Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20095 del 30/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 30/09/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 30/09/2011), n.20095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE RENZIS Alessandro – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21829/2007 proposto da:

FIORONI INGEGNERA S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato

ANTONINI MARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDRONICO

Francesco, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.D., R.A., M.T.,

P.M.R., C.L., F.R.,

B.A., B.M., I.A., F.

D., P.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato SIPALA

Aldo, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocate GUARNACCI

GIULIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6004/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/05/2007 r.g.n. 5769/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato, SIPALA ALDO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n 6004/06, depositata il 21 marzo 2007, rigettava l’impugnazione proposta dalla società Fioroni Ingegneria spa, in amministrazione straordinaria, nei confronti di C.L. e altri, come indicati in epigrafe, avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 23307 del 19 settembre 2003.

2. Il Tribunale aveva accolto le domande formulate dai suddetti appellati, già dipendenti come operai – manovali con contratti a tempo determinato nel periodo 25 novembre 1998 – 26 novembre 1999 – e aveva dichiarato la nullità dei termini apposti ai singoli contratti di lavoro stipulati tra le parti, ritenendo sussistente tra le stesse un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, dalla data indicata in ogni singolo contratto, con il diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro.

3. Ricorre per la cassazione della suddetta sentenza di appello la società Fioroni Ingegneria spa, in amministrazione straordinaria, prospettando due motivi di ricorso.

4. Resistono con controricorso C.L. e altri, come indicati in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è prospettata la violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. c), della L. n. 56 del 1987, art. 23, degli artt. 1362 e 1366 c.c., in relazione all’art. 94 del CCNL edili, nonchè insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Ad avviso del ricorrente, avrebbe errato la Corte d’Appello, in ragione della suddetta normativa, nel non ritenere straordinarie e occasionali le opere per la cui realizzazione venivano stipulati i contratti a termine in questione. Tale caratteristica andrebbe riconosciuta alle opere che, anche se consistono in un attività qualitativamente identica a quella ordinariamente esercitata dall’impresa, ne determinano un incremento particolare da non poter essere affrontato con la normale struttura organizzativa e produttiva.

Il fatto controverso riguarda gli scavi archeologici, inaspettati, propedeutici alla costruzione della penetrazione urbana della linea dell’alta velocità, che presentano i requisiti di straordinarietà ed eccezionalità rispetto alla normale attività della società che ha per oggetto la costruzione di opere pubbliche.

E’ stato formulato il seguente quesito di diritto: se ai sensi della L. n. 230 del 1962, art. 1, deve ritenersi straordinaria ed occasionale l’opera di scavi archeologici propedeutici alla costruzione di un’opera pubblica che non era prevista nel contratto di appalto originariamente stipulato.

1.1. Il motivo non è fondato.

Come questa Corte ha avuto modo, più volte, di affermare, in relazione alle fattispecie alle quali siano applicabili, tenuto conto del periodo lavorativo dedotto in contestazione, la L. n. 230 del 1962, art. 1 comma 2, lett. c, disciplinante i contratti di lavoro a tempo determinato, e la L. n. 56 del 1987, art. 23, al contratto di lavoro è apponibile un termine solo quando l’assunzione abbia luogo per l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo, aventi carattere straordinario od occasionale – tali dovendosi considerare quelle opere e servizi che, pur potendo consistere in un’attività qualitativamente identica a quella ordinariamente esercitata dall’impresa, ne determinino un incremento particolarmente rilevante, in relazione ad eventi isolati od eccezionali, sì da non poter essere affrontati con la normale struttura organizzativa e produttiva dell’impresa, per quanto efficiente ed adeguatamente programmata – ovvero nelle altre ipotesi individuate dalla contrattazione collettiva. E’ a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza di tali presupposti nel caso concreto, dovendo in difetto applicarsi la sanzione della conversione del rapporto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato (Cass., sentenze n. 15683 del 2009, 9163 del 2003).

