Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20087 del 02/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 20087 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: MIANI CANEVARI FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 21881-2009 proposto da:
FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A. 07973780013,

(nuova

denominazione della FIAT AUTO S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo
studio dell’Avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO (STUDIO
2013
2099

TOFFOLETTO – DE LUCA TAMAJO), che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati BONAMICO FRANCO,
DIRUTIGLIANO DIEGO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 02/09/2013

CESSARIO

MARISA

CSSMRS57P59E993H,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio
dell’avvocato COSSU BRUNO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato POLI ELENA, giusta
delega in atti;

avverso la sentenza n. 949/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 02/10/2008 R.G.N. 508/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/06/2013 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
MIANI CANEVARI;
udito l’Avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE;
udito l’Avvocato COSSU BRUNO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

– controricorrente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Giudice del lavoro di Torino, Marisa Cessano conveniva in
giudizio il datore di lavoro FIAT Group Automobiles s.p.a. e, assumendo
illegittima la sua collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria
(C.I.G.S.) per i periodi 28.71.8.2003- 11.9/23.11.2003, ne chiedeva la condanna

quanto spettante a titolo di retribuzione.
Accolta la domanda e proposto appello da Fiat Group Automobiles
s.p.a. la Corte d’appello di Torino con la sentenza oggi impugnata rigettava il
gravame.
La sentenza di merito riteneva che la società, fin dall’inizio della
procedura (attivata con la comunicazione 31.10.02 alle r.s.u.), dovesse indicare
per iscritto i criteri di scelta e le ragioni dell’eventuale mancata previsione
della rotazione, ai sensi dell’art. 1, c. 7, della I. 23.7.91 n. 223, e che tale
disciplina non era modificata dall’art. 2, c. 5, del d.P.R. 10.6.00 n. 218, recante
norme per la semplificazione del procedimento di concessione del trattamento
di c.i.g.s. e di integrazione salariale.
Nella specie i criteri indicati nella comunicazione di avvio della
procedura erano generici, in quanto non consentivano di verificare la coerenza
tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, il che
rendeva illegittima la sospensione in C.I.G.S. dei dipendenti. Inoltre, l’accordo
intervenuto tra datore e 0o.ss. in data 18.3.03, a conclusione della procedura
di consultazione (e ribadito da altro successivo del 22.7.03), non assumeva
efficacia sanante delle omissioni, in quanto il vizio originario della
comunicazione si ripercuoteva sull’intera procedura.
Avverso questa sentenza FIAT Group Automobiles s.p.a. propone
ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrato con memoria, che
veniva contrastato con controricorso dal lavoratore.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Devono essere esaminate preliminarmente le questioni poste dalla
lavoratrice controricorrente, secondo cui

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con riferimento alla stessa

al pagamento della differenza tra quanto percepito a titolo di integrazione e

procedura di Cassa Integrazione per cui è causa le organizzazioni sindacali
FIOM e SI.N.COBAS avevano proposto ricorsi ex art. 28 Stat.Lav. per
l’accertamento dell’antisindacalità del comportamento aziendale e per
ottenere la dichiarazione di illegittimità dei provvedimenti di collocazione in
C.I.G.S. dei lavoratori; i relativi giudizi si sono conclusi in senso favorevole alle

n. 13240 e 1.7.2009 n.15393. Si sostiene quindi che queste pronunce,
quantunque rese in giudizi nei quali non era parte l’attuale controricorrente,
esplicano efficacia di giudicato (posto che il comportamento antisindacale dà
luogo ad un comportamento plurioffensivo e la rimozione dei suoi effetti
comporta l’adozione di provvedimenti direttamente incidenti sui rapporti di
lavoro dei singoli lavoratori) anche nella presente causa, determinando quindi
l’inammissibilità del ricorso per cassazione; in via subordinata, che il passaggio
in giudicato delle statuizioni relative alla illegittimità della collocazione in
C.I.G.S. della controricorrente comporta comunque l’inammissibilità del
ricorso della società per difetto di interesse.
Si deduce quindi nella sostanza l’esistenza di un giudicato esterno di cui
si chiede l’affermazione anche tra le parti. Il giudicato è, tuttavia, insussistente
in quanto le pronunce invocate non possono spiegare la stessa autorità in un
diverso giudizio, dato che il giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi
limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone – a differenza di
quanto qui riscontrabile – che tra la precedente causa e quella in atto vi sia
identità di parti, oltre che di petitum e di causa petendi (giurisprudenza
consolidata, v. per tutte Cass. 27.01.06 n. 1760).
2.- I motivi di ricorso di Fiat Group Automobiles possono riassumersi
come segue.
2.1.- La questione fondamentale posta a base del ricorso è se il giudice
abbia correttamente applicato l’art. 1, c. 7-8, della legge n. 223 del 1991, o se
la norma in questione debba ritenersi abrogata per l’intervento del d.P.R. n.
218 del 2000. Fiat sostiene che tale decreto, emanato in forza dell’art. 20 della
legge 15.3.97 n. 59, avrebbe delegificato il procedimento amministrativo di

