Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20084 del 02/09/2013

Civile Sent. Sez. L Num. 20084 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 18299-2011 proposto da:
A.A.
– ricorrentecontro

XX S.P.A.02999420272, in persona del
legale rappresentante pro tempore,

studio dell’avvocato MANZI ANDREA, che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati LEONI ANDREA, CONTI
STEFANO, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 96/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/05/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato FABBRI FRANCESCO;
udito l’Avvocato MANZI FEDERICO,’ per delega MANZI
ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

di VENEZIA, depositata il 06/04/2011, r.g.n. 294/08;

Udienza del 16 maggio 2013 — Aula A
n. 15 del ruolo—RG n. 18299/11
Presidente: Roselli – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello di A.A. della
avverso la sentenza del Tribunale di Verona n. 10/2008, a sua volta di rigetto della domanda
dell’A.A. volta ad ottenere: 1) la dichiarazione dell’illegittimità-nullità ed inefficacia del
licenziamento irrogatogli dalla XX s.p.a.; 2) la condanna della suindicata società a
reintegrarlo nel posto di lavoro occupato; 3) la condanna ella società stessa al risarcimento dei danni
conseguenti al licenziamento.
La Corte d’appello di Venezia, per quel che qui interessa, precisa che:
a) tutte le censure dell’appellante si incentrano sull’assunto secondo cui il primo giudice
avrebbe valutato erroneamente le istanze istruttorie laddove ha ritenuto dimostrato che il patto di
prova è stato stipulato prima dell’inizio del rapporto di lavoro, nel contratto di lavoro sottoscritto il
20 maggio 2003;
b) sulla base della ricostruzione dei fatti effettuata dall’A.A., è esatta la statuizione del
Tribunale secondo cui, risultando nel contratto di assunzione — contenente il patto di prova — la data
del il 20 maggio 2003, era onere del ricorrente dimostrare i fatti da lui allegati e, in particolare, la
circostanza che il contratto era stato stipulato il 6 giugno 2003, mentre egli aveva cominciato a
lavorare il 20 maggio 2003;
c) viceversa tale prova non è stata fornita, benché siano state accolte tutte le istanze istruttorie
formulate dal ricorrente, in quanto nessuno dei testi indicati è stato in grado di confermare che il
contratto di lavoro sia stato sottoscritto il 6 giugno 2003 a Padova durante un corso di formazione,
mentre l’attività lavorativa è cominciata anteriormente a Verona;
d) il datore di lavoro, che ha irrogato il licenziamento per esito negativo della prova, ha,
invece, assolto l’onere probatorio a suo carico, dimostrando l’esistenza di un contratto di assunzione
contenente il patto di prova, risultante da atto scritto e avente la stessa data dell’inizio del rapporto
di lavoro (20 maggio 2003);
e) si deve, quindi, concludere che il ricorrente non può dolersi del fatto che il licenziamento
sia stato intimato durante il periodo di prova, visto che la clausola della prova risulta essere stata
validamente stipulata, in quanto contenuta nel contratto di lavoro concluso contestualmente
all’inizio dell’attività lavorativa, nel momento della formazione del consenso tra le parti;
O d’altra parte, come sostiene la società, si deve considerare inammissibile, perché nuova, la
censura, prospettata in appello dal lavoratore, di nullità del patto di prova in quanto esso non era
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

contenuto nella “lettera di impegno” del 24 aprile 2003, con la quale si sarebbe formato il consenso
tra le parti;

