Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20074 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. I, 24/09/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 24/09/2020), n.20074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34799/2018 proposto da:

J.E., rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Froldi, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1616/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 03/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1616/2018 depositata il 03-08-2018 la Corte d’Appello di Ancona ha respinto l’appello proposto da J.E., cittadino della (OMISSIS), avverso la sentenza del Tribunale di Ancona che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte d’appello ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere orfano e di essere fuggito dalla Nigeria perchè la sua casa, dove viveva con lo zio, era stata bruciata nel corso di un conflitto tra cristiani e musulmani. La Corte territoriale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Nigeria, descritta nella sentenza impugnata.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5”. Sostiene che non gli sia stato consentito dai Giudici di merito di fornire chiarimenti sulle dichiarazioni rese alla Commissione Territoriale e che la Corte territoriale non abbia adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria in ordine ai fatti allegati. Aggiunge che non intende dilungarsi nella descrizione dei suddetti fatti, richiamando le argomentazioni svolte nel precedente grado di giudizio.

2. Con il secondo motivo lamenta “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)”. Censura la valutazione effettuata dalla Corte territoriale in ordine alla situazione della Nigeria, in cui assume sussistere violenza generalizzata anche nel sud da cui proviene, e richiama pronunce di merito con le quali era stata riconosciuta la protezione sussidiaria a richiedenti provenienti dal suo stesso Paese. Deduce di professare la religione cattolica e ciò solo lo espone a rischio di attacchi e violenze anche mortali da parte del gruppo (OMISSIS), che è composto da estremisti islamici. Invece la Corte d’appello non ha preso in considerazione detta circostanza, qualificando la vicenda narrata come di natura privata, con motivazione contraddittoria.

3. 3. I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

3.1. Questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, in base ai parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sè solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata. L’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142/2019; Cass. n. 20580/2019). La suddetta verifica è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Anche la valutazione sulla situazione del Paese di origine, rilevante ai fini della concessione della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), si risolve in un accertamento di fatto, censurabile nei limiti di cui si è detto (Cass. n. 30105/2018).

3.2. Nel caso di specie, il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto al giudizio di non credibilità e alla situazione generale del Paese di origine, inammissibilmente difforme da quella accertata nei giudizi di merito, senza, peraltro, neppure descrivere i fatti allegati a cagione della fuga dal suo Paese.

Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata (Cass. S.U. n. 8053/2014), la credibilità delle vicende personali narrate (pag. 5 e 6 della sentenza impugnata), non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b), D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018). Non vi è infatti ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

La Corte territoriale ha altresì analizzato la situazione politica del Paese ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente, così adempiendo al dovere di cooperazione istruttoria ufficioso.

4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione del Ministero.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

 

 

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