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organizzazioni sindacali con sentenze della Corte di Cassazione 9 giugno 2009

autorizzazione e concessione della C.I.G.S. e, quindi, tutti i suoi momenti od
atti coordinati e collegati in serie (frase preparatoria, introduttiva, di istruzione
e di decisione), con abrogazione implicita di tutte le disposizioni già vigenti.
2.2.- Ne deriverebbe che le modalità di rotazione e l’indicazione delle
ragioni che eventualmente l’escludono, potrebbero essere indicate non solo

all’esito dell’esame congiunto tra imprenditore ed 0o.ss. sulla crisi aziendale e
sulle conseguenti esigenze di organizzazione della produzione.
2.3.- Nel caso di specie, le parti sindacali avevano raggiunto un accordo
circa le modalità della rotazione il 18.3.03, all’esito dell’esame congiunto, dopo
che Fiat nel dicembre 2002 aveva aderito al più generale accordo di
programma, il cui perfezionamento costituiva la base per l’assunzione di
impegni amministrativi da parte del Governo a supporto del superamento
della più generale crisi aziendale. Avrebbe dunque errato il giudice di merito a
ritenere preminente il presupposto formale della comunicazione e
consultazione rispetto al contenuto dell’accordo raggiunto con le 0o.ss. il
18.3.03, che assumeva invece valore sanante; ne sarebbe, infatti, rimasta
esclusa la possibilità per le parti stipulanti di elaborare in corso di trattativa
diversi criteri di gestione della crisi.
2.4.- Conseguenza di tale erronea preminenza assegnata al dato
formale, sarebbe stata la disapplicazione del verbale di esame congiunto del
Ministero del Lavoro del 5.12.02 (avente natura di atto pubblico a contenuto
certificativo, costituente prova della procedura di consultazione svolta con la
mediazione governativa.
2.5.- La comunicazione 31.10.02 di avvio della procedura di C.I.G.S., che
fissava il criterio di scelta nelle esigenze tecniche, organizzative e produttive, in
relazione alle esigenze professionali e funzionali, era comunque idonea allo
scopo di esternare le intenzioni del datore di lavoro in ordine alle ricadute del
programma di superamento della crisi aziendale in relazione alla situazione dei
singoli lavoratori, pur residuando la possibilità di procedere a specificazione in

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con la comunicazione di apertura della procedura inviata alle 0o.Ss., ma anche

sede di esame congiunto, all’esito dell’acquisizione da parte delle oo.ss. di una
completa informazione.
In ogni caso, avrebbe dovuto valutarsi in concreto la posizione
soggettiva del dipendente, in quanto, ove pure per ragioni formali fosse
dichiarata illegittima tutta la procedura, pur tuttavia avrebbe dovuto valutarsi

scelta concretamente indicati ab initio nella comunicazione di avvio della
procedura sindacale.
3.- Per quanto riguarda la questione principale posta nel ricorso, deve
osservarsi che la legge 23.7.1991 n. 223 — che introduce una visione organica
della C.I.G.S., ricollegandone la fruizione a particolari requisiti soggettivi
dell’impresa e all’esistenza di uno stato di crisi aziendale, nonché alla
proposizione da parte dell’imprenditore di precisi programmi, limitati nel
tempo — prevede che dopo l’accertamento dello stato di crisi e l’approvazione
dei programmi e per tutta la loro durata, all’esito di una articolata procedura, il
Ministero del Lavoro con decreto conceda il trattamento straordinario di
integrazione salariale (artt. 1-2).
Il datore di lavoro deve scegliere i lavoratori da collocare in C.I.G.S.
adottando meccanismi di rotazione tra i dipendenti che svolgono le stesse
mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata. I “criteri di
individuazione dei lavoratori” e “le modalità della rotazione” sono oggetto di
consultazione sindacale, in forza del dettato normativo, che impone la loro
comunicazione alle 0o.ss. e l’esame congiunto di cui all’art. 5 della I. 20.5.75 n.
164. Qualora il datore, per ragioni di carattere tecnico-organizzativo, non
intenda attuare la rotazione dovrà indicarne i motivi nel programma di
ristrutturazione (art. 1, c. 7-8, della legge 223).
Il Ministro del lavoro, pur approvando il programma e concedendo la
cassa integrazione, può ritenere non giustificata la non adozione della
rotazione e promuovere un incontro tra le parti. Ove non si pervenga ad un
accordo entro tre mesi dalla concessione del trattamento di integrazione il

