Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20074 del 23/09/2010

Cassazione civile sez. un., 23/09/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 23/09/2010), n.20074

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. DI NANNI Luigi Francesc – Presidente di sezione –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11277/2008 proposto da:

GTT – GRUPPO TORINESE TRASPORTI S.P.A. ((OMISSIS)), in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

GRACCHI 81, presso lo studio dell’avvocato MALENA Massimo, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PACCHIANA PARRAVICINI

AGOSTINO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.F. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato

FAGIOLO MARCO, rappresentato e difeso dagli avvocati NARDELLI Cinzia,

GRASSO VALERIA, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6036/2007 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 31/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

uditi gli avvocati Massimo MALENA, Sergio VACIRCA per delega a

margine dell’avvocato Cinzia Nardelli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. N.F., dipendente della società Gruppo Torinese Trasporti (G.T.T.) S.p.A., con ricorso del 9 maggio 2007, conveniva in giudizio la società datrice di lavoro, esponendo di essere stato assunto il (OMISSIS) con contratto di formazione e lavoro della durata di ventiquattro mesi e di essere stato inquadrato con mansioni di conducente di linea, (OMISSIS) livello, e di aver avuto, alla scadenza di tale periodo ((OMISSIS)), senza soluzione di continuità, la trasformazione del contratto di formazione e lavoro in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Lamentava che, nonostante la previsione di cui al D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, conv. dalla L. n. 863 del 1984, il periodo di formazione e lavoro non era stato considerato come utile al fine della maturazione degli scatti di anzianità, in attuazione di una norma del contratto collettivo interconfederale applicabile in materia. Tale previsione (art. 7, lett. c) dell’accordo nazionale 11 aprile 1995, riprodotto senza modifiche nel successivo art. 7, lett. c), dell’accordo nazionale 27 novembre 2000) prevedeva che “Nei casi in cui il rapporto di formazione e lavoro venga trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il lavoratore dovrà essere utilizzato in attività corrispondenti alla formazione conseguita e il periodo di formazione lavoro verrà computato nell’anzianità di servizio, con esclusione degli aumenti periodici di anzianità”.

Chiedeva quindi che il Tribunale di Torino accertasse “la nullità ex artt. 1418 e 1419 c.c., delle parti delle clausole del detto accordo collettivo, ovvero di qualsiasi altra ulteriore clausola di contratto individuale e/o accordo collettivo e/o aziendale che prevedano i mancato computo del periodo del c.f.l. nell’anzianità di servizio al fine della maturazione degli scatti di anzianità, in contrasto con la L. n. 863 del 1984, art. 3 e, comunque disapplicare tali clausole e/ o accordi collettivi, individuali e integrativi, e per l’effetto condannare la G.T.T. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro- tempore, a computare il periodo di c.f.l. (…) nell’anzianità di servizio e condannare la stessa a corrispondere al ricorrente le differenze retributive tutte derivanti da tale computo e dalla conseguente maturazione degli aumenti periodici di anzianità previsti dal c.c.n.l. del settore ed istituti retributivi collegati, oltre interessi e rivalutazione come per legge”.

La società convenuta si costituiva e resisteva alla domanda sostenendo la legittimità della richiamata disciplina contrattuale collettiva (art. 7, lett. c), dell’accordo nazionale 11 aprile 1995, riprodotto senza modifiche nel successivo art. 7, lett. e), dell’accordo nazionale autoferrotranvieri 27 novembre 2000).

2. Il tribunale di Torino, pronunciando ex art. 420 bis c.p.c., in accoglimento della richiesta in tal senso formulata dalla parte convenuta, con sentenza n. 6036/07 del 3 dicembre 2007 – 31 gennaio 2008, decideva in via pregiudiziale la questione di validità della richiamata normativa collettiva accogliendo la domanda del ricorrente e dichiarava che il disposto dell’art. 7, lett. c), dell’accordo nazionale autoferrotranvieri 27 novembre 2000 doveva ritenersi affetto da invalidità, nella specie della nullità, nella parte in cui escludeva il diritto del lavoratore, il cui contratto di formazione e lavoro fosse stato trasformato in contratto a tempo indeterminato, di fruire degli aumenti periodici di anzianità con riferimento all’anzianità di servizio maturata anche con riguardo al periodo del contratto di formazione e lavoro. In particolare richiamava la costante (all’epoca) giurisprudenza di legittimità sulla questione, alla quale prestava adesione.

