Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20088 del 30/09/2011

Cassazione civile sez. II, 30/09/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 30/09/2011), n.20088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1232/2007 proposto da:

COMUNE BUONALBERGO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MERULANA 234, presso lo studio dell’avvocato

BOLOGNA GIULIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato PROZZO

Roberto;

– ricorrente –

contro

P.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA

MASSIMO, 33, presso lo studio dell’avvocato MALATESTA FRANCESCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PEPE Franco;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 59/2005 del GIUDICE DI PACE di SAN GIORGIO LA

MOLARA, depositata il 23/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23.11.2005 il giudice di pace di San Giorgio La Molara annullava il verbale di contestazione elevato il 14.12.2004 dalla Polizia municipale del comune di Buonalbergo a carico di P.S., per l’infrazione all’art. 142 C.d.S., comma 8.

Riteneva il giudice di prossimità, accogliendo apposito motivo di opposizione, che l’accertamento fosse illegittimo per violazione dell’art. 345 reg. esec. C.d.S., comma 4, il quale stabilisce che per l’accertamento delle violazioni ai limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma 1 del cit. articolo devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale, e devono essere nella disponibilità degli stessi. Rilevava che, nella fattispecie, il servizio di rilevazione, gestione e rendicontazione delle sanzioni amministrative era stato affidato dal comune alla So.E.S. s.r.l., la quale a termini dell’apposita convenzione, gestiva e rendicontava le sanzioni amministrative, metteva a disposizione della Polizia municipale una vettura completamente attrezzata per il rilevamento delle infrazioni e con misuratore di velocità preventivamente installato, verificava ad ogni servizio la funzionalità dell’apparecchio rilevatore che metteva a disposizione del vigile urbano, accendeva e spegneva l’apparecchio stesso su ordine del pubblico ufficiale, istruendo quest’ultimo sull’impostazione dei limiti di rilevamento della velocità, con l’obbligo di spegnere immediatamente l’apparecchiatura nel caso in cui il pubblico ufficiale si allontanasse per qualsiasi motivo.

Riteneva, quindi, che il ruolo del verbalizzante fosse ridotto ad una mera presenza, tra l’altro non qualificata, restando la gestione dell’apparecchiatura completamente affidata, per le poche operazioni non automatiche, al soggetto privato. Osservava, quindi, che in materia la prova regina era costituita dalla perfetta funzionalità del mezzo di rilevazione, che nello specifico era utilizzato dalla società So.E.S. anche in altri comuni, per cui il computer elaborava anche i diversi dati che gli erano immessi di volta in volta. Per contro, riteneva il giudice di primo grado, spettava al pubblico ufficiale, una volta raggiunto il luogo del rilevamento, verificare che l’apparecchio effettuasse misurazioni esatte attraverso un concreto esperimento, non bastando la semplice attestazione del funzionamento, del quale dovevano essere descritte e attestate le caratteristiche essenziali, affinchè in qualunque momento sia i cittadini, sia il magistrato adito potessero effettuarne il controllo. Nello specifico, nel verbale della Polizia municipale non v’era traccia di tale verifica, non essendo sufficiente l’attestazione circa funzionalità e omologazione dell’apparecchiatura, in quanto quest’ultima non era custodita dagli agenti di polizia, ma da una società privata mirante ad ottimizzare il rendimento della strumentazione impiegata, la quale, essendo installata su veicoli spostati continuamente da comune a comune, sopportava tutte le sollecitazione, gli scuotimenti e i contraccolpi cui erano esposti i veicoli ospitanti. Osservava, infine, che anche lo sviluppo e la stampa delle foto era rimessa alla società concessionaria, che essendo tenuta a trasmettere solo i rilievi fotografici validi per provare la sanzione, esercitava ampia discrezionalità nella scelta dei fotogrammi da inviare al comune, con grave compromissione della certezza e dell’imparzialità dell’intero procedimento.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il comune di Buonalbergo, formulando tre mezzi d’annullamento.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia la violazione dei limiti interni della giurisdizione, nonchè la violazione o falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 4 e 5, all. E, della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, art. 142 C.d.S. e art. 345 reg. C.d.S., la falsa applicazione del principio di imparzialità, la violazione dell’art. 2700 c.c., nonchè l’omessa o insufficiente motivazione e l’omesso esame di un documento decisivo.

