Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20086 del 23/09/2010

Cassazione civile sez. II, 23/09/2010, (ud. 11/06/2010, dep. 23/09/2010), n.20086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.S., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dagli Avv. TIEGHI Roberto e Francesco

Giuliani, elettivamente domiciliato nel loro studio in Roma, Via

Sicilia, n. 66;

– ricorrente –

contro

BANCA D’ITALIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al

ricorso, dagli Avv. OLINA CAPOLINO e Giuseppe Agresti, elettivamente

domiciliata presso gli stessi in Roma, Via Nazionale, n. 91;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma in data 21 maggio

2008.

Udita. la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11 giugno 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentiti l’Avv. Andrea Aliberti, per delega dell’Avv. Roberto Tieghi,

e l’Avv. Giuseppe Agresti;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso: “nulla osserva”.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Consigliere designato ha depositato, in data 15 dicembre 2009, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: “Con Delib. Direttorio 22 settembre 2006, la Banca d’Italia ha applicato al Dott. F.S., in qualità di ex direttore amministrativo del Credito Agricolo Industriale, due sanzioni amministrative pecuniarie di Euro 7.000,00 ciascuna, e così per complessivi Euro 14.000,00 per violazione del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 53, comma 1, lett. d), e delle relative Istruzioni di vigilanza, sotto i profili di carenze nell’istruttoria, erogazione, gestione e controllo delle pratiche di fido e di carenze nell’organizzazione e nei controlli interni.

Con decreto in data 21 maggio 2008, la Corte d’appello di Roma ha respinto l’opposizione proposta dall’interessato avverso detto provvedimento sanzionatorio, condannandolo al pagamento delle spese processuali.

La Corte territoriale ha respinto tutte le censure mosse dall’opponente: l’attribuibilità dei rilievi ispettivi esclusivamente alla nuova gestione del Credito Agricolo Industriale (primo motivo); l’estraneità dell’ingiunto rispetto alla valutazione del merito creditizio degli affidamenti (secondo mezzo);

l’addebitabilità in via esclusiva all’ufficio crediti e ad altre strutture della banca della responsabilità per l’effettuazione (o la mancata effettuazione) dei controlli (terzo motivo); il vizio di motivazione del provvedimento impugnato per essere lo stesso costituito esclusivamente da parafrasi del contenuto della contestazione (quarto motivo); l’eccesso di potere del provvedimento impugnato per travisamento dei fatti (quinto mezzo).

Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il F. ha proposto ricorso, sulla base di quattro motivi.

L’intimata Banca d’Italia ha resistito con controricorso.

Il primo mezzo denuncia “illegittimità dell’intera procedura sanzionatoria; violazione del combinato disposto della L. n. 262 del 2005, art. 24, comma 1, degli art. 1, comma 1, art. 7, comma 1, art. 8, commi 1 e 2, nonchè della L. n. 241 del 1990, art. 10”.

Con il secondo motivo si censura “violazione della L. n. 262 del 2005, art. 24, comma 1, con riguardo al principio del contraddittorio che deve ispirare gli atti sanzionatori e la relativa procedura di emissione degli stessi”.

11 terzo motivo è rubricato “violazione del principio della distinzione tra le funzioni istruttorie e le funzioni decisorie di cui alla L. n. 262 del 2005, art. 24, comma 1. Violazione del provvedimento di Banca d’Italia del 27 aprile 2006”.

Con il quarto mezzo si prospetta “difetto di motivazione in merito all’applicazione delle sanzioni. Violazione del combinato disposto della L. n. 262 del 2005, art. 24, comma 2, della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, nonchè del provvedimento di Banca d’Italia del 27 aprile 2006″.

Tutti e quattro motivi sono inammissibili, perchè con essi vengono prospettati, per la prima volta, vizi dell’atto irrogativo della sanzione non dedotti con l’atto di opposizione dinanzi alla Corte d’appello. L’opposizione avverso il provvedimento sanzionatorio emesso dalla Banca d’Italia costituisce l’atto introduttivo di un giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria, il cui oggetto è delimitato, per l’opponente, dalla causa, petendi fatta valere con l’opposizione stessa; ne consegue che l’opponente non può dedurre per la prima volta in cassazione ragioni di illegittimità dell’atto irrogativo della sanzione non fatte valere tempestivamente dinanzi al competente giudice di merito.

Sussistono, quindi, le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 1.400,00 di cui Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010

 

 

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