Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2008 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 29/01/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 29/01/2020), n.2008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6802-2014 proposto da:

D.G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ANGELOZZI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, CARLA

D’ALOISIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1166/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/03/2013 R.G.N.; 6975/2008.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 13.3.2013, la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di D.G.M. volta all’accredito della contribuzione figurativa dovuta in suo favore dal Fondo per l’addestramento professionale in relazione all’attività di apprendista artigiano da lui svolta nel periodo 1975-1977 a beneficio della ditta F.C.;

che avverso tale pronuncia D.G.M. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura; che l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 416 e 437 c.p.c., in relazione agli artt. 112 e 132 c.p.c., per non avere la Corte di merito reso motivazione alcuna sull’eccezione di inammissibilità del gravame da lui sollevata per avere l’INPS mutato in appello le prospettazioni difensive svolte in primo grado e non aver considerato ormai intangibile, siccome non contestato in prime cure, l’accertamento circa la natura artigiana dell’impresa a beneficio della quale egli aveva prestato la propria attività lavorativa, peraltro evincibile dalla documentazione acquisita agli atti;

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione del combinato disposto dell’art. 115 c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione alla L. n. 25 del 1955, artt. 25 e 28 e della L. n. 264 del 1949, art. 62 per non avere la Corte territoriale ritenuto che, dovendosi considerare incontestata la natura artigiana della ditta C., doveva nella specie trovare applicazione il principio dell’automaticità della contribuzione di cui alla L. n. 25 del 1955, art. 28 al cui accredito doveva provvedere il Fondo per l’addestramento professionale di cui alla L. n. 264 del 1949, art. 62;

che, con riguardo al primo motivo, è consolidato il principio di diritto secondo cui non sono inammissibili quei motivi di impugnazione con i quali il convenuto, soccombente nel giudizio di primo grado, eccepisca la mancanza della prova del diritto controverso, atteso che la doglianza proposta dall’appellante non costituisce eccezione in senso tecnico ma una mera sollecitazione dei poteri ufficiosi del giudice, il quale deve rilevare d’ufficio la mancanza della prova dei fatti posti a base della pretesa dell’attore (così, tra le innumerevoli, Cass. n. 10475 del 2003, 3284 del 2004, 4545 del 2009, 12706 del 2012), con l’ovvia esclusione di quei fatti che, in ragione della pregressa non contestazione, siano stati espunti dal thema probandum (Cass. n. 4854 del 2014);

che, sotto altro ma concorrente profilo, è del pari consolidato il principio secondo cui l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti (così da ult. Cass. n. 87 del 2019, sulla scorta di Cass. n. 14652 del 2016), e concerne precipuamente i fatti oggetto di compiuta allegazione negli atti introduttivi, non estendendosi nè ai giudizi, nè a tutte quelle attività valutative compiute dalla parte che comportino il confronto di un certo fatto con regole di matrice legale o negoziale (così, fra le più recenti, Cass. n. 23445 del 2019), nè a fortiori ai documenti, rispetto ai quali esiste solo un onere di eventuale disconoscimento nei casi di cui all’art. 214 c.p.c. o di proporre – se del caso – querela di falso ex art. 221 c.p.c., mentre la loro significatività o valenza probatoria può essere oggetto di discussione fra le parti in ogni momento, così come può essere autonomamente valutata dal giudice (in tal senso, da ult., Cass. n. 5708/2018);

che, applicando i suesposti principi alla fattispecie in esame, balza evidente anzitutto l’infondatezza del motivo di censura in esame, non avendo certamente l’INPS alcun onere di contestare un fatto ad esso ignoto e per di più necessariamente oggetto di attività valutativa da compiere sui documenti allegati al ricorso introduttivo del giudizio, come appunto la natura artigiana dell’impresa presso la quale l’odierno ricorrente aveva prestato attività di apprendista, e ben potendo, per contro, sollevare la questione anche in appello, costituendo la natura artigiana dell’impresa elemento del fatto costitutivo del diritto ad ottenere la l’accredito della contribuzione figurativa da parte del Fondo per l’addestramento professionale;

che, nel resto, il motivo è inammissibile, pretendendo di veicolare nel giudizio di legittimità richieste di riesame della documentazione acquisita nelle fasi di merito al fine di provare la natura artigiana dell’impresa de qua;

che l’infondatezza del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, siccome erroneamente costruito sul presupposto che la natura artigiana dell’impresa dovesse ritenersi incontestata e comunque provata;

che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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