso lo

studio dell’avvocato CORBO Nicola, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 608/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/11/2005 R.G.N. 770/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/05/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato PASTORE STOCCHI EMANUELA per delega DONATI PAOLO;

udito l’Avvocato CORBO NICOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza n. 608/05, depositata il 28 novembre 2005, la Corte d’Appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da G.R., nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana spa, già Ferrovie dello Stato, società di trasporti e servizi per azioni, avverso la sentenza del Tribunale di Bologna n. 770 del 9 dicembre 2003.

2. Il Tribunale aveva rigettato la domanda proposta da G. R. per l’accertamento, ex art. 2103 c.c., della qualifica superiore di segretario tecnico di 1^ classe-8^ categoria, a decorrere dal 30 maggio 1990, o altra data di giustizia, nonchè del diritto alle differenze retributive dal 1 marzo 1999, maggiorate dagli interessi sulle somme rivalutate, riservandosi la quantificazione in latro giudizio.

3. Per la cassazione della suddetta sentenza di appello ricorre il G., prospettando tre motivi di ricorso.

4. Resiste con controricorso Rete Ferroviaria Italiana spa, già Ferrovie dello Stato, società di trasporti e servizi per azioni.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., in relazione al CCNL 1990-1992 all. 4 (declaratori delle mansioni) e alle regole di interpretazione dei contratti.

1.1. Con il suddetto motivo il ricorrente deduce, con riguardo alla posizione di staff ricoperta, che pur avendo la Corte d’Appello richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo la quale ai fini dell’art. 2103 c.c., l’assegnazione a mansioni superiori deve essere piena, sicchè nel caso di specie riguardante la rivendicazione della posizione apicale fra gli impiegati, la formazione della prova deve avere ad oggetto l’attività svolta in un complessivo ambito di autonomia decisionale, pur nei limiti dei direttive generali e sempre con diretta responsabilità dei risultati, la stessa si è limitata a poche considerazioni con riguardo ad alcuni documenti (doc. 8 bis, O.I. n. 2/92, relativo al coadiuvare i quadri T. e B., ordini di servizio, per es. predisposizione planimetrie antincendio, O.I. 1/93), rispetto ai quali il G. prospetta una diversa valenza, come di seguito in sintesi, precisato.

Sul profilo del compito di coadiuvare, il ricorrente critica la sentenza per avere o ritenuto che tale compito escludeva che esso medesimo potesse essere parificato ai quadri T. e B..

Non era, infatti, tale equiparazione che lo stesso aveva chiesto, tenuto conto, tra l’altro che il T. era quadro di 9^ categoria.

Esso ricorrente aveva affermato di essersi trovato in staff al capo unità e di essere stato collocato in un area assimilabile a quella ricoperta dai quadri di 8^ categoria. Non si trovava quindi in una posizione di dipendenza o di minore autonomia operativa rispetto ai quadri aziendali da coadiuvare, dipendenti, come lui dall’ispettore capo, sostituto del capo unità. Quindi, ad avviso del G., il coadiuvare era funzionale ad un’esigenza di coordinamento con il T. e il B..

Nè poteva assumere rilievo l’essere, lo stesso, destinatario di ordini di servizio (comunicazione 7 gennaio 1993) provenienti dal vice capo ufficio, quali provvedere alla planimetrie murarie antincendio, tenuto conto che dal 14 settembre 1992 era stato preposto allo svolgimento di funzioni relative agli adempimenti relativi alla normativa antincendi fabbricati, centrali termiche, OdS n. 102, Foglio disposizioni n. 6 SL del 13 agosto 1991.

La Corte d’Appello, quindi non avrebbe considerato l’organizzazione del lavoro all’interno della struttura in cui il G. era stato chiamato ad operare e aveva omesso l’obbligatoria analisi della rete di rapporti che concretamente regolava il funzionamento delle microstrutture che componevano l’unità.

