Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2009 del 26/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 26/01/2017, (ud. 16/11/2016, dep.26/01/2017),  n. 2009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18967-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

2016 Avvocati LUIGI CALIULO, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ANIA S.R.L. C.F. (OMISSIS), già ERREBI S.R.L., in persona del legale

rappresentante e amministratore delegato pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 55, presso lo studio

dell’avvocato CRISTINA BERTOCCHINI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ALBERTO PASTA, EMILIO ANTONIO SELLITTI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1243/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 10/01/2011 R.G.N. 1457/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. DORONZO ADRIANA;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;

udito l’Avvocato POLLAROLO ERNESTINA per l’Avvocato SELLITTI EMILIO

ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA MARIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEI PROCESSO

1. La corte d’appello di Torino, con sentenza pubblicata il 10 gennaio 2011, accoglieva l’appello proposto dalla ANIA S.r.l. contro la sentenza resa dal Tribunale di Asti che aveva rigettato la domanda dell’appellante volta ad ottenere la condanna dell’Inps alla restituzione di una somma pari ai 90% dei contributi e versati nel triennio 1995 – 1997, ai sensi del combinato disposto della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, – L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e L. n. 17 del 2007, art. 3 quater.

2. La Corte territoriale sosteneva, per quanto qui rileva, che il D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, (conv. con L. n. 17 del 2007), che aveva prorogato al 31.7.2007 il termine di presentazione delle domande di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, che a sua volta aveva esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e destinatari di provvedimenti agevolativi in materia di versamento di somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, i benefici di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, avesse fugato ogni dubbio in ordine all’applicabilità delle disposizioni recate dalla norma ult. cit. anche ai contributi previdenziali. Sotto altro e connesso profilo, considerava che non potevano distinguersi, ai fini dell’accesso ai benefici in questione, la posizione di coloro che a tale data non avessero ancora provveduto al pagamento dei contributi e quella di coloro che, come la società ricorrente, vi avessero già provveduto, dovendo in tale caso riconoscersi il loro diritto a ripetere quanto versato in eccesso rispetto al dovuto.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Inps, articolando tre motivi. La società resiste con controricorso e deposita memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Inps denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di decadenza della parte dal diritto alla ripetizione dei contributi per tardività della domanda amministrativa, emergendo dallo stesso ricorso che essa era stata presentata il 5/12/2008, oltre il termine fissato dal D.L. n. 300 del 2006, art. 3 quater, al 31 luglio 2007.

2. Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza per omessa corrispondenza tra il chiesto il pronunciato (art. 112 c.p.c.), nella parte in cui, a fronte di una domanda di mero accertamento, la Corte territoriale aveva emesso una pronuncia di condanna al pagamento di una somma determinata.

3. Il terzo motivo è invece fondato sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE nonchè delle regole di diritto comunitario in tema di divieto di erogazione dei benefici prima della valutazione della Commissione Europea, nonchè della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e D.L. n. 300 del 2006, art. 3 quater, comma 1, convertito in L. n. 17 del 2007.

4. In via preliminare, deve rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di tardività del ricorso per cassazione sollevato dalla controricorrente. La sentenza è stata depositata il 10 gennaio 2011 e il ricorso per cassazione è stato avviato per la notifica con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario in data 11 luglio 2011, come attestato dal timbro cronologico apposto in calce al ricorso. Vi è stato dunque il rispetto del termine semestrale, come previsto dall’art. 327 c.p.c., nel testo riformato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17, (applicabile ratione temporis al ricorso in esame, essendo stato il giudizio di primo grado introdotto con ricorso del 9 ottobre 2009, e dunque dopo l’entrata in vigore della legge), dovendosi altresì precisare che il 10 luglio 2011 cadeva di domenica ed il termine è differito per legge al primo giorno non festivo (art. 155 c.p.c., comma 4).

5. Il primo motivo è fondato e comporta l’assorbimento degli altri motivi.

La questione della decadenza è senz’altro ammissibile, benchè lo stesso ricorrente abbia affermato di averla sollevata solo nella memoria difensiva in appello. Nella materia in esame, la decadenza involge una materia sottratta alla disponibilità delle parti, perchè sottoposta ad un regime legale che non può essere obliterato dalle parti (come anche in seguito si dirà); inoltre il termine è dettato a protezione dell’interesse pubblico alla definitività e certezza dei provvedimenti concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci pubblici. La decadenza dunque è rilevabile d’ufficio – salvo il limite del giudicato – in ogni stato e grado del giudizio ed è opponibile, anche tardivamente, dall’istituto previdenziale (cfr. Cass. ord. 29 febbraio 2016, n. 3990; Cass. 9 settembre 2011, n. 18528).