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se la risoluzione di collocare i lavoratori in C.I.G.S. fosse coerente con i criteri di

Ministro stabilisce l’adozione di meccanismi di rotazione sulla base delle
proposte formulate dalle parti (c. 8, secondo periodo).
4.- Su tale assetto intervenne il d.P.R. 10.6.00 n. 218, emanato per
delega conferita dall’art. 20 della legge di semplificazione amministrativa

come regolato dalla I. n. 223 del 1991 — tra quelli sottoposti a delegificazione
mediante regolamento emesso ai sensi dell’art. 17, c. 2, della I. 23.8.88 n. 400
(art. 20, e. 8, in relazione al n. 90 dell’allegato 1 alla legge stessa).
5.- I rapporti tra le due fonti sono stati definiti dalla giurisprudenza di
questa Corte nel senso che la disciplina del d.P.R. 218 non abroga la legge n.
223 del 1991 e lascia, quindi, intatti gli oneri di comunicazione fissati dall’art. 1
di quest’ultima. Il d.P.R. n. 218 non incide, infatti, sulle disposizioni del
combinato disposto dell’art. 5 della legge n. 164 del 1975 e dell’art. 1, c. 7,
della legge n. 223 del 1991 — riguardanti l’obbligo datoriale di comunicare in
avvio della procedura per l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i
criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità di
rotazione poste da tali disposizioni in capo dell’imprenditore — atteso che la
disciplina da esso fissata attiene alla fase propriamente amministrativa del
procedimento di concessione della integrazione salariale (Cass. 28.11.08 n.
28464).
Può, dunque, affermarsi con questa impostazione (poi ripresa da
numerose altre sentenze, tra le quali v. Cass. 31.1.11 n. 2155, n. 2156, n. 2157,
Cass. 21.2.11 n. 4151 e 4152) che per la scelta dei lavoratori da porre in cassa
integrazione, la legge n. 223 del 1991, art. 1, c. 7, prescrive che il datore di
lavoro comunichi alle 0o.Ss. i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, in
relazione a quanto previsto dall’art. 5 della legge n. 164 del 1975. Tale
disposizione tutela, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli
lavoratori e le prerogative delle 0o.Ss., anche dopo l’entrata in vigore della
disciplina del d.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, la quale non abroga o modifica le
suddette disposizioni ma solo regola diversamente il procedimento
amministrativo, di rilevanza pubblica, di concessione di integrazione salariale.

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15.3.97 n. 59, che inserì il procedimento per la concessione della C.I.G.S. –

Ad analoga conclusione questa Corte è pervenuta per quel che riguarda
gli obblighi di rilevanza collettiva del datore (art. 1, c. 7-8, della legge n. 223),
precisando che la detta normativa regolamentare non ha spostato
l’informazione sui criteri di scelta e sulle modalità della rotazione dal momento

dell’esame congiunto, in quanto, altrimenti, il contenuto della norma di cui
all’art. 2 del d.P.R. n. 218 cit. sarebbe estraneo all’esigenza di semplificazione
del procedimento amministrativo e avrebbe come conseguenza solo
l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con compressione dei diritti di
informazione spettanti al sindacato, dando luogo ad un sistema di
consultazione sindacale palesemente inadeguato (Cass. 9.6.09 n. 13240 e
1.7.09 n.15393, entrambe emanate a conclusione del procedimento per
condotta antisindacale promosso dalle 0o.ss. nei confronti di Fiat con
riferimento alla procedura di C.I.G.S. ora in esame avviata con la
comunicazione del 31.10.02).
6.- Sulla base di queste considerazioni, all’esito dell’esame delle
questioni di cui sopra, può ritenersi corretto l’assunto del giudice di merito che
— pur dopo l’entrata in vigore del d.P.R. n. 218 del 2000 — la comunicazione che
il datore, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 164 del 1975, è tenuto a dare alle
rappresentanze sindacali aziendali debba contenere l’indicazione dei criteri di
individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione, i
quali solo successivamente dovranno costituire oggetto del successivo esame
congiunto.
7.- Consegue l’irrilevanza della questione attinente il rilievo assegnato
alla documentazione di provenienza ministeriale. Ove si ritenga che criteri di
individuazione e modalità di rotazione debbono essere indicate ab initio nella
comunicazione di avvio, è superfluo esaminare la tesi che assegna valore
asseverativo ad un documento che attesta che quell’indicazione è avvenuta
solo in un momento successivo, e cioè in sede di esame congiunto.
8.- Neppure può sostenersi che l’accordo 18.3.03.7.03 avrebbe sanato
ogni eventuale vizio della procedura attivata con la lettera 31.10.02.