1.2. Con riguardo alla sicurezza antincendio il ricorrente deduce che si tratta del settore nel quale erano maggiormente ravvisabili le caratteristiche proprie del quadro 8^ categoria.

L’attività in questo settore, svolta in modo continuativo per il periodo di sei mesi (nel periodo di vigore dell’OI n. 2/1992), ed, in seguito, proseguita, pur in posizione organica differente, fino al gennaio 1994, poteva essere riferita all’area per cui lo steso chiedeva l’inquadramento.

La Corte d’Appello avrebbe errato, non tenendo conto di una dichiarazioni del T. e dando credito ad una dichiarazione del M., nonchè alla deposizione L., nel ritenere che, nel semestre in cui il ricorrente aveva lavorato in staff al capo unità, occupandosi di antincendio, il quadro T. si sarebbe trovato in posizione sopraordinata. Quest’ultimo, infatti diventava superiore del G. solo dal 1 aprile 1993, quando esso ricorrente veniva rimosso dalla posizione staffe assegnato a reparto.

Per tali ragioni vi sarebbe l’illegittimità del processo logico adottato dalla Corte d’Appello nella disamina delle risultanze istruttorie.

Sussisterebbe, altresì, una non corretta valutazione di diritto operata dal giudice di appello. Quest’ultimo, che respingeva le argomentazioni del ricorrente sostenendo che non era sufficiente svolgere solo alcune funzioni da capo impianto per poter ambire al profilo in questione, avrebbe, invece, dovuto vagliare se l’incarico di staff, complessivamente considerato, comportasse la messa in campo di un insieme di professionalità che trovavano riscontro nella declaratoria mansioni propria del Segretario Tecnico Superiore 1^ classe – 8^ categoria.

1.3. E’ opportuno richiamare la giurisprudenza di questa Corte sui seguenti aspetti:

– deduzione del vizio di motivazione, anche in relazione alla valutazione delle risultanze istruttorie;

– art. 2103 c.c.;

Sul primo punto questa Corte ha più volte avuto modo di affermare che: il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (ex multis, Cass., sentenza n. 6288 del 2011);

per poter configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario che il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle risultanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base, ovvero che si tratti di un documento idoneo a fornire la prova di un fatto costitutivo, modificativo o estintivo del rapporto giuridico in contestazione, e perciò tale che, se tenuto presente dal giudice, avrebbe potuto determinare una decisione diversa da quella adottata (Cass., ex multis, sentenze n. 12950 del 2011, n. 14304 del 2005);

ai fini dell’adeguata motivazione della sentenza, secondo le indicazioni desumibili dal combinato disposto dall’art. 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, artt. 115 e 116 cod. proc. civ., è necessario che il raggiunto convincimento del giudice risulti da un esame logico e coerente di quelle che, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo, mentre non si deve dare conto dell’esito dell’esame di tutte le prove prospettate o comunque acquisite (Cass., sentenza n. 5241 del 2011);

l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova, con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che. sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex multis, Cass., sentenza n. 17097 del 2010).

Sul secondo punto si richiama il seguente principio affermato, con giurisprudenza costante, da questa Corte (ex multis, Cass,, sentenza n. 16200, del 2010): agli effetti della tutela apprestata dall’art. 2103 c.c. – che attribuisce al lavoratore, utilizzato per un certo periodo di tempo da parte del datore di lavoro in compiti diversi e maggiormente qualificanti rispetto a quelli propri della categoria di appartenenza, il diritto non solo al trattamento economico previsto per l’attività in concreto svolta ma anche all’assegnazione definitiva alla qualifica superiore – condizione essenziale è che rassegnazione alle più elevate mansioni sia stata piena, nel senso che abbia comportato l’assunzione della responsabilità diretta e l’esercizio dell’autonomia e della iniziativa proprie della conrispondente qualifica rivendicata.

1.4. Alla luce dei suddetti principi di diritto e in ragione della congruità del percorso logico giuridico della motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna, il motivo non è fondato.