Dalla motivazione della sentenza, sostiene parte ricorrente, si comprende che il G.d.P. non ha esaminato la legittimità del verbale di contravvenzione opposto, nè si è occupato della sussistenza della violazione, ma ha arbitrariamente spostato la propria indagine sul contenuto della convenzione tra il comune e la società privata incaricata di organizzare le attività materiali propedeutiche allo svolgimento del servizio.

Nello svolgimento di tali attività il privato non si sostituisce alla Polizia municipale, ma opera in funzione di supporto, senza interferire nell’accertamento, rimesso ai pubblici ufficiali, laddove il soggetto privato si limita a fornire ausilio tecnico per il corretto funzionamento dell’apparecchio rilevatore e a svolgere prestazioni materiali per la stampa delle fotografie, senza che l’interesse economico sotteso alla convezione possa costituire motivo di dubbio sulla correttezza dell’operato del soggetto privato o produrre situazioni d’incompatibilità.

Inoltre, il G.d.P. non ha esaminato il contenuto della convenzione, da cui risulta che sviluppo e stampa dei fotogrammi scattati doveva avvenire in un laboratorio in possesso di regolare licenza comunale e con la possibilità che fosse presente anche personale della Polizia municipale.

Il giudice di pace, inoltre, non poteva ravvisare alcuna violazione dell’art. 345 reg. C.d.S., non essendo stata proposta querela di falso avverso il verbale di infrazione.

2. – Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, artt. 45 e 142 C.d.S., art. 345 reg. C.d.S., D.L. n. 121 del 2002, art. 4, convertito in L. n. 168 del 2002, nonchè il vizio di motivazione e l’omesso esame di un documento decisivo.

L’art. 345 reg. C.d.S., comma 4, ove interpretato nel senso della necessità di una presenza continuativa degli agenti di polizia deve ritenersi inapplicabile in caso di contravvenzioni elevate, come nella specie, su di un tratto di strada ove le violazioni possono essere accertate in modo automatico, anche senza il diretto intervento degli agenti preposti, e senza obbligo di contestazione immediata. Il G.d.P., invece, ha ritenuto che le nuove disposizioni siano applicabili solo in caso di apparecchiature fisse che eseguono misurazioni in modo completamente automatico, in tal modo ponendo a base della decisione una ragione non dedotta dal ricorrente.

Inoltre, il D.L. n. 121 del 2002, art. 4, convertito con modificazioni nella L. n. 168 del 2002, e ulteriormente modificato dal D.L. n. 151 del 2003, art. 7, si limita a disporre che i dispositivi che consentono di accertare in modo automatico la violazione, se utilizzati senza la presenza o il diretto intervento degli agenti preposti, devono essere approvati o omologati ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 45, comma 6, per cui il nuovo decreto non ha introdotto una diversa modalità di omologazione, ma fa riferimento alla medesima omologazione di cui all’art. 45 C.d.S., comma 6, nella specie debitamente attestata nel verbale di accertamento, con indicazione del relativo decreto.

Infine, il G.d.P. ha affermato che l’apparecchio rilevatore possiede determinate caratteristiche, senza esaminarne il libretto tecnico, e pur affermando che una volta impostato il relativo funzionamento è del tutto automatico, ha poi escluso l’applicabilità della nuova normativa, affermando che detta tipologia di apparecchio non rileva le contravvenzioni in modo automatico.

3. – Con il terzo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 142 C.d.S., degli artt. 2697 e 2700 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un documento su di un punto decisivo.

L’art. 142 C.d.S., comma 6, si limita a prevedere l’omologazione dell’apparecchio, e non la preventiva verifica del suo funzionamento volta per volta. Ed infatti, la giurisprudenza della S.C. ha ripetutamente affermato che le rilevazioni mediante strumenti elettronici posso essere disattese solo se se ne dimostrano guasti o difetti costruttivi, in difetto di che la loro efficacia probatoria permane inalterata, fino a querela di falso.

4. – Il ricorso è fondato.

Con sentenza n. 22816/08 questa Corte ha avuto modo di esaminare analoga impugnazione del comune di Buonalbergo in una fattispecie del tutto sovrapponibile, riguardante una sentenza del medesimo giudice di pace di San Giorgio La Molara. Identica l’infrazione amministrativa, le rationes decidendi a base del provvedimento impugnato e i motivi di ricorso per cassazione, conviene riportare la parti salienti della motivazione del citato precedente:

