Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20075 del 02/09/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 20075 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: MASSERA MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso 1690-2013 proposto da:
ACIERNO ALBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
2013

PIAZZALE DEGLI EROI 8, presso lo studio dell’avvocato

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CARNEVALI LARA, rappresentato e difeso dagli avvocati
CORSO GUIDO, WOLLEB ALBERTO, per delega a margine del
ricorso;

Data pubblicazione: 02/09/2013

- ricorrente contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO
MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

avverso la sentenza n. 153/A/2012 della CORTE DEI
CONTI – Sezione giurisdizionale d’appello per la
regione siciliana PALERMO, depositata il
21/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. MAURIZIO
MAS SERA;
udito l’Avvocato Guido CORSO;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

controricorrente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – La Procura regionale della Corte dei conti della Sicilia trasse a giudizio
avanti alla Sezione Giurisdizionale per la medesima regione Alberto
Acierno, Direttore Generale della Fondazione Federico II con sede in
Palermo, ritenendolo responsabile di illeciti amministrativi contabili
commessi nell’espletamento dell’incarico, che avevano arrecato danno
alla Fondazione.

condannò l’Acierno a pagare in favore della Fondazione la somma di €.
102.102,48 per improprio utilizzo di carte di credito e prelievo di denaro
contante.
3 – Pronunciando sull’impugnazione dell’Acierno, con sentenza in data 21
maggio 2012 – 24 luglio 2013 la Sezione giurisdizionale d’appello per la
Regione siciliana della Corte dei conti rigettò il gravame.
La Sezione osservò per quanto interessa: sussisteva la giurisdizione
contabile in virtù della natura pubblica delle risorse utilizzate e
dell’interesse perseguito; mancavano i presupposti di pregiudizialità ai
sensi dell’art. 295 c.p.c. necessari per sospendere il giudizio contabile
fino alla definizione del giudizio penale in cui l’Acierno era imputato di
peculato; risultava provato per tabulas che l’appellante aveva utilizzato
risorse della Fondazione per effettuare spese non riconducibili ad attività
istituzionali e prive di formale documentazione giustificativa, utilizzando
carte di credito aziendali.
4 – Avverso la suddetta sentenza l’Acierno ha proposto ricorso per
cassazione affidato a due motivi.
La Procura generale presso la Sezione giurisdizionale d’appello per la
Regione Siciliana ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 – Il primo motivo eccepisce difetto di giurisdizione (art. 362 c.p.c.).
Il ricorrente premette che la Corte dei conti, pur riconoscendo la natura
privata della Fondazione Federico II, ha affermato la propria giurisdizione
in virtù della natura pubblica delle risorse utilizzate.
Assume che, ai fini del corretto riparto tra giurisdizione ordinaria e
giurisdizione contabile, è decisiva la natura del soggetto danneggiato,
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nella specie un fondazione privata (promossa, non istituita, dalla Regione
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2 – Con sentenza in data 8 agosto 2011 la Sezione giurisdizionale