Nel caso in esame non v’è dubbio che tanto il tribunale quanto la corte d’appello non abbiano adottato alcuna statuizione sul punto della decadenza, sicchè non può dirsi formato il giudicato.

6. Questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, nell’estendere l’applicazione delle disposizioni della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994, si riferisce espressamente ai provvedimenti agevolativi concernenti i versamenti di quanto dovuto “a titolo di tributi, contributi e premi”, restando privo di rilievo il mancato rinvio, nel testo della norma, anche alla disposizione di cui alla D.L. n. 646 del 1994, art. 7, in quanto il richiamo del D.L. ult. cit., art. 6, commi 2, 3 e 7 – bis, da parte della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, è funzionale esclusivamente all’individuazione della categoria dei destinatari del beneficio e non già all’individuazione della tipologia dei tributi a cui riferire l’agevolazione, e – precisando che tale interpretazione trova espressa e letterale conferma nel D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, (conv. con L. n. 17 del 2007), che ha esplicitamente stabilito l’operatività dell’agevolazione “per i contributi previdenziali, i premi assicurativi e i tributi riguardanti le imprese relativi all’alluvione del Piemonte del 1994” – ha fugato ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della norma ult. cit., sulla scorta dell’insegnamento di Corte cost. n. 274 del 2006, in considerazione della piena legittimità in materia civile di leggi retroattive non solo interpretative ma anche innovative con efficacia retroattiva, quando la disposizione trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (come nel caso in cui l’interpretazione della disciplina richiamata rappresenti una delle possibili letture del dato normativo) e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Cass. nn. 11133 e 11247 del 2010).

7. Ha inoltre chiarito questa Corte che la definizione automatica della posizione previdenziale può avvenire, per chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento del solo 10% del dovuto e, per chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato, dovendo ritenersi, nel silenzio del legislatore circa la posizione di coloro che, all’entrata in vigore della normativa recante il beneficio, avessero già ottemperato al pagamento dell’obbligazione contributiva, che un’interpretazione che escludesse costoro dalla possibilità di richiedere la restituzione di quanto versato in eccesso si porrebbe in contrasto con la costante giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’irragionevolezza di disposizioni legislative che sopprimano o riducano la prestazione dovuta per obbligazioni pubbliche già perfezionatesi, prevedendo al contempo l’irripetibilità delle somme già versate in esecuzione del rapporto obbligatorio siccome conformato in precedenza (Cass. n. 11247 del 2010, cit.).

8. Così ricostruita la portata oggettiva e soggettiva del beneficio in questione, occorre rilevare che la domanda di rimborso è stata pacificamente presentata dalla società nel dicembre del 2008, come si rileva dallo stesso ricorso introduttivo dei giudizio depositato dalla Anià s.r.l. presso il Triburrale di Asti e trascritto nel ricorso per cassazione dell’Inps, nel rispetto del principio di autosufficienza.

9. Ora, il termine del 31.7.2007, risultante per la presentazione delle domande di regolarizzazione L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90, a seguito della proroga dell’originario termine del 31.7.2004 da parte del D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, comma 1, (conv. con L. n. 17 del 2007), si applica anche alle imprese abbiano già versato i contributi previdenziali, dovendosi ritenere irragionevole una distinzione tra coloro che non abbiano corrisposto i contributi e coloro che, invece, abbiano già effettuato il pagamento, in quanto la locuzione “regolarizzare la posizione”, di cui all’art. 4, comma 90, cit., include tanto l’ipotesi in cui la definizione della posizione previdenziale intervenga mediante il pagamento del 10% del dovuto, quanto quella in cui avvenga mediante il rimborso del 90% del versato (Cass. n. 12603 del 20:16).

10. Escluso pertanto che l’applicazione del termine a quest’ultimo caso sia frutto di un’interpretazione analogica della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, deve piuttosto aggiungersi che il termine in questione, benchè non espressamente qualificato dal legislatore come perentorio, costituisca un termine di decadenza: non trattandosi di termine – di natura processuale, per i quali vige la regola di cui all’art. 152 c.p.c., spetta infatti all’interprete di individuarne la portata ordinatoria o perentoria in relazione allo scopo che esso persegue, cioè agli interessi che intende tutelare, e non viè dubbio che la natura pubblica dell’interesse alla certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci degli enti previdenziali, che a sua volta è correlato ai vincoli di carattere sovranazionale cui il bilancio pubblico è assoggettato in forza dei Trattati europei e dei criteri politico – economici e tecnici adottati dagli organi dell’Unione europea per controllarne l’osservanza (come sottolineato da Corte cost. n. 425 del 2004), depone univocamente in tal senso, non vertendosi in ipotesi di ristoro per un pregiudizio ascrivibile ad un fatto obiettivo e incolpevole da cui la collettività abbia tratto vantaggio e dovendo pertanto il principio solidaristico di cui agli artt. 2 e 3 Cost., trovare adeguato bilanciamento rispetto ad altri interessi e beni di pari rilievo costituzionale (cfr. in tal senso Corte cost. n. 118 del 1996).