Tale esigenza deve essere valutata “ex ante”, perchè è in tale momento che il datore di lavoro può concepire il disegno tendente ad eludere le disposizioni che riguardano il contratto a tempo indeterminato, mentre l’esecuzione del contratto come tale, in quanto adempimento di obblighi ed esercizio di diritti scaturenti dal vincolo originario, è certamente aliena da tale sospetto, essendo valutabile soltanto sotto il profilo della buona fede (Cass., sentenza n. 10687 del 1996).

La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, escludendo con congrua e logica motivazione, in ragione anche delle risultanze istruttorie, che nella fattispecie in esame fosse ravvisabile il carattere straordinario e occasionale delle opere.

Afferma la Corte d’Appello, che i lavori in questione non furono oggetto di un autonomo contratto di appalto, ma di un ordine di servizio, n. 1 del 17 marzo 1998, nel quale, in riferimento ai lavori di penetrazione urbana della linea AV (OMISSIS), si leggeva che, con il verbale di consegna dei lavori, era stato precisato che dovevano essere effettuate, preliminarmente, all’inizio dei lavori, le indagini/scavi archeologici richiesti dalla Soprintendenza archeologica di (OMISSIS).

Il giudice di appello, quindi, con adeguata motivazione, ha ritenuto in ragione del suddetto ordine di servizio, non essendo stato allegato il relativo contratto di appalto cui quest’ultimo andava riferito (quello prodotto in atti era relativo ad altri lavori rilevava il giudice di appello), che non risultava il carattere straordinario ed occasionale dei lavori, anzi il contrario, in considerazione del fatto che i lavori inerivano strettamente al contratto di appalto già stipulato in via generale (pacificamente avente ad oggetto la realizzazione di opere rientranti nella normale attività di impresa della società Fioroni), tanto da non essere oggetto di apposita distinta regolamentazione contrattuale, ma da essere solo precisato con il verbale di consegna dei lavori e formare oggetto di un unilaterale ordine di sevizio. Inoltre, la Corte d’Appello metteva in evidenza che i compensi attribuiti alla società per tutte le attività di scavo per la cui effettuazioni gli appellanti erano stati assunti trovavano la loro regolamentazione in quanto già previsto in precedenza nel contratto di appalto.

2. Con il secondo motivo d’impugnazione è dedotta la violazione della L. n. 604 del 1966, art. 3 e dell’art. 116 c.p.c., nonchè insufficiente motivazione circa un fatto controverso e deciso per il giudizio.

Per un verso, avrebbe errato la Corte d’Appello nel non ritenere che l’ultimazione delle opere edili per le quali erano stati assunti a termine gli appellati integrasse gli estremi di un giustificato motivo di licenziamento individuale, ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3; per altro verso, anche se l’onere della prova della impossibilità di una diversa utilizzazione del lavoratore grava sul datore di lavoro, lo stesso può essere assolto con la prova di fatti positivi, quali la circostanza che i posti di lavoro riguardanti mansioni equivalenti fossero al tempo del licenziamento stabilmente occupati, e lo stesso lavoratore può e deve fornire elementi utili ad individuare la esistenza di realtà idonee ad una sua diversa collocazione.

Il vizio di motivazione è stato dedotto con riguardo ai suddetti fatti:

il licenziamento era conseguente al termine dei lavori presso il cantiere di (OMISSIS);

presso il suddetto cantiere (teste F.) la Fiorini manteneva 6 o 7 dipendenti solo per assistere (assistenza, guardiania, controllo della tratta ferroviaria) la nuova impresa che era venuta a fare gli scavi.

Circa la prova dell’impossibilità di utilizzare i lavoratori in altre mansioni compatibili, afferma il ricorrente, che la stessa andava dedotta sia da fatti positivi, quali l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria e l’intervento della cassa integrazione, sia negativi, quali la mancanza di nuove assunzioni nelle qualifiche in questione.

