Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20096 del 24/09/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20096 Anno 2014
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 13057-2008 proposto da:
CONSONNI RUGGERO FRANCESCO, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA COSSERIA 2, presso lo studio
dell’avvocato PLACIDI ALFREDO, rappresentato e difeso
dall’avvocato FERRARI UMBERTO giusta delega in calce;
– ricorrente 2014
1103

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI VOGHERA in persona del
Direttore pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta

Data pubblicazione: 24/09/2014

e difende ope legis;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 19/2007 della COMM.TRIB.REG.
elt/11 Lofieitt001c314-44-1-L-Mter, depositata il 19/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

VALITUTTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

,

udienza del 24/03/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di verifica effettuata dai funzionari delle
Imposte Dirette di Voghera presso la ditta individuale di
Consonni Ruggero Francesco, titolare di un negozio di ottica, e conclusasi con la notifica al contribuente, in
data 18.2.00, di un processo verbale di constatazione,
veniva notificato al Consonni un avviso di accertamento
della percentuale di ricarico medio per categorie omogenee di merce, superiore a quella applicata dal contribuente – recuperava a tassazione i maggiori ricavi conseguiti dal medesimo. Venivano, di conseguenza rideterminati anche il maggior valore della produzione, ai fini
IRAP, ed il maggior volume di affari realizzato, ai fini
IVA, in relazione all’anno di imposta 1998.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dal Consonni dinanzi alla CTP di Pavia, che accoglieva il ricorso.
3. L’appello avverso tale pronuncia, proposto dall’ Agenzia delle entrate veniva, in massima parte, accolto dalla
CTR della Lombardia, con sentenza n. 19/29/07, depositata
il 19.3.07. Con tale pronuncia il giudice di seconde cure
si limitava, infatti, a rideterminare l’aliquota IVA in
misura più favorevole al contribuente, ritenendo, per
contro, legittimo – relativamente alle imposte dirette il ricorso all’ accertamento induttivo ex art. 39, co.
1, lett. d) d.P.R. 600/73, in presenza di un divario tra
il ricarico applicato dal contribuente e quello risultante dalla media ponderale applicata dall’Ufficio.
4. Per la cassazione della sentenza n. 19/29/07 ha, quindi, proposto ricorso Consonni Ruggero Francesco, affidato
ad un unico motivo. L”Agenzia delle etrate ha replicato
con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’unico motivo di ricorso, il Consonni denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 39, co. 1)
lett. d) del d.P.R. 600/73, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, co. l, n. 3 c.p.c.

con il quale l’Amministrazione finanziaria – sulla base

1.1. Avrebbe, invero, errato la CTR – a parere del ricorrente – nel ritenere che il solo fatto che la percentuale
di ricarico dichiarata dal contribuente fosse difforme da
quella di ricarico medio per categorie omogenee di merce,
applicata dall’Ufficio, e senza che l’esame della contabilità aziendale avesse fatto emergere una grave incongruenza tra la situazione reddituale dichiarata e quella
masse, di per sé, quest’ultima ad effettuare un accertamento analitico, ai sensi dell’art. 39, co. l, lett. d)
d.P.R. 600/73.
2. La censura è fondata.
2.1. E’ bensì vero, infatti, che l’accertamento dei maggiori ricavi d’impresa non è precluso dalla regolarità
formale della contabilità aziendale, potendo essere affidato anche alla considerazione della difformità della
percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza (Cass. 7871/12; 6929/13). Tuttavia, in presenza di scritture contabili formalmente corrette, non è
sufficiente, ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza, qualunque sia l’entità del divario registrabile
tra le due risultanze contabili.
2.2. Ed invero, va considerato, al riguardo, che le medie
di settore non costituis ono un “fatto noto”, storicamenNÚì tb
‘‘ t
te provato, dal qualerEre, con giudizio critico,
quello ignoto da provare, ma 4 sm4~~ il risultato di una
estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei» tal=a22=1=±±=1 risultano inidonee,
di per sé stesse, ad integrare gli estremi di una valida
prova per presunzioni. Ne discende, pertanto, che, ai fini di legittimare il ricorso, in via analitico-induttiva,
all’accertamento di maggiori redditi da parte dell’ Ufficio, occorre che risulti la sussistenza, in concreto, di
qualche elemento ulteriore, individuabile – in special

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ritenuta reale dall’Amministrazione finanziaria, legitti-

modo – nell’abnormità e nell’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore, tale da incidere
sull’attendibilità complessiva della dichiarazione (cfr.
Cass. 20201/10; 27488/13).
2.3. E’ di tutta evidenza, infatti, che solo in presenza
di una situazione nella quale la documentazione contabile
considerarsi sostanzialmente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, soprattutto
sotto il profilo dell’antieconomicità del comportamento
del contribuente, è consentito all’Ufficio dubitare della
veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla
base di presunzioni semplici – purché gravi, precise e
concordanti -, maggiori ricavi o minori costi. Il che
può, in concreto, avvenire attraverso la determinazione
del reddito del contribuente, da parte dell’ Amministrazione finanziaria, mediante l’ utilizzazione – come è accaduto nella specie – delle percentuali di ricarico, con
la conseguenza che l’onere della prova – in siffatta ipotesi – si sposta a carico del contribuente (Cass.
7871/12).
2.4. Orbene, nel caso concreto, la sentenza impugnata dopo avere dato atto della regolarità formale, desumibile
dallo stesso processo verbale di constatazione, della
contabilità tenuta dal Consonni – fonda le decisione
adottata esclusivamente sulla difformità tra il ricarico
applicato dal contribuente e quello medio del settore.
E tuttavia, non viene in alcun modo indicato dalla CTR in conformità ai principi suesposti – in quale misura tale divario sia stato riscontrato dall’Ufficio, sì da poter indurre il medesimo a concludere per l’ inattendibilità intrinseca della contabilità aziendale, e da far apparire abnormi e irragionevoli i risultati economici ivi
esposti. Ne discende che l’accertamento induttivoanalitico effettuato dall’Amministrazione, in totale carenza di tali elementi, non può che essere considerato

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del contribuente, sia pure formalmente regolare, possa

ESENTE DA REGISTRAZIONE
-4

AI SENSI T.>EL D.P.R. 26/4/1986
N. 13 I TAB. ALI… B. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

illegittimo, diversamente da quanto ritenuto dal giudice
di appello.
2.5. Ne discende, dunque, che il motivo di ricorso proposto dal Consonni non può che essere accolto.
3. L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata, con rinvio
ad altra sezione della CTR della Lombardia, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “in presenza di
dell’accertamento, in via analitico-induttiva, di maggiori redditi da parte dell’Ufficio postula l’abnormità e
l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di
ricarico applicata dal contribuente e la media di settore, tale da incidere sull’attendibilità complessiva della
dichiarazione, in quanto confliggente con i criteri della
ragionevolezza, soprattutto sotto il profilo dell’ antieconomicità del comportamento del contribuente; in presenza di tale situazione, è consentito all’Ufficio dubitare
della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere,
sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise
e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, anche mediante il ricorso alle percentuali di ricarico, con la
conseguenza che l’onere della prova, in siffatta ipotesi,
si sposta a carico del contribuente”.
4. Il giudice di rinvio provvederà, altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvederà alla liquidazione
anche delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezion Tributaria, il 24.3.2014.

una contabilità formalmente regolare, la legittimità

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