In ordine alla posizione di staff, la Corte d’Appello, nel precisare che il doc. 8, bis, era atto formato dal medesimo ricorrente che non trovava sostegno nei documenti provenienti da controparte e nelle prove, attribuisce rilievo all’ordine interno n. 2/92 del 21 settembre 1992, da cui risulta che lo stesso era stato posto alle dipendente dell’ispettore capo ( G.), ma per coadiuvare i quadri T. e B. secondo un dettagliato mansionario contenuto nel medesimo ordine di servizio, circostanza che ad avviso della Corte d’appello esclude la parificazione agli stessi. Il Giudice di appello ritiene contraddittorio l’invocare da un lato l’inserimento in staff, dall’altro tale compito di coadiuvare. Tale statuizione è congrua ed esente da vizi logici. Non è, peraltro, senza significato che il ricorrente, nel censurare tale statuizione, cerca di mitigare l’oggettivo significato del fatto posto alla base dello stesso – il compito di coadiuvare – prospettando, come mero argomento difensivo, che detto compiuto di coadiuvare avrebbe risposto a esigenze di coordinamento, espressione di ben diverso significato.

In modo analogamente congnio, la Corte d’Appello ha rilevato che la sussistenza di ordini di servizi, mal si conciliava con l’autonomia e la connessa responsabilità che devono caratterizzare i quadri, ciò ancor più se si considera, che, come rilevato dalla Corte di appello, un ordine di servizio riguardava una specifica, definita, attività – predisposizioni planimetrie antincendio – rientrante nell’attuazione della disciplina antincendio, ambito sul quale, invece, il ricorrente deduceva di aver esplicato le mansioni della richiesta qualifica superiore.

2. Con il secondo motivo di impugnazione è dedotta violazione, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dal ricorrente, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., in relazione al CCNL 1990- 1992, all. 4 (declaratorie), art. 22 parte normativa e alle regole di interpretazione dei contratti.

Il ricorrente deduce che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che l’avere il medesimo svolto attività formativa come docente per personale di superiore livello non rilevava di per sè ai fini dell’attribuzione delle mansioni superiori. Richiama quindi, quale censura, riportandole, le deduzioni formulate nel ricorso in appello sul punto.

2.1. Il motivo è inammissibile in quanto il ricorso per cassazione non può che riguardare la sentenza della Corte d’Appello, che i motivi sottopostele ha o avrebbe dovuto esaminare, e quindi le valutazioni operate in quella sede o le eventuali omissioni riscontrabili e non già i precedenti motivi che a detta sentenza hanno dato luogo, che non sono stati specificati con riguardo alle statuizione della sentenza di cui si chiede la cassazione.

3. Con il terzo motivo d’impugnazione è dedotta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dal ricorrente, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 356 c.p.c., comma 1, art. 345 c.p.c., comma 3, art. 281 c.p.c. e art. 437 c.p.c., comma 2.

Esso ricorrente aveva dedotto in appello l’inadeguatezza dell’istruttoria testimoniale espletata in 1^ grado e ne aveva chiesto la riapertura in appello, in ragione dell’inattendibilità dei testi M. e L., nonchè del modo in cui era stata condotta l’escussione del teste T..

Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello nel rigettare tale doglianza, l’irrilevanza dei testi M. e L. era stata tempestivamente e ritualmente eccepita in 1^ grado, prima dello svolgimento delle prove; il carattere non determinante dell’esito dell’escussione dei testi avrebbe dovuto determinare la riapertura;

la frammentarietà del capitolato non escludeva che nell’espletamento delle prove possono essere assunti elementi di fatto ritenuti necessari; le argomentazioni relativi alle ritenute valutazioni del G. sull’esito delle prove erano ultronee.

3.1. Il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stato trascritto l’esatto tenore della richiesta istruttorie non accolta, con riguardo alle modalità dell’oggetto della stessa, nonchè agli specifici profili dell’istruttoria già espletata rispetto al quale il ricorrente prospettava doglianze.

4. Pertanto il ricorso deve essere rigettato 5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 30,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2011

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