Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20074 del 02/09/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 20074 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: MASSERA MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso 10481-2012 proposto da:
MANIERO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
2013

VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio

361

dell’avvocato MANZI LUIGI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CACCIAVILLANI IVONE,
per delega a margine del ricorso;

Data pubblicazione: 02/09/2013

- ricorrente contro

COMUNE DI SANT’ANGELO DI PIOVE DI SACCO, in persona
del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA DELL’OROLOGI0,7, presso lo studio

difende unitamente all’avvocato GRIMANI PIER VETTOR,
per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 38/2012 del TRIBUNALE
SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il
07/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. MAURIZIO
MAS SERA;
uditi gli avvocati Emanuele COGLITORE per delega
dell’avvocato Luigi Manzi, Chiara PESCE per delega
dell’avvocato Nicola Marcone;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

dell’avvocato MARCONE NICOLA, che lo rappresenta e

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – Con ricorso notificato in data 18 settembre 2007 Francesco Maniero
addusse avanti al Tribunale Superiore della Acque Pubbliche che nel
precedente mese di giugno il Comune di Sant’Angelo di Piove di Sacco
aveva intrapreso lavori di sistemazione di un fossato di scolo delle acque
invadendo un proprio terreno, senza averlo preventivamente interessato.
Il Maniero assunse che in tal modo il Comune aveva occupato

l’ordinanza del 12 ottobre 2005 con la quale il responsabile del settore
ecologia e ambiente del Comune aveva ordinato ai proprietari dei fondi
confinanti con gli alvei di corpi d’acqua superficiali ovvero ai proprietari di
canali, fossi e scoline contigui a strade comunali e vicinali di provvedere
alla manutenzione degli stessi al fine di consentire il normale deflusso
delle acque ed evitare allagamenti di strade comunali.
In particolare sostenne l’incompetenza della Giunta comunale ad
approvare il progetto volto alla tutela del sistema idrico minore,
trattandosi di materia attribuita alla competenza esclusiva del Consorzio
di Bonifica e, in ogni caso, di atto di competenza del Consiglio comunale.
2 – Radicatosi il contraddittorio, il Comune resistente eccepì la tardività e
inammissibilità del ricorso e la sua infondatezza nel merito.
3 – Con sentenza in data 25 gennaio – 7 marzo 2012 il Tribunale
Superiore delle Acque Pubbliche respinse il ricorso.
Il TSAP osservò per quanto interessa: i provvedimenti contestati
rientravano nella competenza del Comune perché i corpi d’acqua oggetto
dell’intervento comunale non erano quelli di competenza dei Consorzi di
bonifica; gli atti contestati rientravano nella competenza della Giunta
trattandosi dell’organo comunale a competenza generale; l’ordinanza del
responsabile del Servizio del Comune non aveva natura regolamentare,
ma si trattava di provvedimento a contenuto concreto, di natura
amministrativa; la domanda restitutoria e risarcitoria, già preclusa dal
rigetto della domanda di annullamento, era infondata.
4 – Avverso la suddetta sentenza il Maniero ha proposto ricorso per
cassazione affidato a tre motivi, il primo dei quali articolato in quattro
censure.

1

illecitamente la sua proprietà non valendo a legittimarne l’operato

Il Comune di Sant’Angelo di Piove di Sacco ha resistito con controricorso,
tra l’altro riproponendo l’eccezione di tardività del ricorso superata dal
TSAP per la ritenuta infondatezza del medesimo.
Entrambe le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 – Il Comune resistente ripropone l’eccezione – sostanzialmente non
esaminata dal TSAP – di inammissibilità per tardività del ricorso proposto

