Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20092 del 02/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 20092 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 21396-2010 proposto da:
GIGLIO

ANDREA

GGLNDR86E05B180P,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 97, presso lo
studio dell’avvocato INCALZA DANIELA, rappresentato e
difeso dall’avvocato GRECO GIACOMO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013
2303

contro

– VALLEFIORITA IMMOBILIARE S.R.L. 03418410753 in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MECENATE N.

Data pubblicazione: 02/09/2013

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27, presso lo studio dell’avvocato ANDREINA DI
TORRICE, rappresentata e difesa dall’avvocato
ANGELONE ELISA, giusta delega in atti;
_ TOCCI GIANLUCA TCCGLC67T16H501B, elettivamente
,

domiciliato in ROMA, VIA S.MARCELLO PISTOIESE 73-75,
presso lo studio dell’avvocato BONI NADIA, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrenti 131. o
avverso la sentenza definitiva n. 1392010 della
CORTE

D’APPELLO

di

CAMPOBASSO,

depositata

il

26/03/2010 R.G.N. 612/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/06/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE ) che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

.

Udienza del giorno 26 giugno 2013 — Aula B
n. 5 del ruolo — RG n. 21396/10
Presidente: Roselli – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata: 1) rigetta l’appello incidentale proposto da Gianluca
Tocci avverso la sentenza del Tribunale di Isernia n. 324/07 del 21 settembre 2007; 2) accoglie, per
quanto di ragione, l’appello principale di Andrea Giglio e, per l’effetto, condanna Gianluca Tocci al
pagamento, in favore del Giglio >di quanto dovuto a titolo di compenso per lavoro straordinario
svolto dal 29 maggio 2004 al 31 agosto 2004, con gli accessori di legge; 3) corregge il dispositivo
della sentenza di primo grado laddove veniva indicata la data del 15 febbraio 2005 — anziché quella
del 26 maggio 2004 — come data di decorrenza del rapporto di lavoro subordinato a tempo
determinato, intercorso fra le parti, di cui è stata accertata la sussistenza.
La Corte d’appello di Campobasso, per quel che qui interessa, precisa che:
a) l’appello incidentale del Tocci è infondato, essendo diretto alla configurazione del rapporto
di lavoro del Giglio come collaborazione continuativa, mentre è emersa inequivocamente la
ricorrenza della subordinazione, intesa come soggezione al potere disciplinare e direttivo del datore
di lavoro;
b) è, invece, fondato il primo motivo dell’appello incidentale, volto ad ottenere la condanna
del Tocci al pagamento del lavoro straordinario, il cui svolgimento il Giglio ha ritualmente provato;
c) con il secondo motivo dell’appello principale si censura il rigetto della domanda di
risarcimento dei danni conseguenti all’incidente occorso al Giglio il 30 agosto 2004 e non
indennizzati dall’INAIL;
d) il Tribunale ha ritenuto non provato che, tra le mansioni attribuite al Giglio vi fosse anche
quella di provare su strada le biciclette da consegnare ai clienti ed ha precisato che per la normale
attività di verifica del corretto funzionamento di una bicicletta è sufficiente un controllo anche da
fermi;
e) l’interessato sostiene che il Tribunale ha ignorato il valore confessorio da attribuire, ai sensi
dell’art. 2735 cod. civ., alla denuncia di infortunio in atti, nella quale il datore di lavoro ha
dichiarato che il lavoratore è caduto accidentalmente dalla bicicletta “mentre effettuava la pulizia e
la manutenzione delle biciclette per gli ospiti;
f) poiché il Giglio ha chiesto il risarcimento del c.d. danno differenziale, per il relativo
riconoscimento è necessario che si sia in presenza di responsabilità di rilievo penale del datore di
lavoro ovvero che sia provata l’imputabilità del fatto ai soggetti incaricati della direzione o della
sorveglianza del lavoro;
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

g) nella specie, dalla menzionata denuncia di infortunio e dalla prova testimoniale non può
evincersi la sussistenza di una responsabilità penale del datore di lavoro per l’incidente in oggetto,
che invece appare essere dovuto ad un comportamento abnorme del lavoratore, il quale si è esposto
ad una situazione molto rischiosa per la propria incolumità a causa di una propria scelta, per nulla
necessitata dalle mansioni attribuitegli;