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iniziale della comunicazione di avvio a quello immediatamente successivo

In proposito va precisato che la giurisprudenza richiamata dalla
ricorrente (Cass. 2.8.04 n. 14721, 21.8.03 n. 12307 ed altre) parte dal
presupposto che l’accordo sia esaustivo delle esigenze conoscitive e di
esternazione imposte dal combinato normativo degli artt. 5 della legge n. 164

formalismo imporre al datore di comunicare alle 0o.ss. quei criteri di selezione
che proprio con esse ha elaborato (Cass. 3.5.04 n. 8353). Nel caso di specie,
tuttavia, l’accordo — intervenuto a procedura già iniziata e quando centinaia di
lavoratori erano già posti in cassa integrazione — si limita a formulare un
sistema di rotazione a partire dall’aprile 2003, senza indicare il procedimento
di individuazione dei soggetti interessati, il che esclude quel carattere
esaustivo sopra rilevato.
Inoltre, per il fatto di essere intervenute a procedura già iniziata, le
modalità concordate in sede di accordo non soddisfano l’essenziale esigenza
cui la preventiva comunicazione è preposta, e cioè quella di consentire (non
solo alle 0o.ss. di confrontarsi sul punto, ma anche) ai lavoratori coinvolti —
tanto prima che dopo il raggiungimento dell’accordo — di verificare se l’utilizzo
della cassa integrazione da parte del datore sia coerente al programma di
superamento della crisi adottato e, quindi, di consentire la tutela della loro
posizione individuale, nella sostanza controllando il potere del datore di
collocarli in cassa integrazione (v. anche Cass. 10.5.10 n. 11254).
9.- Escludendo il carattere sanante dell’accordo 18.3.03 ed assegnando
natura ostativa alle omissioni della comunicazione, il giudice di merito si è
attenuto al principio pacifico, affermato da Cass., S.u., 11.5.00 n. 302, secondo
cui in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione
di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale
che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di
sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore, sia che
intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta
di comunicare alle 0o.Ss., ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri,
eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che

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e dell’art. 1, c. 7-8, della legge n. 223, in quanto in tal caso sarebbe solo inutile

debbono essere sospesi (in base al combinato disposto degli artt. 1, c. 7, legge
223 del 1991, e 5, c. 4-5, legge n. 164 del 1975). Ove l’illegittimità può essere
fatta valere dai lavoratori davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per
ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata.
10.- Quanto all’incidenza della comunicazione 31.10.82 sulla posizione

precisato che “i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere …”, di cui
all’art. 1 della legge n. 223 del 1991, debbono essere connotati dal requisito
della specificità, ovvero, dalla “idoneità dei medesimi ad operare la selezione e
nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai
criteri”, precisandosi che l’aggettivazione “non individua una specie
nell’ambito del genere criterio di scelta ma esprime la necessità che esso sia
effettivamente tale, e cioè in grado di operare da solo la selezione dei soggetti
da porre in cassa integrazione”, atteso che “un criterio di scelta generico non è
effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico
indirizzo nella scelta” (v. Cass. 1.7.09 n. 15393, che richiama Cass. 23.4.04 n.
7720, e fa chiaro riferimento a S.u. n. 302 del 2000, citata).
Tale specificità non è stata riscontrata dal giudice di merito, che —
analizzando il contenuto specifico dei documenti in considerazione — ha
ritenuto non evidenziato con sufficiente specificità il percorso aziendale che ha
portato all’individuazione dei singoli lavoratori da sospendere in cassa
integrazione, il quale pure faceva riferimento ai lavoratori adibiti alla
produzione di un singolo modello di vettura.
Trattasi di valutazioni di merito che, in quanto congruamente motivate,
non sono suscettibili di censura in sede di legittimità.
11. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato. La
società ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del
presente giudizio, liquidate in C 50,00 per esborsi e C 1.000 per compensi
compensi professionali, oltre accessori, sulla base del d.m. 20.07.12 n. 140,
con riferimento al valore corrispondente alla somma della complessiva
soccombenza di parte convenuta determinata dal giudice di merito; spese da

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del ricorrente deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha

distrarsi in favore del difensore della controricorrente dichiaratosi
antistatario.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento

compensi professionali, oltre accessori, da distrarsi all’avv. Bruno Cossu
antistatario.
Così deciso il giorno 13 giugno 2013
Il Psidente relitore ed stensore ,

• , ,,artb Giudiziario

delle spese del presente giudizio liquidate in C 50,00 per esborsi e C 1.000 per

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