Disponeva con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio.

3. La società G.T.T. ricorre direttamente in cassazione, ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c., contro la sentenza non definitiva del Tribunale di Torino, censurandola in quanto aveva erroneamente, a suo dire – dichiarato la nullità dell’art. 7, lett. c), cit..

Il lavoratore intimato, N.F., ha depositato controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

4. A seguito di ordinanza dell’11 novembre 2009 – 28 gennaio 2010, n. 1860, della Sezione Lavoro di questa Corte, che ha denunciato un contrasto di giurisprudenza sulla questione decisa dalla sentenza impugnata, il ricorso è stato assegnato alle Sezione Unite, ai sensi dell’art. 374 cod. proc. civ., comma 2.

Il contro ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso articolato in tre motivi la società ricorrente, denunciando sia la violazione di norme contrattuali collettive (art. 7, lett. c, c.c.n.l. autoferrotranvieri 27 novembre 2000; art. 7, lett. c, dell’accordo nazionale 11 aprile 1995; art. 3 dell’accordo nazionale 25 luglio 1997) sia la violazione di norme di legge (D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, conv. nella L. n. 863 del 1984;

R.D. n. 148 del 1931, artt. 1 e 19, all. A), deduce che l’art. 3, comma 5, cit., mentre salvaguarda l’anzianità di servizio come l’atto ed ai fini dell’applicazione degli istituti legali inderogabili (quali il t.f.r. o l’applicazione delle norme relative ai licenziamenti collettivi), nulla prevede riguardo agli effetti retributivi connessi all’anzianità di servizio e, soprattutto, nulla prevede in ordine alla computabilità del periodo di formazione e lavoro ai fini del calcolo di istituti contrattuali (quali sono nel caso gli aumenti periodici di anzianità).

La ricorrente chiede quindi alla Corte se sia legittimo interpretare le norme collettive sopra richiamate nel senso di riconoscere soltanto all’anzianità di servizio maturata nel rapporto a tempo indeterminato quegli ulteriori incrementi periodici della retribuzione, non connessi al rinnovo del contratto collettivo, denominati “aumenti periodici di anzianità” e se l’estensione al contratto di formazione e lavoro delle norme che regolano il rapporto di lavoro, operata dall’art. 3, comma 5, cit., si riferisce esclusivamente alle norme di legge e di conseguenza anche la prescrizione di tale disposizione, che vuole computato il periodo di formazione e lavoro nell’anzianità di servizio, è prevista con esclusivo riferimento a quelle norme di legge che prendono in considerazione l’anzianità di servizio sicchè non vale per gli aumenti periodici (o scatti) di anzianità, i quali sono un istituto di origine necessariamente ed esclusivamente contrattuale.

2. Il ricorso – i cui tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto oggettivamente connessi…..è infondato.

3. La questione sottoposta alle sezioni unite di questa corte ed in ordine alla quale è insorto il contrasto di giurisprudenza denunciato dalla menzionata ordinanza dell’11 novembre 2009 – 28 gennaio 2010, n. 1860, della Sezione Lavoro di questa Corte, è se sia valida – o meno – in riferimento alla prescrizione di cui al D.L. n. 726 del 1984, art. 3, commi 5 e 12, come convertito nella L. n. 863 del 1984, la norma della contrattazione collettiva (nella specie, art. 7, lett. c, dell’accordo nazionale 27 novembre 2000 per gli autoferrotranvieri), nella parte in cui esclude il diritto del lavoratore, il cui contratto di formazione e lavoro sia stato trasformato in contratto a tempo indeterminato, di beneficiare di aumenti periodici di anzianità computando anche l’anzianità di servizio maturata nel periodo del contratto di formazione e lavoro.

Si tratta quindi di verificare la computabilità del periodo di formazione e lavoro nell'”anzianità di servizio” dei lavoratori assunti inizialmente con contratto di formazione e lavoro ed il cui rapporto sia stato poi trasformato in ordinario lavoro a tempo indeterminato (comma 5 dell’art. 3 cit.) ovvero che siano stati assunti a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro (comma 12 dell’art. 3 cit).

