Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2007 del 29/01/2020
Cassazione civile sez. lav., 29/01/2020, (ud. 11/09/2019, dep. 29/01/2020), n.2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12786-2016 proposto da:
B.S., D.R.A., F.D.,
G.L., Z.G., V.F., P.M., PO.BA.,
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 34,
presso lo studio dell’avvocato MARCO GUSTAVO PETROCELLI, che li
rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
TELECOM ITALIA S.P.A. in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22,
presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA, ROBERTO ROMEI,
FRANCO RAIMONDO BOCCIA, ENZO MORRICO, che la rappresentano e
difendono;
TELECOM ITALIA INFORMATION TECHNOLOGY S.R.L.,(già SHARED SERVICE
VENTER S.R.L.), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo
studio degli avvocati ARTURO MARESCA, ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO
BOCCIA, ENZO MORRICO, che la rappresentano e difendono;
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 7434/2015 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/11/2015, r.g.n. 9543/2012.
Fatto
RILEVATO
CHE:
Con ricorso al Tribunale di Roma, B.S. e gli altri sette lavoratori in epigrafe, esponevano: – di aver lavorato alle dipendenze di Telecom Italia con vari inquadramenti contrattuali, curando, in sequenza e stretto collegamento con gli altri, un segmento dell’attività diretta alla creazione, installazione ed esercizio delle soluzioni informatiche; – che il riparto di competenze tra i vari settori non era rigido e la professionalità degli addetti era omogenea, sì da consentirne l’impiego promiscuo; – che, nel febbraio 2010, i settori Software Factory, Collaudo, Esercizio ed Infrastrutture erano stati raggruppati nel nuovo settore IT Operations, senza che ciò avesse comportato alcuna variazione delle precedenti modalità di lavoro; – che tale nuovo settore era stato identificato dalla società, nel marzo 2010, in seno alla procedura di consultazione sindacale L. n. 428 del 9, ex art. 47 come ramo d’azienda suscettibile di cessione, e quest’ultima si era perfezionata in data 1.5.10 a beneficio di Shared Service Center (SSC), società interamente controllata dalla cedente (e successivamente divenuta TELECOM ITALIA INFORMATION TECHNOLOGY), alle cui dipendenze gli esponenti (come altre 2150 unità, formalmente assegnate al settore IT Operations) erano passati ex art. 2112 c.c.; – che, anche dopo la cessione, nulla era di fatto mutato nell’organizzazione del lavoro in seno alla funzione Information Technology; – che la cessione non era conforme ai requisiti richiesti dall’art. 2112 c.c., giacchè il preteso ramo mancava di un’organizzazione autonoma, sia sotto il profilo tecnico – produttivo, sia sotto il profilo gestionale-finanziario (in quanto il personale ceduto continuava ad essere amministrato dalla casa madre, ed il relativo ramo, come l’intera SCC, non era destinato a produrre profitti, nè a perseguire un fine produttivo proprio); – che i servizi ceduti, peraltro, erano stati arbitrariamente individuati, erano di per sè eterogenei, perchè insuscettibili di essere ricondotti ad un unitario disegno d’impresa, e mancavano del sostrato materiale minimo (macchinari, attrezzature, licenze) per poter essere esercitati all’infuori dell’indispensabile supporto di Telecom Italia; – che la cessionaria SSC era dunque un mero contenitore della manodopera in esubero, di cui la capogruppo aveva deciso di disfarsi, in assenza del consenso ex art. 1406 c.c. dei lavoratori ceduti.
Ciò premesso, i ricorrenti domandavano, nei confronti di entrambe le società: – accertarsi la nullità e quindi l’inefficacia della cessione nei loro confronti e condannare Telecom Italia a riammetterli nel suo organico.
Entrambe le società resistevano alle domande.
Il Tribunale, all’esito dell’istruttoria svolta, rigettava le domande, ritenendo che la cessione aveva riguardato un’articolazione funzionalmente autonoma di una preesistente attività economica organizzata, essendo la parte ceduta dotata di mezzi, strutture e personale suo proprio ed essendo essa stabilmente destinata alla fornitura di servizi in ambito informatico.
Avverso tale sentenza proponevano appello i lavoratori.
Resistevano le società convenute.
Con sentenza depositata il 26.11.15, la Corte d’appello di Roma respingeva il gravame compensando le spese, accertando, conformemente a quanto fatto dal primo giudice, l’autonomia tecnico-giuridica e gestionale finanziaria del ramo di azienda ceduto.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso i lavoratori, affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria, cui resistono le società con distinti controricorsi.
All’adunanza del 20/2/19 veniva assegnato, ex art. 384 c.p.c., comma 3, termine alle parti per osservazioni scritte in ordine al venir meno dell’interesse alla definizione nel merito della controversia a seguito della incorporazione, da parte di Telecom Italia s.p.a., della società TI.IT come risultava da apposita istanza di Telecom per altra analoga causa trattata nella stessa adunanza, oltre che in numerose controversie trattate da questa Corte all’udienza del 14/6/18. La causa veniva dunque rinviata a nuovo ruolo.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
A seguito dell’ordinanza 20/2/19 la Telecom ha presentato istanza di declaratoria di cessazione della materia del contendere, mentre i ricorrenti, basandosi su precedente pronuncia di questa Corte, resa precedentemente alla notizia dell’avvenuta incorporazione da parte di Telecom della T.I.I.T., hanno insistito per l’accoglimento del ricorso, che non può evidentemente statuirsi dopo che essi sono già tornati ad essere dipendenti Telecom a seguito della menzionata incorporazione di T.I.I.T., venendo così meno l’interesse, concreto ed attuale, alla pronuncia richiesta dai ricorrenti.
Le peculiari vicende di causa ed il sopravvenuto fatto dell’incorporazione giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio, anche alla luce di Corte Cost. n. 77/18.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 11 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020