siciliana) che, in ragione della sua struttura, non ha soci, né pubblici, né
privati.
Aggiunge che non è neppure esatto che le risorse gestite dalla
Fondazione siano pubbliche, dal momento che la Regione ha versato solo
il fondo iniziale di £. 2000 milioni e non anche i contributi annui di £. 500
milioni e che la maggior parte dei ricavi della Fondazione sono dovuti a
vendite, servizi aggiuntivi, sponsorizzazioni, editoria, mostre, concerti,
ecc.
impugnata e obietta che: a) la Fondazione Federico II è stata istituita con
legge regionale “al fine della più ampia conoscenza e della diffusione
dell’attività degli organi istituzionali della Regione e dell’Assemblea in
particolare, dei valori e del patrimonio culturale della Sicilia”; b) la
Regione concorre alla formazione del patrimonio; c) in caso di cessazione
dell’attività il Patrimonio della Fondazione, comunque acquisito, sarà
devoluto alla Regione; d) gli organi di governo sono costituiti
prevalentemente da componenti dell’Assemblea regionale con durata in
carica corrispondente alla durata effettiva della legislatura dell’Assemblea
regionale; e) nella risorse finanziarie della Fondazione confluiscono varie
somme riscosse per servizi aggiuntivi, quali la fruizione del flusso turistico
e la biglietteria del Palazzo dei Normanni e della Cappella Palatina,
appartenenti al patrimonio indisponibile della Regione.
1.3 – Queste Sezioni Unite hanno ripetutamente affermato (Cass. Sez.
Un. 31 luglio 2012, n. 13619; 19 dicembre 2009, n. 26806) che esula
dall’ambito della giurisdizione contabile la responsabilità degli
amministratori delle società pubbliche (e – a fortiori – delle società
private), quando il pregiudizio è risentito dal patrimonio di queste.
Conseguentemente spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine
all’azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione
pubblica per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei
dipendenti, non essendo in tal caso configurabile, avuto riguardo
all’autonoma personalità giuridica della società, né un rapporto di servizio
tra l’agente e l’ente pubblico titolare della partecipazione, né un danno
direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico, idonei a
radicare la giurisdizione della Corte dei conti.
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1.2 – La Procura generale difende la correttezza della sentenza

1.4 – Il limite esterno della giurisdizione della Corte dei conti ha rilevanza
costituzionale poiché discende dal disposto dell’art. 103 Cost., comma 2,
a tenore del quale “la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di
contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”.
Al di fuori delle materie di contabilità pubblica, e quindi anche in tema di
responsabilità, occorre dunque che la giurisdizione della Corte dei conti
abbia il suo fondamento in una specifica disposizione di legge. In termini
generali, il contenuto e i limiti della giurisdizione della Corte dei conti in
R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 13, secondo cui la Corte giudica sulla
responsabilità per danni arrecati all’erario da pubblici funzionari
nell’esercizio delle loro funzioni. Tali limiti sono stati successivamente
ampliati dalla L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 4, che ha esteso
il giudizio della Corte dei conti alla responsabilità di amministratori e
dipendenti pubblici anche per danni cagionati ad amministrazioni o enti
pubblici diversi da quelli di appartenenza. La giurisdizione di detta Corte
non è, quindi, circoscritta alla sola ipotesi di responsabilità contrattuale
dell’agente, ma può esplicarsi anche in caso di responsabilità aquiliana.
La più recente evoluzione dell’ordinamento ha reso i confini tra
giurisdizione contabile e giurisdizione ordinaria meno chiari, da un lato
incanalando sovente le finalità della pubblica amministrazione in ambiti
tipicamente privatistici, dall’altro affidando con maggiore frequenza a
soggetti privati la realizzazione di finalità una volta ritenute di pertinenza
esclusiva degli organi pubblici. In quest’ottica anche le Sezioni Unite della
Cassazione, per evitare il rischio di un sostanziale svuotamento – o
almeno di un grave indebolimento – della giurisdizione della Corte
contabile in punto di responsabilità, ha teso a privilegiare un approccio
più “sostanzialistico”, sostituendo ad un criterio eminentemente
soggettivo, che identificava l’elemento fondante della giurisdizione della
Corte dei conti nella condizione giuridica pubblica dell’agente, un criterio
oggettivo che fa leva sulla natura pubblica delle funzioni espletate e delle
risorse finanziarie a tal fine adoperate. Si è perciò affermato che, quando
si discute del riparto della giurisdizione tra Corte dei conti e giudice
ordinario, occorre aver riguardo al rapporto di servizio tra l’agente e la
pubblica amministrazione, ma che per tale può intendersi anche una
relazione con la pubblica amministrazione caratterizzata dal fatto di
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tema di responsabilità trovano la loro base normativa nella previsione del

