Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20094 del 24/09/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20094 Anno 2014
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

confronti di altri
contribuenti

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n.
12;

ricorrente

contro

Ibt

DA PERUTA ANDREA;
– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Campania n. 62/15/08, depositata il 12 maggio 2008;
Udita la relazione della causa svelta nella pubblica
udienza del 28 febbraio 2014 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avvocato dello Stato Bruno Dettori per la
ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Paola Mastroberardino, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Data pubblicazione: 24/09/2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
sulla base di tre motivi, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale della Campania che, rigettandone
l’appello, ha confermato l’annullamento dell’avviso di
accertamento, emesso nei confronti di Andrea Della Peruta,
esercente l’attività di vendita di carni, con il quale, all’esito
della verifica eseguita nei confronti della sas Centro Carni

conseguentemente accertata una maggiore IRPEF.
Il giudice d’appello, in relazione alle cessioni rilevate
dalla documentazione acquisita presso la sas Centro Carni posta a
confronto con le scritture contabili, ed in particolare
dall’esame della documentazione extracontabile ivi rinvenuta, che
aveva evidenziato l’esistenza di una doppia contabilità, ha tra
l’altro osservato che “le contestazioni fatte sulla base di
documentazione extracontabili non sono sufficienti ad offrire
prova certa di intenti elusivi”.
Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.
MOTIVI MILA, DECISICNE

Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente denuncia
difetto assoluto di motivazione per averne la Commissione
regionale rigettato l’appello riproducendo pressoché alla lettera
la motivazione della sentenza di primo grado, senza riferimento
alle censure di appello e senza riportare le ragioni volte a
confutare tali censure.
Il motivo è infondato, ove si consideri che secondo
l’orientamento di questa Corte “la conformità della sentenza al
modello di cui all’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ.
non richiede l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la
particolareggiata disamina degli elementi di giudizio posti a
base della decisione o di quelli non ritenuti significativi,
essendo sufficiente, al fine di soddisfare l’esigenza di
un’adeguata motivazione, che il raggiunto convincimento risulti
da un riferimento logico e coerente a quelle, tra le
prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie vagliate
nel loro complesso, che siano state ritenute di per sé sole
idonee e sufficienti a giustificarlo, in modo da evidenziare

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Maria, era stato contestato l’acquisto di carne senza fattura e


l'”iter” seguito per pervenire alle assunte conclusioni,
disattendendo anche per implicito quelle logicamente
incompatibili con la decisione adottata” (Cass. n. 8294 del
2011).
Il giudice d’appello ha infatti nella specie condiviso
(“questa Commissione ritiene di condividera..”) la decisione dei
giudici di primo grado in ordine alla rilevanza della
documentazione extracontabile, riproducendone i passaggi – e
di un esame della pronuncia stessa e delle censure nei confronti
di essa formulate (“il giudicato appellato_ non può essere
inficiato dalle richiesta presentate e dalle argomentazioni
svolte. Invero gli elementi acquisiti non consentono un diverso
apprezzamento in quanto in questo grado di giudizio non sono
stati apportati elementi di rilievo o comunque tali da sovvertire
le pregresse statuizioni”).
Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt.
42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 7 della legge n. 212 del 2000, la
ricorrente censura come erronea la decisione per aver ritenuto
necessaria, pur in assenza di contestazioni in fatto circa la
riproduzione del contenuto essenziale della segnalazione della
Guardia di finanza e del verbale di verifica, a fini di
legittimità dell’avviso di accertamento notificato al
contribuente, la loro materiale allegazione a quest’ultimo.
Il rilievo è fondato – per quanto la affermazione censurata
non sia fatta in termini del tutto trasparenti -, atteso che non
è nella specie contestato che l’avviso avesse riprodotto il
contenuto essenziale degli atti richiamati.
Questa Corte ha infatti chiarito come “nel regime
introdotto dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212,
l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere
adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il
riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o
documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto
notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto
essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle
parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del
documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il

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quindi dando conto dello svolgimento del processo -, ma all’esito

contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione
consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale
sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici
dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del
discorso che formano gli elementi della motivazione del
provvedimento (Cass. n. 6914 del 2011).
Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 39
del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2697 cod. civ., nonché vizio di
accertamento fondato sul rinvenimento di documentazione
extracontabile, ritenendo detta documentazione inidonea a dare
prova della pretesa fiscale.
Il motivo è fondato.
E’ appena il caso di ricordare che per i redditi d’impresa
“l’art. 39, comma primo, lett. c), del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600 consente di procedere alla rettifica del reddito anche
quando l’incompletezza della dichiarazione risulta “dai verbali
relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri
contribuenti”. In tal caso, l’esistenza di attività non
dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici,
con conseguente inversione dell’onere della prova, spettando al
contribuente dimostrare – anche in presenza di scritture
contabili formalmente corrette – l’infondatezza della pretesa
fiscale” (Cass. n. 9210 del 2011).
Ciò posto, si osserva in particolare, quanto alla rilevanza
probatoria della documentazione extracontabile, che secondo il
consolidato indirizzo di questa Corte “la “contabilità in nero”,
costituita da appunti personali ed informazioni
dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario,
dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza
prescritti dall’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate
dagli artt. 2709 e ss. cod. civ. tutti i documenti che
registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti
d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale
dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svelta.
Ne consegue che detta “contabilità in nero”, per il suo valore
probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla

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motivazione, censura come erroneo l’annullamento dell’avviso di

sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso
all’accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo
al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di
contestare l’atto impositivo notificatogli”

(ex multis, Cass. n.

24051 del 2011, n. 25610 del 2006).
In conclusione, il secondo ed il terzo motivo del ricorso
devono essere accolti, mentre va rigettato il primo motivo, la
sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la
Commissione tributaria regionale della Campania.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso
e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai
motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione
della Commissione tributaria regionale della Campania.
Così deciso in Roma il 28 febbraio 2014
Il Consigliere estensore

causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della

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