Ci si è chiesto in sostanza se la particolare garanzia posta, per il lavoratore, dall’art. 3, commi 5 e 12, cit., riguardi solo gli istituti di fonte legale (quale all’epoca l’indennità di anzianità ed attualmente il trattamento di fine rapporto), che, in ragione di tale prescrizione, non sono suscettibili di deroghe in peius ad opera della disciplina collettiva ovvero anche istituti di fonte contrattuale la cui regolamentazione sia interamente rimessa alla contrattazione collettiva.

Il problema si è posto proprio per gli aumenti periodici della retribuzione (c.d. scatti di anzianità), istituto non previsto dalla legge e quindi interamente rimesso alla regolamentazione collettiva.

Ed infatti, a fronte della menzionata normativa legale, c’è una normativa contrattuale, che nel regolamentare appunto gli scatti di anzianità del lavoratore, ha escluso dal computo dell’anzianità utile il periodo del contratto di formazione lavoro: tale è l’art. 7, lett. c), dell’accordo nazionale 27 novembre 2000 per gli autoferrotranvieri (analogamente dispone l’art. 17 c.c.n.l. per i ferrovieri del 2003), che esclude, appunto, il diritto del lavoratore, il cui contratto di formazione e lavoro sia stato trasformato in contratto a tempo indeterminato, di beneficiare di aumenti periodici di anzianità con riferimento all’anzianità di servizio maturata nel periodo del contratto di formazione e lavoro.

4. La norma di riferimento è costituita – come già rilevato – dal cit. D.L. n. 726 del 1984, art. 3, che detta una duplice prescrizione quanto al computo del periodo di formazione nell’anzianità di servizio: a) al comma 5 prevede: “Il periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, effettuata durante ovvero al termine dell’esecuzione del contratto di formazione e lavoro”: b) al comma 12 stabilisce:

“qualora il lavoratore sia assunto, entro i limiti di tempo fissati da) presente comma dodici mesi, dal medesimo datore di lavoro, il periodo di formazione è computato nella anzianità di servizio”.

Quindi nell’un caso (trasformazione del rapporto per effetto della novazione del contratto di lavoro) e nell’altro (stipulazione di un nuovo contratto di lavoro con conseguente instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro a “breve” distanza di tempo dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro) si ha che “il periodo di formazione è computato nell’anzianità di servizio”. L’assimilazione delle due ipotesi non diversamente, ad es., dal periodo di prova cui segua, senza alcuna novazione del rapporto, la definitività dell’iniziale (ed unica) assunzione con la conseguenza che il servizio prestato si computa interamente nell’anzianità del prestatore di lavoro (art. 2096 c.c.) – suggerisce l’idea che si tratti di una fictio juris operante a tutto campo.

A fronte di tale norma di legge vi è la previsione contrattuale collettiva posta dall’art. 7, lett. c) dell’accordo nazionale 11 aprile 1995, riprodotto senza modifiche nel successivo art. 7, lett. c) dell’accordo nazionale 27 novembre 2000, che stabilisce: “Nei casi in cui il rapporto di formazione e lavoro venga trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, il lavoratore dovrà essere utilizzato in attività corrispondenti alla l’orinazione conseguita e il periodo di formazione lavoro verrà computato nell’anzianità di servizio, con esclusione degli aumenti periodici di anzianità…”.

Quindi, entrambe le disposizioni si occupano delle conseguenze della trasformazione del contratto di formazione e lavoro in contratto di lavoro a tempo indeterminato sull’anzianità di servizio: la previsione legislativa sancisce che il periodo di formazione e lavoro “è computato nell’anzianità di servizio”; la previsione collettiva prevede invece: “verrà computato nell’anzianità di servizio, con esclusione degli aumenti periodici di anzianità”.

Il problema che si è posto in giurisprudenza è quello di stabilire se alla contrattazione collettiva fosse, o meno, consentito di operare tale modifica (peggiorativa) del disposto legislativo.