“…l’assistenza tecnica del privato operatore, limitata all’installazione ed all’impostazione dell’apparecchiatura secondo le indicazioni del pubblico ufficiale, non interferisce sull’attività d’accertamento poi direttamente svolta da quest’ultimo ed, anzi, offre agli utenti della strada nei confronti dei quali è effettuato il controllo una più sicura garanzia di precisione nel funzionamento degli strumenti di rilevazione ove tenuti sotto sorveglianza da parte di personale tecnico specializzato; ond’è che la decisione in esame, con la quale si è ritenuto invalido l’accertamento in quanto, nella specie, attuato alla presenza dell’operatore privato ma in funzione d’assistenza tecnica nei limiti indicati, opera un’interpretazione restrittiva dell’art. 345 reg. esec. C.d.S., comma 4, nonchè del combinato disposto degli artt. 11 e 12 C.d.S., che riserva ai pubblici ufficiali i servizi di polizia stradale, non consentiti nè dal tenore letterale nè dalla rado delle citate disposizioni. In secondo luogo – premesso che la deduzione con la quale si contesti al giudice del merito non di non aver correttamente individuato la norma regolatrice della questione controversa o di averla applicata in difformità dal suo contenuto precettivo, bensì di avere o non avere erroneamente ravvisato, nella situazione di fatto in concreto accertata, la ricorrenza degli elementi costitutivi d’una determinata fattispecie normativamente regolata, non comporta un giudizio di diritto, bensì un giudizio di fatto (e pluribus Cass. 22 febbraio 2007 n. 4178; 5 maggio 2006 n. 10313; S.V., 30 marzo 2005 n. 6654) – va, altresì, rilevato il denunziato vizio di motivazione, attesa la palese illogicità della stessa, dacchè, nell’operato sillogismo, l’illazione non risulta consequenziale al confronto tra premessa maggiore e premessa minore. Se, infatti, l’art. 345 reg. esec. att. C.d.S., comma 4, prevede che le apparecchiature d’accertamento delle infrazioni “devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale – e devono essere nella disponibilità degli stessi”, non si vede come tali condizioni di legittima operatività dell’apparecchiatura, normativamente prescritte, possono essere escluse nel caso in esame, laddove, per espressa previsione contrattuale, tutte le attività d’installazione ed utilizzazione dell’apparecchiatura stessa si svolgono alla presenza del pubblico ufficiale preposto al servizio – ed, anzi, con la diretta utilizzazione da parte del medesimo, ad essa “istruito” dal tecnico di supporto – al quale soltanto è demandato disporre la messa in funzione ed al cui allontanamento, anche occasionale, ne è connessa l’immediata disattivazione (…). Come già evidenziato da questa Corte (e pluribus, Cass. 18 aprile 2007 n. 9308; 1 febbraio 2007 n. 2206; 15 novembre 2006 n. 24355; 4 maggio 2005 n. 9222; 8 agosto 2003 n. 11971), in sede d’opposizione L. n. 689 del 1981, ex art. 22 o art. 204 bis C.d.S., non può annullarsi il provvedimento sanzionatorio in base ad un’illegittimità desunta non dall’atto ma dalle modalità, esterne ad esso, con le quali era stato organizzato il servizio di rilevazione ed accertamento delle violazioni, mediante un sindacato sulle scelte tecniche ed organizzative del servizio, trattandosi di valutazione che, se effettuata, configura un’inammissibile ingerenza nel modus operandi della pubblica amministrazione, in linea di principio non sindacabile dal giudice ordinario (…). E’ del tutto evidente come, nel caso in esame, il giudice a quo abbia esorbitato dai propri poteri, in violazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E, non solo omettendo d’identificare e valutare incidentalmente l’atto presupposto, ma, ove ciò avesse fatto per implicito, invadendo la sfera delle attribuzioni riservate all’amministrazione, nella formazione dell’atto stesso convergendo, all’evidenza, una pluralità di valutazioni, da parte dei competenti uffici ed organi comunali, di natura non solo strettamente tecnica, ma anche ampiamente discrezionale, in quanto da formularsi sulla base d’apprezzamenti ponderati sia delle situazioni di fatto, sia delle molteplici esigenze, relative alle risorse umane ed economiche a disposizione dell’ente, da prendersi in considerazione al fine di regolare il traffico nell’ambito della gestione complessiva della circolazione stradale sul territorio (…). Nello stesso errore il giudice a quo è incorso laddove ha ritenuto di poter disquisire dell’idoneità o meno, in astratto, dell’apparecchiatura utilizzata per il rilevamento, valutazione rimessa, per contro, all’amministrazione in sede d’omologazione (Cass. 2 agosto 205 n. 16143); così come erroneamente ha ritenuto che il verbale dovesse contenere l’attestazione della sperimentata funzionalità dell’apparecchiatura e che tale funzionalità dovesse essere dimostrata in giudizio dall’amministrazione, mentre, viceversa, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e dallo stesso debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse alla sufficienza dell’intervento progresso tecnologico rispetto al modello considerato, od alla mancanza di revisione o manutenzione periodica di esso, a pregiudicarne l’efficacia ex art. 142 C.d.S. (Cass. 26 aprile 2007 n. 9950; 5 luglio 2006 n. 15324; 16 maggio 2005 n. 10212; 20 aprile 2006 n. 8233; 10 gennaio 2005 n. 287; 24 marzo 2004 n. 5873; 22 giugno 2001 n. 8515; 5 giugno 1999 n. 5542) (…).