investire un soggetto, altrimenti estraneo all’amministrazione medesima,
del compito di porre in essere in sua vece un’attività, senza che rilevi né
la natura giuridica dell’atto di investitura – provvedimento, convenzione o
contratto – né quella del soggetto che la riceve, sia essa una persona
giuridica o fisica, privata o pubblica (Sez. Un. 3 luglio 2009, n. 15599; 31
gennaio 2008, n. 2289; 22 febbraio 2007, n. 4112; 20 ottobre 2006, n.
22513; 5 giugno 2000, n. 400; Sez. un., 30 marzo 1990, n. 2611.
responsabilità erariale conseguente all’illecito o indebito utilizzo, da parte
di una società privata, di finanziamenti pubblici (Sez. Un 25 gennaio
2013, n. 1774; 9 gennaio 2013, n. 295, 5 giugno 2008, n. 14825) o per
la responsabilità in cui può incorrere il concessionario privato di un
pubblico servizio o di un’opera pubblica, quando la concessione investa il
privato dell’esercizio di funzioni obiettivamente pubbliche, attribuendogli
la qualifica di organo indiretto dell’amministrazione, onde egli agisce per
le finalità proprie di quest’ultima (Sez. Un., n. 4112/07, cit.).
Nella medesima ottica, a partire dal 2003, le Sezioni Unite hanno ritenuto
spettare alla Corte dei conti, dopo l’entrata in vigore della L. n. 20 del
1994, art. 1, u.c., la giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto la
responsabilità di privati funzionari di enti pubblici economici (quali, ad
esempio, i consorzi per la gestione di opere) anche per i danni
conseguenti allo svolgimento dell’ordinaria attività imprenditoriale e non
soltanto per quelli cagionati nell’espletamento di funzioni pubbliche o
comunque di poteri pubblicistici (Sez. Un., 22 dicembre 2003, n. 19667).
Si è sottolineato che si esercita attività amministrativa non solo quando si
svolgono pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando, nei
limiti consentiti dall’ordinamento, si perseguono le finalità istituzionali
proprie dell’amministrazione pubblica mediante un’attività disciplinata in
tutto o in parte dal diritto privato; con la conseguenza – si è precisato che, nell’attuale assetto normativo, il dato essenziale che radica la
giurisdizione della corte contabile è rappresentato dall’evento dannoso
verificatosi a carico di una pubblica amministrazione e non più dal quadro
di riferimento – pubblico o privato – nel quale si colloca la condotta
produttiva del danno (Sez. Un., 25 maggio 2005, n. 10973; 20 giugno
2006, n. 14101; 1 marzo 2006, n. 4511; Cass. 15 febbraio 2007, n.
3367).
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E’ ricompreso nella giurisdizione contabile anche l’accertamento della

Se quanto appena osservato vale certamente per gli enti pubblici
economici, i quali restano nell’alveo della pubblica amministrazione pur
quando eventualmente operino imprenditorialmente con strumenti
privatistici, occorre stabilire entro quali limiti alla medesima conclusione
si debba pervenire anche nel diverso caso della responsabilità di
amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente
pubblico. Le quali non perdono la loro natura di enti privati per il solo
dallo Stato o da altro ente pubblico.
La giurisprudenza ha chiarito che la scelta della pubblica amministrazione
di acquisire partecipazioni in società private implica il suo
assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta.
Dall’identità dei diritti e degli obblighi facenti capo ai componenti degli
organi sociali di una società a partecipazione pubblica, pur quando
direttamente designati dal socio pubblico, logicamente discende la
responsabilità di detti organi nei confronti della società, dei soci, dei
creditori e dei terzi in genere, nei medesimi termini – contemplati dagli
artt. 2392 c.c. e segg. – in cui tali diverse possibili proiezioni della
responsabilità sono configurabili per gli amministratori e per gli organi di
controllo di qualsivoglia altra società privata.
Tuttavia non resta esclusa in via definitiva anche la proponibilità
dell’azione del procuratore contabile, tesa a far valere la responsabilità
dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società
partecipata dall’ente pubblico quando questo sia stato direttamente
danneggiato dall’azione illegittima.
Ma il danno inferto dagli organi della società al patrimonio sociale, che nel
sistema del codice civile può dar vita all’azione sociale di responsabilità
ed eventualmente a quella dei creditori sociali, non è idoneo a
configurare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della
Corte dei conti perché non implica alcun danno erariale, bensì
unicamente un danno sofferto da un soggetto privato (appunto la
società), riferibile al patrimonio appartenente soltanto a quel soggetto e
non certo ai singoli soci – pubblici o privati – i quali sono unicamente
titolari delle rispettive quote di partecipazione e i cui originari
conferimenti restano confusi e assorbiti nell’unico patrimonio sociale.
L’esattezza di tale conclusione trova conferma anche nell’impossibilità di
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fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti

realizzare, altrimenti, un soddisfacente coordinamento sistematico tra
l’ipotizzata azione di responsabilità dinanzi giudice contabile e l’esercizio
delle azioni di responsabilità (sociale e dei creditori sociali) contemplate
dal codice civile. L’azione del procuratore contabile ha presupposti e
caratteristiche completamente diverse dalle azioni di responsabilità
sociale e dei creditori sociali contemplate dal codice civile: basta dire che
l’una è obbligatoria, le altre discrezionali; l’una ha finalità essenzialmente
pregiudizio subito dal patrimonio danneggiato dalla mala gestio
dell’amministratore o dall’omesso controllo del vigilante), le altre hanno
scopo ripristinatorio; l’una richiede il dolo o la colpa grave, e solo in
determinati casi è esercitabile anche contro gli eredi del soggetto
responsabile del danno; per le altre è sufficiente anche la colpa lieve ed il
debito risarcitorio è pienamente trasmissibile agli eredi.
1.5 – In definitiva, l’excursus che precede dimostra che – ai fini del
reparto di giurisdizione – non è rilevante il carattere soggettivo, quanto
piuttosto la natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse
finanziarie a tal fine adoperate.
1.6 – E’ certo che la Fondazione Federico II abbia natura di persona
giuridica privata. Essa ha, dunque, un proprio patrimonio, nel quale sono
confluite anche risorse pubbliche, ma che ha assunto una propria
autonomia.
Ne consegue che l’Acierno non si è direttamente appropriato di
finanziamenti pubblici, ma ha tenuto comportamenti che hanno inciso sul
patrimonio di una fondazione di diritto privato, come tale autonomo e
separato da quello dell’Ente pubblico che ha erogato in suo favore
contributi e finanziamenti.
E’ appena il caso di aggiungere, con riferimento alle finalità perseguite
dalla Fondazione (la più ampia conoscenza e diffusione dell’attività degli
organi istituzionali della Regione e dell’Assemblea in particolare, dei valori
e del patrimonio culturale della Sicilia) che esse sono indubbiamente di
interesse pubblico, ma non costituiscono delega di funzioni istituzionali
proprie dell’Ente che ha conferito le risorse finanziarie.
2 – L’accoglimento della censura sopra esaminata determina
l’assorbimento del secondo motivo, mediante il quale l’Acierno adduce
violazione dei principi sul giusto processo (art. 111 Cost., art 6 C.E.D.U.,
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sanzionatoria (onde non implica necessariamente il ristoro completo del

art. 6 TFUE); difetto di giurisdizione (art. 360 bis n. 2 c.p.c.) illegittimità
costituzionale per contrasto con l’art. 117 comma 1 Cost. dell’art. 342
c.p.c. se interpretato nel senso di precludere l’impugnativa della sentenza
del giudice speciale anche nel caso di violazione dei principi del giusto
processo.
3 – Pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, va dichiarato il
difetto di giurisdizione della Corte dei conti trattandosi di controversia

La difficoltà delle questioni trattate e la natura della controversia
giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, dichiara il difetto di giurisdizione della Corte
dei conti. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Roma 11.6.2013.

compresa nella giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria.

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