5. Su tale questione di diritto si registra una giurisprudenza, più volte riaffermata negli anni, che ritiene che la disciplina contrattuale degli scatti di anzianità non possa escludere che nel l’anzianità di servizio sia computabile il pregresso periodo di formazione e lavoro nelle fattispecie di cui ai commi 5 e 12 del l’art. 3 cit..

Inizialmente la Corte con due pronunce conformi (Cass., sez. lav., 6 ottobre 2000, n. 13309; Cass., sez. lav., 18 agosto 2000, n. 10961) ha affermato che la tesi secondo cui il richiamo, contenuto nel D.L. n. 726 del 1984, art. 3, commi 5 e 12, all’anzianità di servizio dovrebbe valere solamente per gli effetti ricollegati al decorso del tempo direttamente dalla legge, non anche dalla contrattazione collettiva, “non trova fondamento nel testo normativo ove si richiama tout court l’anzianità di servizio, senza alcun riferimento alle fonti che ne regolano gli effetti. La tassativa disposizione di legge non offre spazio a distinzioni estranee al testo pur se gli scatti di anzianità ed i passaggi automatici alle classi stipendiali in funzione dell’anzianità trovano la loro fonte della contrattazione collettiva”.

In tal modo la Corte ha dato una risposta affermativa ad un duplice quesito ritenendo da una parte che la rilevanza del periodo di formazione in termini di anzianità di servizio riguardasse anche gli istituti disciplinati dalla contrattazione collettiva e d’altra parte che tale rilevanza era sempre e comunque predicabile in termini di inderogabilità da parte della contrattazione collettiva. Insomma affermare che la rilevanza del periodo di formazione nell’anzianità di servizio anche per gli istituti disciplinati dalla contrattazione collettiva non risolveva la questione di diritto allora posta;

occorreva affermare anche l’inderogabilità di tale rilevanza perchè nella fattispecie allora all’esame della Corte (al pari di quella oggetto della sentenza ora impugnata) la contrattazione collettiva aveva al contrario espressamente escluso la computabilità del periodo di formazione al fine del calcolo degli scatti di anzianità.

Questo orientamento è stato seguito, in termini conformi da varie pronunce di questa Corte: Cass., sez., lav., 23 settembre 2000, n. 12639; id., 3 agosto 2001, n. 10773; id., 13 novembre 2001, n. 14112.

Anche Cass., sez. lav., 14 marzo 2003, n. 3781, ha ribadito che la disposizione del D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, convertito con modificazioni in L. n. 863 del 1984, secondo cui il periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio in caso di trasformazione del relativo rapporto di lavoro in lavoro a tempo indeterminato, effettuata durante ovvero al termine dell’esecuzione del contratto di formazione e lavoro, e la disposizione del comma 12, che estende le agevolazioni offerte ai datori di lavoro al caso di assunzioni nei dodici mesi successivi al periodo di formazione, comportano la computabilità di detto periodo anche quando l’anzianità di servizio è presa in considerazione da discipline meramente contrattuali, come quella sugli scatti di anzianità e i passaggi automatici di classe stipendiale, dato che la distinzione tra istituti di origine legale e trattamenti di fonte convenzionale non trova fondamento nel tassativo tenore del testo normativo, la cui portata non può ritenersi derogabile neanche mediante specifiche previsioni della contrattazione collettiva.

In senso ulteriormente conforme v. anche Cass., sez., lav., 14 marzo 2003, n. 3781; id., 3 marzo 2004, n. 4342; id., 10 aprile 2006, n. 8310; id., 16 maggio 2006, n. 11437.

6. Un’affermazione ancora più puntuale di inderogabilità della prescrizione dell’art. 3, commi 5 e 12, cit., si ritrova poi in due successive pronunce (Cass., sez. lav., 20 novembre 2007, n. 24033;

id., 15 maggio 2008, n. 12321).