Le rationes decidendi da ultimo esaminate sono, inoltre e comunque, da considerare illegittime anche in quanto, come giustamente evidenziato dal ricorrente Comune, hanno ad oggetto questioni relative a (pretesi) vizi del provvedimento impugnato non dedotti dall’opponente ma rilevati d’ufficio dal giudice in violazione dei limiti della propria patestas iudicandi (…). Quanto alla seconda delle principali considerazioni svolte dal giudice a quo sui motivi d’impugnazione effettivamente prospettati dall’opponente, è anch’essa errata. Al riguardo, questa Corte ha ripetutamente evidenziato come, nel caso di violazione delle norme sui limiti di velocità nella circolazione stradale accertata a mezzo di strumento omologato, il momento essenziale dell’accertamento stesso sia quello del rilevamento fotografico, cui deve necessariamente presiedere uno dei soggetti ai quali, come già visto in precedenza, l’art. 12 C.d.S., demanda l’espletamento dei servizi di polizia stradale, e che non può essere effettuato in via esclusiva da soggetti privati;

come, pertanto, la fonte principale di prova delle risultanze dello strumento elettronico essendo costituita dal negativo della fotografia, quale documento che individua il veicolo e ne consente la rapportabilità alle circostanze di fatto, di tempo e di luogo rappresentativi, la successiva fase dello sviluppo e della stampa del negativo rappresenti il semplice espletamento d’una attività meramente materiale, cui non deve necessariamente attendere, nè presenziare, il pubblico ufficiale rilevatore dell’infrazione od altro dei soggetti indicati nel citato art. 12″.

A tale persuasivo orientamento – confermato da Cass. n. 1955/10 (che nel richiamarsi ad esso ha coerentemente ritenuto illegittimo l’accertamento delegato per intero a soggetti privati, che vi provvedevano curando non solo l’installazione dell’apparecchiatura elettronica di rilevazione della velocità, ma anche la lettura dei risultati, la verbalizzazione e la notifica del verbale al soggetto interessato), e che si colloca, altresì, in linea con altri e costanti precedenti in tema di efficacia probatoria dello strumento rilevatore automatico della velocità (v. Cass. nn. 287/05, 6507/04 e 9441/01, nonchè Cass. nn. 7667/97, 9076/97, 6242/99, 1380/00, 16697/03, 12689/99, sulla necessità che l’opponente fornisca prova del difetto di funzionamento di tali dispositivi, da fornirsi in base a concrete circostanze di fatto, e Cass. nn. 22880, 17361/08, 9950/07, 15324/06 e 20886/05 sulla sufficienza dell’omologazione del modello di misurazione automatica utilizzato, non soggetta a scadenza) – ritiene la Corte di dover dare continuità, tenuto conto che le argomentazioni difensive svolte dalla parte controricorrente, nel ripercorrere e partecipare all’intera impostazione della sentenza impugnata, ne condivide tutti gli errori, incluso quello, basilare, di fornire un’interpretazione ingiustificatamente restrittiva e sostanzialmente abrogante dell’art. 345 reg. C.d.S., comma 4, che ove accolta renderebbe illegittimo l’impiego di qualsivoglia supporto tecnico non personalmente azionato, manovrato e utilizzato dagli organi di polizia stradale, lì dove, invece, i concetti di gestione e di disponibilità espressi dalla norma rimandano ad un potere di controllo iniziale e finale della polizia stradale perfettamente compatibile con quello ricostruito in punto di fatto dallo stesso giudice di merito.

5. – Per quanto sopra considerato, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice di pace di Benevento, che nel decidere la controversia si atterrà ai principi di diritto sopra espressi, e che provvedere, altresì, in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al giudice di pace di Benevento, che provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2011

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