h) al riguardo deve essere condiviso l’orientamento della giurisprudenza di legittimità
secondo cui, anche nel rito del lavoro, il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità dell’atto
va necessariamente coordinato con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza tra
chiesto e pronunciato e trova applicazione soltanto quando la nullità si ponga come ragione di
rigetto della pretesa attorea (ad esempio: di esecuzione di un contratto nullo) e non in caso
contrario;
i) benché i profili di inammissibilità indicati siano insuperabili, in ogni caso si può escludere
con certezza, nel merito, la configurabilità della nullità del patto di prova derivante dal fatto che
esso non fosse contenuto nella “lettera di impegno” del 24 aprile 2003, in quanto tale documento
non comportava la conclusione del contratto, ma solo un impegno per la futura conclusione del
contratto stesso, come risulta chiaramente dalla circostanza che, nella lettera, le parti non hanno
manifestato la volontà di apporre un termine iniziale ad un contratto già definito nei suoi elementi
essenziali, si sono solo impegnate a stipulare entro una certa data (20 maggio 2003) un contratto di
lavoro, rinviando al momento della stipula la manifestazione del consenso sulle relative clausole.
2.— Il ricorso di A.A. domanda la cassazione della sentenza per quattro
motivi; resiste, con controricorso, la XX s.p.a., ove prospetta, preliminarmente, profili di
inammissibilità del ricorso per irregolarità della procura alle liti nonché per violazione del principio
di specificità dei motivi del ricorso per cassazione, cui replica il ricorrente nella memoria depositata
ex art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I — Profili preliminari
1.— Va disattesa la preliminare eccezione sollevata dalla XX s.p.a. nel proprio
controricorso riguardo alla asserita nullità della procura rilasciata a margine del ricorso dell’
A.A..
Infatti, da un lato, la procura essendo apposta a margine dell’atto, forma un corpus unico con
quest’ultimo (vedi, fra le tante: Cass. 10 giugno 2011, n. 12861; Cass. 8 marzo 2006 n. 4980; Cass.
6 agosto 2002 n. 11779), sicché il giorno del suo rilascio si deve presumere che coincida con la data
riportata in calce al medesimo ricorso, ricorrendo tutti i presupposti di cui all’art. 83, terzo comma,
cod. proc. civ. Del resto il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua
natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al
giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale l’impugnazione si rivolge. Infatti, la specialità del
mandato è con certezza deducibile, quando dal relativo testo sia dato evincere una positiva volontà
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g) infatti, in primo grado il ricorrente si era limitato ad allegare l’avvenuta conclusione
dell’atto di impegno citato, ma non aveva tratto da tale allegazione la conclusione della nullità del
patto e in mancanza di domanda sul punto la questione non è stata affrontata nella sentenza di primo
grado, né nell’atto di appello A.A. prospetta una omissione di pronuncia sul punto;

del conferente di adire il giudice di legittimità; il che accade nell’ipotesi in cui la procura al
difensore forma materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale essa inerisce,
risultando, in tal caso, irrilevante l’uso di formule normalmente adottate per il giudizio di merito e
per il conferimento al difensore di poteri per tutti i gradi del procedimento (vedi Cass. 31 marzo
2007 n. 8060; Cass. 9 maggio 2007, n. 10539; Cass. 17 dicembre 2009, n. 26504).

II — Sintesi dei motivi di ricorso

Si sostiene che, diversamente da quel che risulta dalla sentenza impugnata, era onere dal
datore di lavoro, che ha intimato il licenziamento per esito negativo della prova, dimostrare
l’esistenza di un patto di prova valido, cioè risultante da atto scritto, anteriore o contestuale
all’inizio del rapporto di lavoro e quindi esistente sin al momento della formazione del consenso tra
le parti.
Nella specie tale momento deve essere identificato con il 24 aprile 2003, data della “lettera di
impegno” all’assunzione, che ha tutte le connotazioni sostanziali e strutturali di un contratto di
lavoro ed è sovrapponibile nel contenuto — tranne che per il patto di prova — alla successiva lettera
di assunzione.
Ebbene, la suddetta prova non è stata fornita visto che la circostanza che la data stampata sul
secondo contratto coincida con quella dell’inizio concreto del’attività lavorativa non è idonea a
dimostrare né la antecedenza né la contestualità dell’accordo scritto rispetto all’esecuzione del
contratto, ben potendo il concreto inizio dell’attività lavorativa essere antecedente alla effettiva
sottoscrizione avvenuta il 20 maggio 2003, con invalidità del patto di prova per intempestività.
3.—Con il secondo motivo si denunciano: 1) in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1367, 1325 e 1326 cod. civ.; 2) in relazione all’art.
360, n.5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, cioè sul valore sostanziale del documento chiamato “lettera di
impegno”.
Si rileva che dalla lettura della “lettera di impegno” si evince con chiarezza che essa contiene
la completa regolamentazione del rapporto, cui si è pervenuti all’esito delle trattative intercorse tra
le parti, come confermato dalla prova testimoniale.
Si aggiunge che, infatti, la successiva “lettera di assunzione” ha lo stesso contenuto della
precedente lettera, con la sola aggiunta del patto di prova.
4.—Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e
falsa applicazione degli artt. 99, 112, 434 e 437 cod. proc. civ., in connessione con l’art. 1421 cod.
civ.

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2.—Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione
e falsa applicazione degli artt. 2697, 2096, 2103 e 2113 cod. civ.

Si contesta la decisione della Corte veneziana nella parte in cui ha considerato inammissibile,
perché nuova, la censura, prospettata in appello dal lavoratore, di nullità del patto di prova in quanto
esso non era contenuto nella “lettera di impegno” del 24 aprile 2003, con la quale si sarebbe
formato il consenso tra le parti.