In entrambi i casi venivano all’esame della Corte due istituti contrattuali (nella prima, le agevolazioni tariffarie in favore dei lavoratori con anzianità di servizio decorrente prima di una certa data; nell’altra il passaggio ad un livello superiore in ragione della mera anzianità di servizio) che non prevedevano in realtà una deroga per i lavoratori che – prima dell’assunzione o della trasformazione del rapporto – avessero un pregresso periodo di formazione da far valere ex art. 3 cit.. Non di meno la Corte non si limita ad affermare che la rilevanza del pregresso periodo di formazione ai fini dell’anzianità di servizio vale anche per gli istituti disciplinati dalla contrattazione collettiva, ma, richiamando proprio le cit. pronunce del 2000 (Cass., sez. lav., 6 ottobre 2000. n. 13309; id., 18 agosto 2000, n. 10961), afferma espressamente l’inderogabilità di tale prescritta rilevanza ad opera della contrattazione collettiva.

La corte quindi – nel ribadire che la disposizione contenuta nel D.L. n. 726 del 1984, art. 3, secondo la quale in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità è presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva, atteso che l'”inzianità di servizio” considerata dalla disposizione in esame definisce la dimensione temporale di questo unico rapporto, privo di soluzione di continuità, nel quale va incluso il periodo di formazione e lavoro – precisa chiaramente che la regola della computabilità nell’anzianità di servizio del periodo di formazione e lavoro opera anche quando l’anzianità è presa in considerazione da discipline meramente contrattuali (come quelle sugli scatti di anzianità e i passaggi automatici di classe stipendiale) in quanto la portata della norma imperativa di legge “non può essere derogata dalla contrattazione collettiva”.

Quindi – sottolinea la corte – il legislatore ha stabilito in via generale che il periodo di formazione e lavoro in caso di trasformazione del rapporto deve essere computato nell’anzianità di servizio con una tassativa disposizione di legge (l’art. 3 cit.), non facendo alcun riferimento alle fonti che regolano gli effetti dell’anzianità; disposizione che non offre spazio a distinzioni estranee al testo sicchè tale garanzia si applica anche agli scatti di anzianità ed ai passaggi automatici di classe stipendiale in funzione dell’anzianità che trovano la loro fonte nella contrattazione collettiva.

La norma in questione (l’art. 3 cit.), per essere posta a garanzia di lavoratori particolarmente deboli sul piano contrattuale, tutela interessi di natura generale e -osserva la Corte – “ha certamente natura imperativa ed inderogabile”, come si evince anche dalla sua formulazione, nella quale manca ogni richiamo a diverse disposizioni della contrattazione collettiva ed individuale.

Altre pronunce di questa corte si sono allineate in senso conforme:

Cass., sez., lav., 6 giugno 2007, n. 13265; id., 12 giugno 2007, nn. 13716, 13717 e 13718; id., 14 giugno 2007, n. 13872; id., 27 giugno 2007, n. 14812; id., 17 luglio 2007, n. 15893; id., 1 5 maggio 2008, n. 12321.

7. Questo indirizzo costante e ripetuto negli anni ha comportato la formazione di una situazione di diritto vivente su tale questione, la quale intanto, per il lavoro privato, aveva in parte perso attualità visto che il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 59 bis, aggiunto dal D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251, art. 14, recante la disciplina transitoria dei contratti di formazione e lavoro, aveva previsto che nel settore privato la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo si applicava ai contratti di formazione e lavoro stipulati dal 24 ottobre 2003 e fino al 31 ottobre 2004, sulla base di progetti autorizzati entro il 23 ottobre 2003. E parallelamente il successivo art. 86, comma 9, ha previsto che la disciplina dei contratti di formazione e lavoro avrebbe continuato a trovare applicazione esclusivamente nei confronti della pubblica amministrazione, come poi confermato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 2, nella formulazione del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 49, conv. con L. 6 agosto 2008, n. 133, poi modificato dal D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 17, comma 26, lett. a), conv. con L. 3 agosto 2009, n. 102.

8. Nel corso del 2009 però intervengono alcune pronunce che operano una revisione critica di tale orientamento fino a quel momento seguito dalla corte e pervengono ad una soluzione di segno contrario.

La Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla questione in esame, opera il revirement con alcune pronunce deliberate tutte alla stessa udienza dell’11 marzo 2009 (Cass.. sez. lav., 14 maggio 2009, n. 11206; id., 21 maggio 2009, n. 11839; id., 19 maggio 2009, n, 11605; id., 22 maggio 2009, n. 11933); successivamente conf. id., 23 febbraio 2010, n. 4374.

