Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20074 del 30/07/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 20074 Anno 2018
Presidente: ORICCHIO ANTONIO
Relatore: FORTUNATO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27558/2014 R.G. proposto da
Edilturri s.r.I.,

in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Pecchioli e dall’avv. Donatella
De Donno Pecchioli, con domicilio eletto in Roma, Corso Vittorio
Emanuele 18, presso il dott. Gian Marco Grez.
– ricorrente –

contro

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Data pubblicazione: 30/07/2018

Terruggia Cislena, Giovannini Serena e Giovannini Roberto,
rappresentati e difesi dall’avv. Gabriella Magaldi, con domicilio eletto
in Roma, via Luchino del Verme, n. 118 , presso lo studio dell’Avv.
Olimpia Ciccarelli.
— con troricorrenti —

depositata in data 4.10.2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.3.2018 dal
Consigliere Giuseppe Fortunato.
FATTI DI CAUSA
La Edilturri s.r.l. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte
d’appello di Firenze n. 1516/2013.
La ricorrente era stata convenuta in giudizio da Cislena Terruggi,
Serena Giovannini e Roberto Giovannini, assumendo che detta
società aveva realizzato un edificio sul terreno di cui ai mappali 729,
223 e 246 del fl. 91, posto all’angolo tra Via Piero di Cosimo e Via
Soffiano di Firenze, posto a distanza illegale rispetto all’unità
abitativa collocata nel fabbricato denominato Loggia dello Strozzino.
Avevano chiesto l’arretramento della costruzione fino al rispetto delle
distanze legali.
Il Tribunale di Firenze ha respinto la domanda con pronuncia
confermata con sentenza n. 1776/2001 dalla Corte di appello di
Firenze, che ha diversamente regolato solo le spese del primo grado,
in accoglimento dell’impugnazione incidentale della ricorrente.

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avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1516/2013,

Detta pronuncia è stata cassata da questa Corte con sentenza n.
7275/2006, rimettendo al giudice del rinvio l’accertamento della data
di realizzazione delle costruzioni e della normativa locale
applicabile, nonché per la pronuncia sul risarcimento del danno.
Riassunto il giudizio da Cislena Terruggi, Serena Giovannini e

l’appello, condannando la Edilturri al pagamento di C 24.392,26 r oltre
accessori.
Ha rilevato la sentenza che, in primo luogo, la domanda di
risarcimento per il danno prodotto dalla violazione delle distanze era
stata definita con pronuncia di rigetto passata in giudicato; che la
domanda di risarcimento per il pregiudizio alla staticità del fabbricato
era stata definita con pronuncia di inammissibilità, siccome proposta
solo in appello; che residuava la sola domanda di risarcimento del
danno sostituiva della richiesta di riduzione in pristino.
Ha altresì accertato che il piano regolatore generale non conteneva
prescrizioni sulle distanze per la zona ove insistevano le costruzioni
e che le previsioni del regolamento edilizio del Comune di Firenze
imponevano una distanza minima di mt. 6-8, stabilendo che la
costruzione della Edilturri violava le distanze legali. Ha ritenuto
fondata la domanda di risarcimento, liquidando il danno in C
24.392,26, oltre accessori ed ha parzialmente compensate le spese
dei vari gradi di giudizio.
Il ricorso si sviluppa in cinque motivi, illustrati con memorie.
I resistenti hanno depositato controricorso.
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Roberto Giovannini, la Corte distrettuale ha parzialmente accolto

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo censura la violazione e falsa applicazione dell’art.
32 del regolamento edilizio del Comune di Firenze in relazione all’art.
360, comma primo, n. 3, c.p.c., per aver la Corte distrettuale omesso
di considerare che, per i cortili aventi particolari necessità costruttive

regolamento, la disciplina urbanistica locale consentiva all’autorità
comunale di procedere ad un esame caso per caso, tenendo conto
delle esigenze dell’igiene per quanto riguarda l’areazione e
l’illuminazione degli ambienti che prospettavano sui cortili stessi;
che, nella specie, il rilascio della concessione era stata preceduta dal
parere della locale Azienda sanitaria locale e che, quindi, la
costruzione doveva ritenersi legittima, essendo preservate le
esigenze di igiene e non essendo state create intercapedini dannose.
Il motivo è infondato.
La previsione dell’art. 32 del regolamento edilizio – riportato in
ricorso- prevedeva che, in caso di cortili che per necessità costruttive
avessero forme particolari tali da rendere inapplicabili le disposizioni
precedenti, l’autorità potesse valutare i singoli casi, salvaguardando
comunque le esigenze di igiene.
La Corte distrettuale ha negato che detta previsione fosse richiamata
nella concessione edilizia ed ha escluso che l’amministrazione avesse
agito nell’esercizio dei poteri di deroga, asserendo inoltre, sia pure
solo incidentalmente, che non sussistessero esigenze costruttive

