Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20089 del 30/07/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 20089 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: LEONE MARGHERITA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 11429-2016 proposto da:
ALBERIZZI MASSIMO ARTURO, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DARDANELLI 46, presso lo studio
dell’avvocato MARINA PETROLO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati SABINA MARIA
VITTORIA MANTOVANI, UGO MINNECI, giusta delega in
2018

atti;
– ricorrente –

1430

contro

RCS

MEDIAGROUP

S.P.A.

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

Data pubblicazione: 30/07/2018

in ROMA, PIAZZA MAllINI 27, presso lo STUDIO TRIFIRO’
& PARTNERS, rappresentata e difesa dagli avvocati
TRIFIRO’ SALVATORE, GIACINTO FAVALLI, PAOLO
ZUCCHINALI, che la rappresentano e difendono giusta
delega in atti;

avverso la sentenza n. 331/2016 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 04/03/2016 r.g.n. 1331/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2018 dal Consigliere Dott.
MARGHERITA MARIA LEONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE, che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine rigetto;
udito l’Avvocato UGO MINNECI;
udito l’Avvocato ALFONSO MANDARA per delega verbale
Avvocato PAOLO ZUCCHINALI.

.77/

– controrícorrente

RG. n. 11429/2016

FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Milano con la sentenza n. 331/2016, in sede di
procedimento di cui all’art. 1, comma 58 I.n. 92/2012, aveva respinto il
reclamo avverso la sentenza con la quale il Tribunale della stessa sede
aveva ritenuto legittima la risoluzione del rapporto di lavoro adottata da
RCS MEDIAGROUP spa, nei confronti di Alberizzi Massimo Arturo, per

La Corte territoriale, prendendo atto della decisione delle Sezioni unite n.
17589/2015, aveva ritenuto che la disciplina applicabile agli iscritti
all’istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani ( INPGI) e’ quella
assicurata dalle misure adottate dall’istituto stesso ai sensi dell’art. 24,
comma 24, del D.I.n. 201/2011, cosi’ come previsto per gli iscritti agli altri
enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza privatizzati ai
sensi del d.lgs n.509/94.
Aveva inoltre ritenuto che, con riguardo ai trattamenti pensionistici ed al
proseguimento dell’attività lavorativa, sempre in adesione alla decisione
delle Sezioni Unite,la disposizione dell’art. 24, comma 4, del d.I.201/2011,
non attribuisce al lavoratore il diritto postestativo a proseguire nel rapporto
di lavoro sino al raggiungimento del 70° anno di età, in quanto la norma
non crea alcun automatismo, ma rende possibile tale continuazione solo in
caso di consensuale accordo tra le parti. Il giudice del gravame aveva infine
escluso il carattere discriminatorio del recesso adottato dalla società.
Avverso tale decisione l’Alberizzi proponeva ricorso affidandolo a due motivi
cui resisteva la società con controricorso e memoria successiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1)- Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione
dell’art. 24, 4° comma del D.L. n. 201/2011, per aver , la Corte, ritenuto la
non applicabilità della disposizione all’INPGI, in quanto ente privatizzato
gestore di forma obbligatoria di assistenza e previdenza;
2)- con il secondo motivo e’ denunciata la violazione e falsa applicazione del
predetto art. 24, comma 4, per aver la sentenza impugnata, statuito che la

i

raggiunti limiti di età

RG. n. 11429/2016

disposizione non attribuisse alcun diritto potestativo al lavoratore di
continuare il rapporto di lavoro sino al 70 0 anno di età, ma solo condizioni di
incentivo alla prosecuzione consensuale del rapporto .
Rileva il ricorrente che l’interpretazione data dalla Corte territoriale all’art.
24, comma 4, ignora la parte della disposizione in cui e’ espressamente
prevista la applicazione della medesima alle forme sostitutive

e’ ente diverso dalle altre Casse privatizzate in quanto non solo ha una
gestione obbligatoria ma anche sostitutiva.
Il secondo motivo di censura tende a contestare la interpretazione della
disposizione con riguardo alla possibilità di prosecuzione del rapporto sino al
70° anno di età, esclusa dalla Corte territoriale in assenza di un accordo
consensuale tra le parti.
Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente perche’ attinenti
alla interpretazione dell’art. 24, comma 4, e quindi a materia già affrontata
dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 17589/2015.
Con riferimento alla prima censura è stato ritenuto che tra le

“forme

esclusive e sostitutive” dell’AGO, cui è riferita la disciplina del richiamato
comma 4, non rientri alcuno degli enti privatizzati a seguito del d.lgs . n.
509, e ricom presi nella tabella ad esso allegata. Infatti, la circostanza che
per indicare le disposizioni dirette ad attuare il contenimento della spesa
pensionistica riservate agli iscritti dagli enti privatizzati gestori di forme
obbligatorie di previdenza ed assistenza il legislatore abbia indicato una
sede specifica (il comma 24), diversa da quella riservata alle misure
concernenti coloro che sono iscritti all’AGO e alle forme esclusive e
sostitutive della medesima (comma 4 e seguenti), è chiaro indice della
volontà di adottare due diversi schemi di intervento. Di modo che deve
escludersi che, nonostante l’ambiguità dell’espressione normativa, le
disposizioni contenute nell’art. 24, comma 4, possano avere una estensione
così ampia da abbracciare anche posizioni assicurative ricom prese
nell’ambito del successivo comma 24.
Tale convinzione nasce innanzitutto da una fondamentale esigenza di
logicità dell’intervento legislativo, in quanto sarebbe incomprensibile la