La Corte in particolare ha ritenuto che l’autonomia contrattuale collettiva non solo può legittimamente escludere per questa categoria di lavoratori particolari elementi retributivi, ma anche, al fine di incentivare la stabilizzazione del rapporto, prevedere che gli sia corrisposta una retribuzione inferiore a quella degli altri dipendenti per un certo periodo di tempo successivo alla trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Ed allora, se si riconosce essere legittima la clausola contrattuale collettiva che preveda per il lavoratore che abbia un pregresso periodo di formazione un livello retributivo più basso anche dopo la trasformazione in ordinario rapporto di lavoro, non può continuare a predicarsi – osserva la corte – l’illegittimità della clausola contrattuale collettiva che, al fine degli scatti di anzianità, escluda la rilevanza del periodo di l’orinazione.

E quindi la corte conclude affermando, come principio di diritto, che non si pone in contrasto con la norma imperativa di cui al D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, conv. in L. n. 863 del 1984 – secondo cui il periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio in caso di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato – il contratto collettivo (quale appunto il c.c.n.l. per i dipendenti delle ferrovie dello Stato 7 luglio 1995, al punto 5.2), che, nel disciplinare gli aumenti retributivi periodici, esclude l’utile computo del periodo di formazione lavoro, siccome la disposizione non nega l’anzianità di servizio stabilita dalla legge, ma si limita a prevedere una decurtazione retributiva per i dipendenti che hanno dato un apporto ridotto alla produttività aziendale a causa della specificità del rapporto di formazione e lavoro.

9. Orbene, pur non potendo negarsi la legittimità della revisione di un orientamento giurisprudenziale consolidato in una situazione di diritto vivente, le esigenze di affidamento nella certezza del diritto e nella stabilità dei rapporti giuridici – che le recenti riforme del giudizio civile di cassazione hanno per più aspetti posto in maggiore evidenza – richiedono particolare cautela.

La questione posta all’esame della Corte involge in realtà un duplice quesito: a) se la rilevanza del periodo di formazione in termini di anzianità di servizio riguardi anche istituti disciplinati dalla contrattazione collettiva; b) se tale rilevanza è sempre e comunque predicabile in termini di inderogabilità da parte della contrattazione collettiva.

La risposta in termini affermativi al primo quesito (sub a), più volte ribadita dalla giurisprudenza di questa corte, sopra citata fino al revirement del 2009, discende dalla considerazione che i dato testuale dell’art. 3, commi 5 e 12, secondo cui il periodo di formazione e lavoro e computato nell’anzianità di servizio, è inequivocabile nel non limitare questa equiparazione agli istituti di fonte legale; ciò che è, a ben vedere, compatibile con entrambi gli orientamenti giurisprudenziali sopra citati, benchè per altro verso contrastanti.

Se si considerano i casi di specie esaminati da Cass., sez. lav., 20 novembre 2007 n. 24033 e da Cass., sez. lav., 15 maggio 2008, n. 12321, si può notare che la contrattazione collettiva faceva dipendere alcuni benefici economici (agevolazioni tariffarie, passaggio di livello) dall’anzianità di servizio senza nulla specificare quanto all’eventuale pregresso periodo di formazione del lavoratore. L’affermazione, secondo cui in questi casi, pur trattandosi di istituti contrattuali la cui disciplina è interamente rimessa alla contrattazione collettiva, opera comunque la prescrizione dell’art. 3, commi 5 e 12, cit., non differenzia in realtà gli indirizzi giurisprudenziali in contrasto tra loro.

10. E’ invece la risposta al quesito sub b) in cui si puntualizza più specificamente il denunciato contrasto di giurisprudenza: si tratta di verificare i limiti di derogabilità, da parte della contrattazione collettiva, di una previsione di legge che persegue una finalità di tutela del lavoro dipendente.

Nella fattispecie la norma di tutela (art. 3, commi 5 e 12, cit.) si riferisce specificamente al (l'”anzianità di servizio” che in sè considerata costituisce la dimensione diacronica di un fatto, qual è l’espletamento del servizio da parte del lavoratore; quindi la norma riguarda una situazione, appunto, di fatto (periodo di formazione e lavoro seguito da periodo di lavoro ordinario) rilevante ai fini di vari istituti di fonte legale o contrattuale.