i) ne consegue che avendo il datore di lavoro affidato al Giglio il solo compito di consegnare
le biciclette e non quello di provarle su strada, non si vede quali obblighi di informazione e
prevenzione possano dirsi violati dal datore di lavoro;
i) in sintesi, il comportamento che ha causato l’incidente del Giglio si deve considerare
abnorme, volontario e arbitrario, tale da interrompere ogni nesso tra attività lavorativa, rischio ed
evento dannoso.
2.— Il ricorso di Andrea Giglio domanda la cassazione della sentenza per due motivi;
resistono, con due separati controricorsi, Gianluca Tocci e la Villafiorita Immobiliare s.r.l.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Sintesi dei motivi di ricorso
1.— Il ricorso è articolato in due motivi.
1.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.,
omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si sostiene che la Corte d’appello abbia immotivatamente trascurato di valutare la richiesta di
escussione come teste di Domenico Del Bono, addetto insieme con il Giglio, al noleggio delle
biciclette e non abbia preso in considerazione la documentazione allegata alla querela sporta contro
i testi Capocelli e Trabacco e acquisita agli atti del giudizio di primo grado, cui aveva fatto
riferimento il ricorrente per sostenere che le deposizioni dei suddetti testi erano contraddette da tale
documentazione.
In tal modo la Corte è pervenuta alla decisione senza avere la prova diretta — che solo il Del
Bono avrebbe potuto fornire — dell’esistenza di una direttiva datoriale di provare le biciclette prima
di consegnarle ai clienti.
1.2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione dell’art. 41 cod. pen., dell’alt 2087 cod. civ., nonché degli artt. 3, 4, 21, 22, 33, 34, 35,
36 del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626.
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h) non risulta, infatti, che al lavoratore fosse stato dato l’incarico di provare — su strada — le
biciclette da consegnare ai clienti, né una simile direttiva può considerarsi implicita
nell’affidamento dell’attività di consegna delle biciclette, come risulta anche dal carattere del tutto
occasionale della condotta che ha causato l’incidente;

Si sostiene che, in base alla giurisprudenza di legittimità, il comportamento imprudente del
lavoratore, posto in essere nello svolgimento dei compiti affidatigli, può essere considerato
imprevedibile o abnorme solo se il datore di lavoro ha adempiuto a tutti gli obblighi impostigli in
materia di sicurezza del lavoro.

Peraltro la “esorbitanza” della condotta del lavoratore deve essere valutata non con
riferimento alle mansioni di fatto svolte, ma con riguardo alle direttive impartite, che è onere del
datore di lavoro provare.
Ne che, ai fini dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro, è irrilevante che
questi nella denuncia dell’infortunio abbia dichiarato che la pulizia e la manutenzione delle
biciclette erano compiti consueti e non saltuari.

II — Esame delle censure
2.- I due motivi di ricorso — da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione —
non sono da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.
2.1.- Nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, contenuto
nell’intestazione del secondo motivo, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di
motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai
fini della ricostruzione dei fatti.
Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di
riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza
giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo
consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze
probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito
(vedi, tra le tante: Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio
2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n.
18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati acquisiti al
processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza
impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli
elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al
principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui
all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura
della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26
3

Tale principio riceve un’applicazione particolarmente rigorosa nei confronti dei lavoratori
giovani e professionalmente inesperti, come il Giglio, che all’epoca dell’incidente aveva poco più di
diciotto anni.

marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12
febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18
settembre 2009, n. 20112).

Inoltre la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale — all’esito di un apprezzamento di
fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato,
come accade nella specie — di ritenere l’incidente occorso al Giglio dovuto ad un comportamento
abnorme, volontario e arbitrario del lavoratore, tale da interrompere ogni nesso causale tra attività
lavorativa, rischio ed evento dannoso, dopo aver precisato che tale condotta ha esposto l’attuale
ricorrente ad una situazione molto rischiosa per la propria incolumità a causa di una propria scelta,
per nulla necessitata dalle mansioni attribuitegli e dalle direttive ricevute, risulta conforme
all’orientamento di questa Corte secondo cui, sebbene il dovere di sicurezza a carico del datore di
lavoro, a norma dell’art. 2087 cod. civ., si atteggi in maniera particolarmente intensa nei confronti
dei lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti (vedi, per tutte: Cass. 18 maggio 2007 n.
11622; Cass. 24 gennaio 2012 n. 944 e, in precedenza, Cass. 12 gennaio 2002 n. 326; Cass. 2
ottobre 1998 n. 9805), va esclusa la responsabilità datoriale per l’infortunio occorso al lavoratore
allorquando l’infortunio si verifichi per un comportamento del dipendente che presenti i caratteri
dell’abnormità e dell’assoluta in opinabilità (Cass. 11 aprile 2013, n. 8861; Cass. 25 febbraio 2011,
n. 4656).
2.3.- A fronte di questa situazione, le doglianze mosse dal ricorrente si risolvono
sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse
circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative del
medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale
probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.
III — Conclusioni
3.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. La peculiarità fattuale della controversia in esame
e la natura delle questioni trattate giustificano la compensazione, tra le parti, delle spese del
presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa, tra le parti, le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 26 giugno 2013.

2.2.- Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono
congruamente motivate e l’iter logico—argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente
individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

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