Si sostiene che tale decisione sia errata in quanto la parte che aveva rivendicato la validità del
patto di prova è la società XX, che su tale base ha sostenuto la legittimità dell’atto di recesso.
In questa situazione, nella quale il lavoratore nel ricorso introduttivo ha allegato la
conclusione dell’atto di impegno — come riconosce la stessa Corte territoriale — avrebbe dovuto
essere la stessa Corte d’appello a rilevare d’ufficio la nullità, visto che la questione relativa alla
validità della clausola era posta a base dell’eccezione della convenuta e non della domanda del
ricorrente, il quale correttamente si era limitato ad allegare il fatto, senza alcuna contestazione al
riguardo della controparte.
5.— Con il quarto motivo si denunciano: 1) in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.,
motivazione contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dalla
prova della data di effettiva sottoscrizione della scrittura privata contenente il patto di prova; 2) in
relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2702 cod. civ.
Si sottolinea che, per un lavoratore esterno all’organizzazione aziendale, è estremamente
problematico dimostrare con certezza quale sia la data di un atto firmato alla presenza di una sola
persona, la quale in sede di deposizione testimoniale ha detto di non ricordare tale data.
L’A.A., ricorrendo ad altre deposizioni testimoniali, è riuscito a provare che: 1) i due
sottoscrittori dell’atto si trovavano uno a Verona e l’altro a Padova; 2) vi era una prassi aziendale di
far firmare le assunzioni molto dopo l’inizio del rapporto.
Ne consegue che per raggiungere la certezza sulla data avrebbe dovuto essere chiesto alla
società di dimostrare con precisione quando era avvenuta la sottoscrizione, mentre ciò non è
accaduto.
III

Esame delle censure

6. I motivi del ricorso — da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione — non
sono da accogliere.

6.1,- Nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, contenuto
nell’intestazione di tutti i motivi, la totalità delle censure si risolvono nella denuncia di vizi di

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Si sottolinea che la Corte territoriale ha affermato, al riguardo, che in primo grado il ricorrente
si era limitato ad allegare l’avvenuta conclusione dell’atto di impegno citato, ma non aveva tratto da
tale allegazione la conclusione della nullità del patto e in mancanza di domanda sul punto la
questione non è stata affrontata nella sentenza di primo grado, né nell’atto di appello A.A.
ha prospettato una omissione di pronuncia sul punto.

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di
riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza
giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo
consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze
probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito
(vedi, tra le tante: Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio
2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n.
18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati acquisiti al
processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza
impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli
elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al
principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui
all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura
della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26
marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12
febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18
settembre 2009, n. 20112).
Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono
congruamente motivate e l’iter logico—argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente
individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.
6.2.- E comunque la decisione risulta conforme alla giurisprudenza di questa Corte dalla quale
si desume che si può sottoscrivere un contratto preliminare del contratto di lavoro subordinato che
non contenga il patto di prova, patto che venga poi inserito nel contratto di lavoro definitivo, purché
l’inizio della prestazione lavorativa sia successivo o contemporaneo alla sottoscrizione del contratto
definitivo (ex plurimis: Cass. 2 novembre 1998, n. 10961; Cass. 26 luglio 2002 n. 11122; Cass. 11
gennaio 2011, n. 458).
In applicazione di tale principio la Corte d’appello ha correttamente escluso che fosse
configurabile la nullità del patto di prova per il fatto che esso non era contenuto nella “lettera di
impegno” del 24 aprile 2003, sottolineando che tale documento non comportava la conclusione del
contratto, ma solo un impegno per la futura conclusione del contratto stesso.
A tale conclusione la Corte veneziana è pervenuta — all’esito di un apprezzamento di fatto
riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato,
come accade nella specie — sull’assunto secondo cui nella suddetta lettera le parti non hanno
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motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai
fini della ricostruzione dei fatti.

chiaramente manifestato la volontà di apporre un termine iniziale ad un contratto già definito nei
suoi elementi essenziali, essendosi solo impegnate a stipulare entro una certa data (20 maggio 2003)
un contratto di lavoro, rinviando al momento della stipula la manifestazione del consenso sulle
relative clausole.
La distribuzione dell’onere della prova tra le parti risulta del tutto coerente a tale ricostruzione
dei fatti, correttamente motivata.

Per le medesime ragioni non è censurabile nel presente giudizio di cassazione anche la
contestata dichiarazione di inammissibilità — per novità — della censura, prospettata dal lavoratore in
appello, di nullità del patto di prova, in quanto esso non era contenuto nella “lettera di impegno” del
24 aprile 2003, con la quale si sarebbe formato il consenso tra le parti.
Tale statuizione — anch’essa congruamente motivata — poggia sulla interpretazione degli atti
difensivi delle parti, che è di competenza del giudice del merito.
Nella descritta situazione, le doglianze mosse dal ricorrente si risolvono sostanzialmente nella
prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già
valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si
traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile
in sede di legittimità.

IV — Conclusioni
7.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione —
liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di cassazione, liquidate in euro 50,00 (cinquanta/00) per esborsi, euro 2000,00
(duemila/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 16 maggio 2013.

D’altra parte, la valutazione del materiale probatorio, per quel che si è detto, è incensurabile
in questa sede.

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