La regola dettata dal legislatore al cit. D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, commi 5 e 12, convenuto, con modificazioni, nella L. 19 dicembre 1984, n. 863, è quella di un’equiparazione (periodo di formazione e lavoro – periodo di lavoro ordinario) di carattere generale, che non riferendosi specificamente ad alcun istituto giuridico nè di fonte legale nè di fonte contrattuale, opera a tutto campo perseguendo un’esigenza di riequilibrio e di contemperamento.

Mette conto rilevare che il contratto di formazione e lavoro ha una sua intrinseca precarietà per essere a termine; cfr. Cass. civ., sez. lav., 22 giugno 2005, n. 13362, che ha sottolineato che il contratto di formazione e lavoro e, per definizione legale, un contratto a termine e nessuna previsione legislativa assicura automaticamente la trasformazione del rapporto in difetto dei requisiti e degli elementi costitutivi per la sua novazione oggettiva, tassativamente indicati dall’art. 3 cit..

Ma nella stesso tempo la formazione del lavoratore è un valore non solo per quest’ultimo, la cui professionalità da essa trae occasione di miglioramento, ma anche per il datore di lavoro-imprenditore che investe in un fattore importante della produzione: le conoscenze e le abilità professionali dei lavoratori, il saper fare che è la condizione indispensabile per poter fare.

Ed allora il legislatore ha inteso tutelare la formazione conseguita anche con questa prescrizione di riequilibrio, in qualche misura, della mancanza di stabilità del rapporto di formazione e lavoro (in quanto a termine), con l’equiparazione della formazione e lavoro a lavoro tout court quando – e se il rapporto di formazione e lavoro si trasforma in (o è seguito, entro certi limiti di tempo, da) un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. E questa equiparazione ha posto con prescrizione di carattere generale, a tutto campo, senza limitazione alcuna.

11. Non è senza rilievo che similari esigenze di tutela sono sottese ad altre fattispecie in cui il legislatore pari menti ha posto l’equiparazione con l’ordinaria anzianità di servizio.

Plurime sono infatti le norme che fanno (o hanno fatto) salva la computabilità di certi periodi nell’anzianità di servizio: l’art. 2096 c.c., comma 4, che disciplina l’assunzione in prova, prevede – come già rilevato – che, compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro; l’art. 2110 c.c., che detta la disciplina di tutela del lavoratore in caso di infortunio, malattia, gravidanza, puerperio, prevede che il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause suddette deve essere computato nell’anzianità di servizio; la L. 19 gennaio 1955, n. 25, art. 19 (recante la disciplina dell’apprendistato), che prevede che, qualora al termine del periodo di apprendistato non sia data disdetta, l’apprendista è mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità ed il periodo di apprendistato è considerato utile ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore; la L. 30 dicembre 1971, n. 1204, artt. 6 e 7 (sulla tutela delle lavorataci madri) che prevedevano rispettivamente che i periodi di astensione obbligatoria dal lavoro a i sensi dei precedenti artt. 4 e 5 dovevano essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie e che i periodi di assenza facoltativa erano computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia;

il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 22, comma 3 (recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), che prevede che i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie; il successivo art. 34, comma 5, che prevede che i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia; nonchè l’art. 48, comma 1, che prevede che i periodi di congedo per la malattia del figlio sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia; la L. 24 dicembre 1986, n. 958, art. 20 (sul servizio militare di leva e sulla ferma di leva prolungata) che ha previsto che il periodo di servizio militare è valido a tutti gli effetti per l’inquadramento economico e per la determinazione dell’anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico.

Questo ventaglio di ipotesi mostra anche che quando il legislatore ha inteso escludere la rilevanza dell’equiparazione agli effetti di qualche istituto, anche contrattuale, lo ha espressamente previsto come eccezione alla regola.

Quando invece l’equiparazione è formulata in termini generali, senza eccezioni, da essa può ricavarsi anche una prescrizione di inderogabilità della equiparazione stessa.