Il quesito di diritto ha il seguente tenore:

se integra gli estremi di un licenziamento plurimo, per giustificato motivo oggettivo, il licenziamento di lavoratori assunti per l’espletamento di un’opera che, successivamente (a seguito di revoca dell’appalto) è stata affidata ad altra impresa;

se la prova dell’impossibilità di utilizzazione dei lavoratori medesimi in altre mansioni compatibili in tutti i cantieri nei quali è dislocata l’attività d’impresa può essere fornita attraverso fatti positivi (quali l’ammissione alla procedura l’amministrazione controllata) e fatti negativi (quali la mancanza di nuove assunzioni in qualifiche mansioni equivalenti a quelle dei lavoratori licenziati);

se i lavoratori devono fornire elementi utili ad individuare l’esistenza di realtà idonee ad una loro possibile diversa collocazione.

2.2. Il motivo non è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice – che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost. – il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l’onere di provare – anche attraverso fatti positivi, tali da determinare presunzioni semplici (come il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non vi siano state nuove assunzioni nella stessa qualifica del lavoratore licenziato), e mediante elementi presuntivi ed indiziari – l’impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte; tale prova, tuttavia, non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell’accertamento di un possibile “repechage”, mediante l’allegazione dell’esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato, e conseguendo a tale allegazione l’onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilita nei posti predetti (Cass., sentenza n. 3040 del 2011, n. 7381 del 2010).

La Corte d’Appello ha dato corretta applicazione a tali principi, con motivazione congrua e logica.

Ed infatti, il giudice di appello, alla luce delle risultanze istruttorie, e proprio in ragione della pacifica circostanze che presso il cantiere di (OMISSIS), dopo i licenziamenti, vi fossero alcuni operai (circostanza allegata dalla stessa società in primo grado), sia pure per assistere altra impresa con compiti di assistenza, guardiania, controllo della tratta ferroviaria, con motivazione esente da vizi logici o contraddittorietà, ha ritenuto che l’attività presso detto cantiere non era cessata del tutto.

Inoltre, il Giudice di appello ha posto in evidenza che l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria dell’appellante (aprile 2000) e la messa in CIGS di gruppi di dipendenti (da ottobre 2000) sono successive di almeno alcuni mesi ai licenzianti in questione, e dopo quest’ultimi intervenivano diverse assunzioni (copia libro matricola), solo per alcuni essendoci anche annotazioni verosimilmente riferibili a spostamenti da un luogo di lavoro all’altro.

Ritiene la Corte, quindi, che anche il secondo motivo di ricorso non possa trovare accoglimento in quanto, facendo applicazione corretta delle norme sopra richiamate, congruamente, alla luce delle risultanze istruttorie, la Corte d’Appello ha ritenuto che la società Fioroni non ha assolto all’onere di provare il giustificato motivo oggettivo di licenziamento, sia in sè considerato, risultando anzi in positivo che l’attività lavorativa della società Fioroni continuò presso il cantiere di (OMISSIS) con mantenimento in servizio di parte della forza lavoro, sia sotto il profilo di adibire gli appellati a diverse equivalenti mansioni nell’ambito dell’intero ambito aziendale, non essendo stata offerta prova in merito, nè potendo ciò discendere dalla messa in amministrazione straordinaria o dalla CIGS, intervenute successivamente, in ragione, peraltro, di una consistenza aziendale di numerose unità lavorative su più cantieri ancora in forza all’atto della costituzione in giudizio (la Corte d’Appello richiama in sentenza la memoria di costituzione in 1 grado, nella quale si fa riferimento, tra l’altro, ai 265 dipendenti sul territorio nazionale, … la cui normale attività ha ad oggetto la costruzione di opere pubbliche, … presso il cantiere di (OMISSIS) erano in forza 17 operai compresi quelli licenziati). Nè, a fronte della mancanza di alcuna prova su tale ultimo profilo, può invertirsi l’onere della prova.

3. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza, con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, con distrazione a favore del difensore antistatario, che liquida in Euro, per esborsi, oltre Euro 3.000,00 per onorari, spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2011

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