Assume il resistente che il ricorso era stato proposto oltre il termine di
sessanta giorni di cui all’art. 143 RD 1775/1933 dall’ordinanza n. 43
adottata il 12 dicembre 2005, ampiamente pubblicizzata, del responsabile
del Settore Ecologia e Ambiente del Comune e dalla delibera della Giunta
Comunale n. 149 in data 29 novembre 2006.
1.2 – L’eccezione è manifestamente infondata poiché il secondo comma
dell’art. 143 RD citato stabilisce che il suddetto termine di sessanta giorni
decorre “dalla data in cui la decisione amministrativa sia stata notificata
nelle forme e nei modi stabiliti” (mediante consegna o trasmissione di
una copia di esso in forma amministrativa all’interessato), adempimento
di cui non ha stata offerta la prova.
Occorre rilevare al riguardo, che il ricorrente ha precisato che gli atti
sopra indicati vennero solo pubblicizzati mediante affissione all’albo
pretorio.
2.1 – Il resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso anche per difetto
di interesse ad agire sul rilievo che l’intervento eseguito del Comune si
era tradotto in un indubbio vantaggio per la proprietà del ricorrente.
2.2 – L’eccezione è formulata in termini assolutamente generici. In sede
di ricorso al TSAP, il Maniero aveva sostenuto che, per eseguire
l’intervento, il Comune aveva illecitamente occupato la sua proprietà e,
nel ricorso per cassazione, ha spiegato che il Comune in realtà era
intervenuto per assicurare il deflusso della acque dalla Nuova Zona
Industriale dal medesimo realizzato a monte del fondo del ricorrente.
Le circostanza sopra riferite giustificano l’interesse ad agire del Maniero.
3 – Il primo motivo di ricorso adduce violazione e falsa applicazione di
norme di diritto in relazione a molteplici disposizioni del codice civile in
tema di regimazione privatistica delle acque in relazione all’art. 360, n. 3
c.p.c.
2

avanti a quel Giudice.

Il motivo prospetta quattro diverse censure:
3.1 – Violazione dell’art. 142 della Costituzione in relazione agli artt. 834,
868 e 913 c.c.
Premesso che il diritto di proprietà può essere affievolito ad interesse
legittimo da un atto della P.A. solo se previsto dalla legge e disposto con
atto legittimo, assume che tali presupposti difettano nella specie.
3.2 – In sede di ricorso per cassazione non è denunciabile la violazione di
di merito.
Sostanzialmente si assume che nessuna legge attribuisce al Comune la
funzione di assicurare il buon regime idraulico del territorio comunale e
che semmai vi debbono provvedere i consorzi dei proprietari.
In linea generale ciascun Comune ha il potere – dovere di vigilare e
intervenire affinché sia mantenuto un corretto assetto del proprio
territorio, quindi ha la facoltà di intimare ai privati l’esecuzione di opere di
manutenzione necessarie al normale deflusso delle acque al fine di
evitare allagamenti di aree pubbliche e, in difetto, ha la conseguente
facoltà di provvedervi direttamente.
La costituzione di consorzi è una facoltà consentita dalla norma (art. 862
c.c.) che, però, non la impone.
Nella specie la sentenza impugnata ha evidenziato che i corpi d’acqua
oggetto dell’intervento comunale non erano compresi in quelli di
competenza dei Consorzi di bonifica esistenti.
3.3 – violazione dell’art. 47 in relazione all’art. 42 del TUEL D.Lv.
267/2001 (rectius: 2000) Ordinamento degli Enti Locali (questa secondo
censura è erroneamente contrassegnata con il n. 3).
Il ricorrente ripropone il tema della incompetenza relativa della Giunta
municipale ad approvare il progetto di intervento per “assicurare il buon
regime idraulico del territorio comunale” a favore del Consiglio Comunale
cui – secondo il suo assunto – spetta per legge.
3.4 -La censura, in evidente contrasto con la precedente con la quale era
stato negato in radice il potere d’intervento del Comune, è infondata.
Il riferimento all’art. 42 TUEL, che assegna al Consiglio Comunale
“programmi, piani finanziari, programmi triennali ed elenco annuale dei
lavori pubblici” è evidentemente inconferente poiché nella specie non si
trattava di programmare una serie di lavori da eseguire nel tempo, ma di
3