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per cui non fossero applicabili gli artt. 30 e 37 del predetto

particolari del cortile che consentissero l’inapplicabilità dei limiti delle
distanze.
La ricorrente sostiene che, avendo ottenuto la concessione edilizia
sulla base di un parere conforme dell’Asl, che attestava
l’insussistenza di fatti impeditivi sotto il profilo della salubrità e

distanze imposte dagli artt. 30 e 37, anche considerando che sul
fronte della strada esisteva un ampio resede che soddisfaceva
pienamente le suddette esigenze.
Deve, tuttavia, osservarsi che la Corte distrettuale ha escluso, con
accertamento in fatto, che la situazione dei luoghi fosse tale da
sottrarre la costruzione alle norme locali in tema di distanze, avendo
stabilito che la concessione non era stata rilasciata in base all’art. 32
del regolamento.
La ricorrente, senza addurre elementi concreti atti a confutare le
dette conclusioni e senza neppure evidenziare in ricorso quale
configurazione avessero i luoghi sì da giustificare il regime di deroga
rispetto alle previsioni dell’art. 30 e 37 del regolamento, si è limitata
a sostenere che la concessione era stata preceduta da un parere
favorevole dell’azienda sanitaria locale, che escludeva impedimenti
di carattere igienico al rilascio della concessione, e che in loco era
presente un spazio libero capace di preservare ogni esigenza igienico
sanitaria, trascurando di considerare che, in tema di distanza, rileva
solo l’accertamento che la costruzione non sia stata realizzata nel
rispetto dei distacchi imposti dal codice o dalla disciplina locale,
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dell’igiene, fosse ammissibile costruire senza il rispetto delle

mentre è preclusa ogni indagine sull’idoneità dell’intercapedine ad
arrecare il pregiudizio per l’igiene e la salubrità dello ambiente, che
le norme sulle distanze intendono impedire, in quanto la legge,
imponendo l’osservanza di determinate distanze, ha ritenuto che
soltanto queste valgano presuntivamente a soddisfare le esigenze di

n. 8935).
Di conseguenza il giudice di merito, avendo individuato la distanza
da osservare in quanto imposta dal regolamento locale, non era
tenuta a valutare se l’immobile contravvenisse ad esigenze di
salubrità, né era tenuta a conferire rilievo alla presenza di uno spazio
libero o al parere con cui erano stati esclusi impedimenti al rilascio
della concessione, trattandosi di profili non decisivi per la definizione
del giudizio.
2.

Il secondo motivo censura, testualmente, la violazione del

giudicato interno, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c.,
asserendo che il tribunale aveva escluso che vi fosse prova di un
concreto pregiudizio al fabbricato degli attori e che tale accertamento
potesse essere demandato al c.t.u.; che su tale punto le resistenti
non avevano sollevato alcun motivo di appello per cui la pronuncia
era, in parte qua, passata in giudicato; che con la pronuncia di
legittimità era stato rimesso al giudice del rinvio di accertare l’an
della violazione, non anche che la prova dovesse acquisirsi tramite
c.t.u.; che, quindi, la Corte distrettuale, disponendo la consulenza

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sicurezza e di igiene (cfr. Cass. 7.4.1986, n. 2402; Cass. 5.5.2015,

tecnica, avrebbe violato sia la pronuncia di legittimità che quella di
primo grado.
Il motivo è infondato.
La Corte distrettuale ha pronunciato sulla sola domanda di
risarcimento proposta in sostituzione di quella volta alla riduzione in

Questa Corte, con la sentenza n. 7275/2006 aveva stabilito che
l’azione volta al risarcimento del danno per i pregiudizi alla statica
degli edifici era stata ritenuta nuova e inammissibile, quella relativa
al danno derivante dalla violazione delle distanze era stata respinta
e che residuasse solo la richiesta dei danni in sostituzione della
demolizione, che riprendeva vigore nel giudizio di rinvio.
L’avvenuta cassazione con rinvio della sentenza di appello aveva,
anzitutto impedito il passaggio in giudicato di detta pronuncia
relativamente al capo relativo alla domanda risarcitoria, senza però
determinare alcuna reviviscenza di quella di primo grado
relativamente alle parti cassate (Cass 7.2.2013, n. 2955; Cass.
9.3.2001, n. 3475; Cass. 20.4.1985, n. 2644).
E’ inoltre è da escludere che questa Corte avesse precluso la
possibilità di ricorrere alla consulenza, poiché, avendo accolto
l’impugnazione sia per violazione di legge che per difetto di
motivazione, il giudice di rinvio poteva procedere ad un nuovo esame
dei fatti di causa e a quegli ulteriori accertamenti che la stessa
pronuncia di legittimità aveva prescritto, anche tramite una
consulenza tecnica, essendo rimesso a detto giudice il potere
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pristino, avendo le controparti rinunciato a richiedere la demolizione.