12. Ed allora è vero che gli scatti di anzianità costituiscono un istituto giuridico di fonte esclusivamente contrattuale collettiva;

ma l’equiparazione posta dalla legge (periodo di formazione e lavoro = periodo di lavoro ordinario), in quanto formulata in termini generali ed assoluti, non è derogabile dalla contrattazione collettiva.

Il contratto collettivo potrebbe non prevedere affatto l’istituto degli scatti di anzianità, come anche lo può prevedere articolando nel modo più vario la progressione di tali aumenti retributivi automatici, ma non può escludere dal computo dell’anzianità di servizio, a tal fine, il pregresso periodo di formazione e lavoro.

L’equiparazione tra periodo di formazione ed anzianità di servizio esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione. Con riguardo agli istituti contrattuali l’anzianità di servizio può valere tanto o poco – ciò rientra nell’ambito dell’autonomia collettiva – ma non è possibile, per la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione legale suddetta, “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro prevedendo che a qualche fine, come quello degli scatti di anzianità, non valga: il legislatore considera che la formazione congiunta al lavoro sia ex lege equiparabile a lavoro prestato.

Sotto questo profilo l’equiparazione suddetta opera anche come una clausola di non discriminazione: il lavoratore, una volta inglobata nella sua anzianità di servizio il pregresso periodo di formazione e lavoro, non può più essere discriminato in ragione del fatto che una porzione della sua anzianità di servizio è tale solo in forza dell’equiparazione legale suddetta.

Analogamente non sarebbe possibile una disciplina differenziata in ragione della pregressa formazione perchè ciò integrerebbe la fattispecie di una discriminazione vietata; v., seppur sotto il profilo della discriminazione per l’età, la recente pronuncia della Corte di giustizia del 18 giugno 2009, n. c-88/08, che ha ritenuto contrastante con gli artt. 1, 2 e 6 della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, sulla parità di trattamento in materia di lavoro, una disciplina nazionale (nella specie, austriaca) che, proprio al fine degli scatti di anzianità, escludeva la formazione acquisita dal lavoratore prima dei diciotto anni di età.

13. Nè la conclusione alla quale si perviene è contraddetta da quella giurisprudenza (Cass., sez. lav., 14 agosto 2004, n. 15878) che ritiene legittimo un livello retributivo più basso, a parità di mansioni, per i lavoratori che siano – o addirittura che siano stati – in formazione e lavoro.

La prospettiva è tutt’affatto diversa; è quella degli interventi, diretti o indiretti, di contrasto della disoccupazione giovanile (v.

ad es. D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 16, conv. con L. 19 luglio 1994, n. 451, che aveva previsto che lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro potessero essere inquadrati ad un livello inferiore a quello di destinazione), i quali, nella misura in cui, eccezionalmente e temporaneamente, comprimono diritti specificamente previsti, non possono essere utilizzati in via parametrica per limitare anche tutele a carattere generale poste da altre disposizioni di legge. Non è senza rilievo considerare che in quelle pronunce in cui questa corte (Cass., sez. lav., 10 aprile 2006, n. 8310; id., 12 aprile 2006, n. 8537) ha ritenuto legittimo il salario di ingresso ed. prolungato, si è parimenti ritenuto illegittima la clausola di sterilizzazione del periodo lavorativo ai fini degli scatti di anzianità.

14. In conclusione il contrasto di giurisprudenza va risolto ribadendo l’orientamento giurisprudenziale più volte affermato da questa corte prima delle citate pronunce del 2009.

Deve quindi riaffermarsi – come principio di diritto – che la disposizione contenuta nel D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 3, commi 5 e 12, convertito, con modificazioni, nella L. 19 dicembre 1984 n. 863, secondo cui in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità è presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli aumenti periodici di anzianità previsti di cui art. 7, lett. c), dell’accordo nazionale 11 aprile 1995, riprodotto senza modifiche nel successivo art. 7, lett. c), dell’accordo nazionale 27 novembre 2000 per i dipendenti di aziende di trasporto in concessione.

15. Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute che hanno visto insorgere il contrasto di giurisprudenza ora così composto) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2010

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