Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20091 del 06/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/10/2016, (ud. 21/07/2016, dep. 06/10/2016), n.20091

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26632-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona dei direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI

9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RAGUSO, rappresentato e

difeso dagli avvocati MICHELE LANGIULLI E MAURIZIO SPORTELLI, giusta

procura speciale in calce del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 17/3/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Puglia, depositata il 03/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA GIULIA;

udito l’Avvocato Basta Monica per delega dell’Avvocato Sportelli

Maurizio difensore del controricorso che si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di G.G.A. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 17/03/2013, depositata in data 3/04/2013, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal (OMISSIS) è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che nella fattispecie doveva escludersi l’assoggettamento ad IRAP dell’attività svolta dal professionista, considerato che i beni strumentali erano quelli “normalmente utilizzati da un qualsiasi medico (un’autovettura, macchine per ufficio)” e che le spese per prestazioni dei terzi erano “contenute” e riguardavano “soltanto i compensi corrisposti alla segretaria peraltro impiegata con lavoro part-time”. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione c/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e art. 2697 c.c., in quanto la C.T.R. non avrebbe correttamente valutato i compensi “corrisposti ad un lavoratore dipendente con mansioni di segreterid’, ritenendoli insufficienti ad integrare il requisito dell’autonoma organizzazione. Con il secondo motivo, la stessa ricorrente denuncia poi un vizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di “omessa motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, rappresentato dall’autonoma organizzazione.

2. La prima censura è infondata.

Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) ha affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per (esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Secondo la Corte “lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – “eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza a organizzazione” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “mediato o generico”, all’attività svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.

Nella specie, l’Agenzia incentra i motivi, oltre che su una generica censura sulla sussistenza di spese per “quote di ammortamento dei beni strumentali” e “canoni di locazione finanziaria” (da porsi in relazione allo studio attrezzato ed alle dotazioni, già considerate dai giudici di merito e valutati “non eccedenti le necessità minane per l’esercifo dell’attività”), proprio sulla non corretta valutazione da parte della C.T.P. dell’apporto dato al professionista dal dipendente con mansioni di segretaria.

La sentenza della C.T.R. è invece conforme al principio di diritto da ultimo enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte.

3. La seconda censura, riferita all’art. 360 c.p.c., n. 5 (da scrutinare in base al testo di tale disposizione risultante delle modifiche recate dal D.L. n. 83 del 2012, poichè la sentenza impugnata risulta depositata in data successiva al settembre 2012), è parimenti infondata, in quanto nel mezzo di ricorso non si indicano fatti storici il cui esame, omesso nella sentenza gravata, avrebbe portato ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa, ma ci si limita a criticare l’apprezzamento delle risultanze processuali operato dal giudice di merito, contrapponendo a tale apprezzamento quello ritenuto più corretto dalla parte e sviluppando argomenti di mero fatto che non possono essere scrutinati in sede di legittimità.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

In considerazione delle questioni di diritto trattate (sulle quali vi è stata recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte), ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2016

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