11. Per contro, l’acclarata struttura unitaria del beneficio della regolarizzazione L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90, esclude che possano trovare in specie applicazione le disposizioni concernenti la prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo di cui a(l’art. 2033 c.c., giacchè in mancanza di (tempestiva) domanda di rimborso non può logicamente configurarsi alcun pagamento indebito, essendo la domanda amministrativa condizione necessaria per io stesso sorgere dei diritto ai beneficio (cfr. in tal senso Cass. n. 732 del 2007 e, più recentemente, Cass. n. 5318 del 2016). Resta da dire che a diverse conclusioni non può pervenirsi nemmeno considerando la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come sostenuto da parte controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c..

12. Ferma l’inammissibilità della produzione documentale allegata all’anzidetta memoria, gli unici documenti producibili in sede di legittimità essendo quelli riguardanti la nullità della sentenza e l’ammissibilità del ricorso o del controricorso (art. 372 c.p.c.), va premesso che la disposizione citata ha previsto che “i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, (…) che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni”, e ha aggiunto, per quanto qui interessa, che “il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248”.

13. Ora, benchè in alcuni obiter ditta di questa Corte si sia affermato, argomentando dall’assimilazione introdotta in forma generale dalla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, che la disposizione in esame rileverebbe anche per le domande di rimborso presentate dai soggetti colpiti dall’alluvione piemontese del 1994 (cfr. in tal senso specialmente Cass. nn. 6685 e 6686 del 2015), ritiene il Collegio che tanto non possa sostenersi in considerazione del fatto che il D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, ha distinto inequivocabilmente i termini di presentazione delle domande di regolarizzazione per i soggetti colpiti dall’alluvione piemontese e per i soggetti colpiti dal sisma siciliano, prevedendo per i primi, al comma 1, che “il termine di presentazione delle domande di cui alla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, è differito al 31 luglio 2007”, e disponendo per i secondi, ai comma 2, che “i termini di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, sono differiti al 31 dicembre 2007”. E poichè è precisamente (e soltanto) la disposizione di cui al secondo comma ad essere stata interessata dalla modifica apportata dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36 – bis, (il quale, sotto la rubrica “Proroga di termini per la definizione di somme dovute da soggetti residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa”, ha disposto, per quanto qui interessa, che “al D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, art. 3 – quater, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2007, n. 17, le parole: 31 dicembre 2007” fossero sostituite “dalle seguenti: 31 marzo 2008”), ritiene il Collegio che la previsione di cui alla L. n 190 del 2014, art. 1, comma 665, nel riaprire i termini per la presentazione delle domande di rimborso da parte dei soggetti colpiti dal sisma della Sicilia calcolandoli “a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248”, abbia presupposto e, quel che più conta, mantenuto inalterata la distinzione tra le due categorie dei destinatari del beneficio della regolarizzazione automatica per ciò che concerne il termine di presentazione delle domande, con consequenziale inapplicabilità ai beneficiari della regolarizzazione L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90, della proroga introdotta per i beneficiari della regolarizzazione L. n. 289 del 2002, ex art. 9, comma 17.

14. E’ poi il caso di aggiungere che codesta differenziazione non appare prima facie sospettabile di introdurre disparità di trattamento rilevanti ex art. 3 Cost., comma 1, sol che si pensi alla diversità della platea dei destinatari dei due benefici, alle diverse conseguenze che ne discendono in termini di oneri per il bilancio pubblico e all’impossibilità di prendere in considerazione, agli effetti di un ipotetico contrasto con il canone dell’eguaglianza, “qualsiasi incoerenza, disarmonia o contraddittorietà che una determinata previsione normativa possa, sotto alcuni profili o per talune conseguenze, lasciar trasparire” (così Corte cost. n. 5 del 2000).

15. Il ricorso, pertanto, va conclusivamente accolto, con la cassazione della sentenza impugnata. Non essendoci accertamenti di fatto da compiere, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto della domanda attrice. La novità e straordinaria complessità della disciplina consentono di ravvisare in specie gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La iniziale corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dall’originario ricorrente. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2017

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