discrezionale di disporla, ove ritenuta utile per la definizione del
giudizio (Cass. 23.3.2017, n. 7472; Cass. 1.9.2013, n. 17399).
Difatti, nel giudizio di rinvio, i limiti dei poteri attribuiti
al giudice sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento
abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme

controversia, ovvero per l’una e per l’altra ragione: nella prima
ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto solo ad uniformarsi al principio di
diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di
modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al
processo; nel caso, invece, di cassazione con rinvio per vizio
di motivazione, da solo o cumulato con il vizio di violazione di legge,
il giudice è investito del potere di valutare liberamente i fatti già
accertati ed anche d’indagare su altri fatti, ai fini di un
apprezzamento complessivo, in relazione alla pronuncia da emettere
in sostituzione di quella cassata (Cass. 6.7.2017, n. 16660; Cass.
29.5.2014, n. 12102; Cass. 5.4.2013, n. 8381).
3. Il terzo motivo censura la violazione dell’art. 384 c.p.c., in
relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., asserendo che la
pronuncia di legittimità aveva chiaramente escluso la risarcibilità dei
pregiudizi derivanti dalla violazione delle distanze e che, pertanto, la
Corte di merito, pronunciando sul danno richiesto in sostituzione
della demolizione, non avrebbe potuto prendere in considerazione le
medesime voci di danno già negate in forza della sentenza passata
in giudicato.
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di diritto ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della

Il motivo è infondato.
La sentenza di questa Corte n. 7275/2006, nel cassare la sentenza
di secondo grado, ha esplicitamente fatto salvo il pregiudizio
derivante dal mancato abbattimento del manufatto posto a distanza
illegale, ritenendo che l’eventuale violazione delle distanze, qualora

accessoria di risarcimento”.
Era quindi impregiudicato il risarcimento del danno sostitutivo della
riduzione in pristino, che peraltro, non poteva avere una consistenza
diversa da quello oggetto della domanda definita con il giudicato di
rigetto, distinguendosi dal quest’ultimo solo per il suo carattere
permanente (Cass. 18.7.2013, n. 17635).
Le due domande non differivano quanto alla sostanza del pregiudizio,
che nei due casi restava il medesimo, ma solo per il carattere non
temporaneo di quello su cui il giudice di rinvio era tenuto a
pronunciarsi.

5. Il quinto motivo censura, letteralmente, la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2056 c.c., in relazione all’art. 1223 c.c. per
omessa valutazione della compensatio lucri cun damno, per aver la
sentenza liquidato il danno senza considerare l’incremento di valore
che era derivato all’intera zona ove è sito l’immobile dei resistenti e
per effetto della costruzione realizzata dalla società resistente.
Il motivo è inammissibile anzitutto poiché il ricorso omette di indicare
in quale atto e grado del giudizio di merito dette questioni siano state
portate all’esame del giudice e siano state oggetto di discussione tra
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accertata dal giudice del rinvio, avrebbe “ridato vigore alla domanda

le parti, senza spiegare, in concreto, perché l’edificazione del
manufatto avesse determinato un accrescimento del valore degli
immobili situati nella medesima zona.
Per altro verso la censura, pur prospettando una violazione di legge
sostanziale, si riduce ad un’inammissibile contestazione dei

quantificazione del danno, attingendo profili di merito sindacabili solo
sotto il profilo della motivazione.

6.

Con unico motivo del ricorso incidentale, si censura,

letteralmente, la quantificazione del danno operata dalla Corte
distrettuale, lamentando che quest’ultima abbia recepito le
conclusioni del consulente che aveva considerato l’assenza di pareti
finestrate, in talune parti dell’immobile dei resistenti, operando
un’illegittima decurtazione del risarcimento rispetto alla stima del
consulente di parte.
Il motivo è inammissibile poiché invoca in modo non pertinente
precedenti di questa Corte relativi alla disciplina del dm. 1444/1968
che non ha trovato concreta applicazione al caso di specie e che non
riguardano la quantificazione del danno ma la sussistenza della
violazione.
La censura non considera che la sussistenza della violazione delle
distanze, pur comportando un pregiudizio che non necessità di
prova, non esclude affatto che la sua concreta quantificazione possa
essere rapportata all’effettiva limitazione di aria o luce determinata
in concreto dalla costruzione illegittima.
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parametri utilizzati dal giudice per l’accertamento e la

7. Il secondo motivo del ricorso incidentale censura, testualmente,
la pronuncia sulle spese, lamentando l’erronea compensazione
parziale delle spese processuali, in quanto effettuata non in base
all’esito finale della lite, ma a quello dei singoli gradi di causa.
Il motivo è infondato, poiché la sentenza ha accertato che le

e, sulla scorta di ciò, ha ritenuto di poter compensare le spese, non
secondo l’esito dei singoli gradi di giudizio, ma a quello finale della
lite.
Segue quindi rigetto del ricorso principale e di quello incidentale, con
conseguente compensazione delle spese del presente grado di
legittimità.
Sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente principale e
quello incidentale sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115.

P.Q.M.
rigetta sia il ricorso principale che quello incidentale e compensa le
spese del presente giudizio di legittimità.
Si dà atto che il ricorrente principale e quello incidentale sono tenuti
a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 1, comma 17,

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domande proposte dagli attori erano state solo parzialmente accolte

della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, 28.3.2018.

IL PRESIDENTE
dott. Antonio Oricchio

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,

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DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

30 LUG. 2018

-01.1

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