norme di diritto che non abbia formato oggetto di trattazione nel giudizio

operare un intervento urgente per correggere una situazione
potenzialmente pericolosa.
Appare, quindi, corretto l’inquadramento operato dal TSAP nel novero
degli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo non riservati per
legge al Consiglio comunale, secondo la previsione del successivo art. 48.
3.5 – Violazione dell’art. 8 del Regol. Com . di polizia rurale trascritto di
seguito all’ordinanza, in virtù della quale la competenza ad emanare il
3.6- La censura è inammissibile perché non prospettata in sede di
merito. Al fine di evitare la suddetta statuizione di inammissibilità, per
novità della censura, il ricorrente avrebbe dovuto allegare l’avvenuta
deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e, nel rispetto del
principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, indicare in quale
atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde dar modo alla Corte di
controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare
nel merito la questione stessa.
3.7 – Violazione dell’art. 5 della “legge fondamentale” n. 2248/1865/E.
Secondo l’assunto il TSAP avrebbe dovuto disapplicare un atto in
contrasto con le leggi sotto i profili denunciati.
3.8 – La censura è inammissibile sia perché del tutto nuova, sia perché
presuppone raccoglimento delle precedenti, stante la ritenuta legittimità
dei provvedimenti de quibus.
4.1 – Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. in
relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. (mancata rispondenza del decisum al
petitum).
Assume il ricorrente che il TSAP ha ritenuto la domanda restitutoria e
risarcitoria preclusa dal rigetto della domanda di annullamento, senza
considerare che la predetta domanda, anche se consequenziale all’altra,
era autonoma.
4.2 – La doglianza è inammissibile per due ordini di ragioni. In primo
luogo la violazione dell’art. 112 c.p.c. va fatta valere ai sensi del n. 4 non del n. 3 – dell’art. 360 c.p.c. e sussiste solo allorché la sentenza
impugnata abbia del tutto pretermesso una domanda, mentre nella
specie lo stesso ricorrente riconosce che il TSAP l’ha ritenuta preclusa,
quindi l’ha esaminata.
4

provvedimento sarebbe spettata al sindaco.

eCIAN011
In secondo luogo perché ft. ca solo una delle ratio decidendi della
sentenza impugnata, secondo cui la domanda era in ogni caso infondata
poiché l’intervento del Comune, di pulizia e risezionamento, non aveva
coinvolto direttamente la proprietà del fondo del ricorrente, ma solo il
fondo confinante.
5.1 – Il terzo motivo lamenta difetto assoluto di motivazione sul punto
decisivo, che l’intervento del Comune non abbia leso la proprietà del
Si assume che il C.T.U. ha accertato che è rimasta interessata “una fetta
di margine” del fondo del ricorrente.
5.2 – Anche questa censura è inammissibile per due ordini di ragioni.
In primo luogo non rispetta l’art. 366, n. 6 c.p.c. Queste Sezioni Unite
hanno già avuto occasione di affermare (Cass. Sez. Un. 25 marzo 2010,
n. 7161) che, in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366, primo comma,
n. 6, cod. proc. civ., novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere
l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi
posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede
processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata
all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369, secondo comma,
n. 4 cod. proc. civ., per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a)
qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso
ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del
fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e
la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia
stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante
l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di
merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la
produzione del documento, ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 4, cod.
proc. civ., per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di
legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza
documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di
merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso
(art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso
e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della
possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa
5

ricorrente (art. 360, n. 5 c.p.c.).

individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del
ricorso.
Questi precetti non sono stati soddisfatti con riferimento alla relazione del
C.T. U.
Sotto diverso profilo, il ricorrente sottopone all’esame delle Sezioni Unite
una questione che attiene al merito e che, quindi, non può trovare
ingresso in sede di legittimità
Le spese seguono il criterio della soccombenza. La liquidazione avviene
come in dispositivo alla stregua dei soli parametri di cui al D.M. n.
140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
P.Q. M .

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, liquidate in complessivi €. 4.200,00, di cui €.
4.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Roma 11.6.2013.
Il Constaliere stensore

Il Presidente.

6 – Pertanto il ricorso è rigettato.

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