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dell’assicurazione Generale obbligatoria . Peraltro l’Inpgi, a dire dell’Alberizzi

RG. n. 11429/2016

ragione per cui il legislatore dopo aver affermato la rilevata divaricazione,
coerente con i principi generali dell’ordinamento previdenziale, al punto da
prevedere due differenti sedes materiae, consenta allo stesso tempo una
commistione tra i diversi sistemi. Tale commistione sarebbe tanto più grave
ove si consideri che i due sistemi previdenziali sono fondati su principi
organizzativi diversi, essendo le contribuzioni, i requisiti soggettivi e le

legge, e per gli enti privatizzati rimessi ai rispettivi statuti e regolamenti,
seppure sotto la vigilanza dell’Autorità centrale. Nulla ovviamente avrebbe
impedito al legislatore di procedere ad una determinazione autoritativa
anche per gli iscritti agli enti privatizzati, ma non è questo il caso, atteso
che, in considerazione delle rilevate diversità dei sistemi, sarebbe stata
necessaria una espressa disposizione derogatoria.
Le Sezioni Unite hanno quindi chiarito, anche valutando le differenti opzioni
interpretative della disposizione, ( ivi comprese quelle proposte dall’attuale
ricorrente), le ragioni della non applicabilità all’Inpgi della disciplina del
richiamato art. 24,c.4 del decreto legge n. 201/2011.

Anche con riguardo alla seconda censura Le Sezioni Unite con la richiamata
sentenza hanno stabilito che

“il legislatore con il richiamo ai “limiti

ordinamentali” intende precisare che la “incentivazione” al prolungamento
del rapporto di lavoro non deve collidere con le disposizioni che, sul piano
legislativo regolano gli specifici comparti (individuati sulla base della
disciplina del rapporto tanto sul piano della regolazione sostanziale che di
quella previdenziale) di appartenenza del lavoratore e che potrebbero
essere ostativi al nuovo regime previsto dalla disposizione in esame. Di
fronte alla genericità della formulazione della disposizione legislativa, quella
che viene qui sostenuta, rappresenta l’interpretazione più ragionevole della
norma, coerente con la soluzione sopra adottata, secondo cui i regimi
previdenziali toccati dall’art. 24, c. 4, sono solo quelli regolati per legge.
Tale conclusione trova in qualche modo conferma nella disposizione del
decreto-legge 31.08.13 n. 101, conv. dalla 1. 30.10.13 n. 125, che,
nell’ambito del perseguimento di obiettivi di razionalizzazione della spesa

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modalità di godimento delle prestazioni per l’AGO fissati di rettamente dalla

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nelle pubbliche amministrazioni e nelle società partecipate, all’art. 2, c. 5,
dà l’interpretazione autentica dell’art. 24, c. 4, sopra indicato. Detto d.l. n.
101 del 2013 prevede, infatti, che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche
amministrazioni il limite ordinamen tale, previsto dai singoli settori di
appartenenza per il collocamento a riposo d’ufficio e vigente alla data di
entrata in vigore del decreto-legge stesso, non è modificato dall’elevazione

superamento, precisa la norma, è possibile solo per il trattenimento in
servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza
utile della pensione. Inoltre, la disposizione nel prevedere che “il
proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato … dall’operare dei
coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di settant’anni …” non
attribuisce al lavoratore un diritto di opzione per la prosecuzione del
rapporto di lavoro, né consente allo stesso di scegliere tra la quiescenza o la
continuazione del rapporto, ma prevede solo la possibilità che, grazie
all’operare di coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di settanta
anni, si creino le condizioni per consentire ai lavoratori interessati la
prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti previsti dalla normativa di
settore. E’ questo il senso della locuzione “è incentivato … dall’operare dei
coefficienti di trasformazione …”, la quale presuppone che non solo si siano
create dette più favorevoli condizioni previdenziali, ma anche che, grazie
all’incentivo in questione, le parti consensualmente stabiliscano la
prosecuzione del rapporto sulla base di una reciproca valutazione di
interessi” ( Cass. SU n. 17589/2015).
La chiara indicazione delle Sezioni Unite rende conseguente affermare che
la norma, nell’incentivare il proseguimento del rapporto sino al 70° anno,
non individui un diritto soggettivo in capo al lavoratore indipendentemente
dalla volontà comune del datore di lavoro. Essa dispone una situazione di
semplice favor nei confronti del prolungamento del rapporto che,
considerando i “fermi … limiti ordinamentali dei rispettivi settori”,
presuppone e richiede la comune volontà delle parti del rapporto sulla
prosecuzione dello stesso.
Il ricorso deve essere rigettato.

4

dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia. Il suo

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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali liquidate in E. 4.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese
oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente

il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Cosi’ deciso in R

Il Consigli

a in data 4 aprile 2018.

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