Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2007 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. lav., 28/01/2010, (ud. 27/11/2009, dep. 28/01/2010), n.2007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

T.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VARRONE

9, presso lo studio dell’avvocato MARANELLA STEFANO, che li

rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. 2009

MANTEGAZZA 24, presso LUIGI GARDIN, rappresentata e difesa

dall’avvocato LANZALONE GIUSEPPE, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2121/2007 della CORTE D’APPELLO di LECCE

dell’11.10.07, depositata il 05/11/2007;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. VELARDI Maurizio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al giudice del lavoro di Brindisi P.R. chiedeva che fosse dichiarato nullo il licenziamento intimatogli dall’avv. T.D., alle cui dipendenze aveva svolto mansioni di impiegata, essendo il recesso intervenuto durante il suo stato di gravidanza e, conseguentemente, durante il periodo di divieto del licenziamento.

Accolta la domanda, il T. proponeva appello sostenendo che il licenziamento era stato irrogato ai sensi della L. 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 3, lett. a) all’epoca vigente ed applicabile ratione temporis, essendo la dipendente incorsa in colpa grave.

La Corte di appello di Lecce con sentenza 11.10 – 5.11.07 rigettava l’impugnazione ritenendo non provata e, comunque, in fatto esclusa l’esistenza della colpa grave.

Proponeva ricorso per Cassazione l’avv. T. con unico motivo deducendo violazione della L. 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 2, comma 3, lett. a) e del D.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026, art. 3, comma 1 nonche’ omesso esame di circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione, nella sostanza ritenendo che il giudice non avrebbe preso in adeguata considerazione la tesi difensiva da lui prospettata a proposito della esistenza della giusta causa di licenziamento per colpa grave della dipendente. Il quesito proposto e’ il seguente: se in applicazione della L. 30 dicembre 1971, n. 1204, art 2, comma 3, lett. a) la lavoratrice in gravidanza possa essere licenziata per colpa grave e se l’assenza ingiustificata dal lavoro per piu’ di sette giorni costituisca colpa grave.

Si difendeva con controricorso la dipendente intimata.

Il consigliere relatore redigeva relazione ex art. 380 bis c.p.c., che veniva comunicata al Procuratore generale ed era notificata unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza in camera di consiglio ai difensori costituiti. Il T. ha depositato memoria.

Il relatore ha posto in evidenza due profili di infondatezza del ricorso, sottolineando l’insufficienza del quesito e, in subordine, l’insussistenza del denunziato omesso esame.

Ritiene il Collegio di dover esaminare prioritariamente, per evidente pregiudizialita’ logica, la rilevata insufficienza del quesito.

Al riguardo va rilevato che effettivamente esiste la carente formulazione del quesito di diritto proposto dalla parte ricorrente ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.. La formulazione prevista da tale norma postula “l’enunciazione ad opera del ricorrente di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato e percio’ tale da implicare un ribaltamento della decisione del giudice a quo” (Cass. 22.6.07 n. 14682), “tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte” (Cass.. S.u., 16.11.07 n. 23732).

La questione di diritto deve essere, inoltre, conferente al decisum della sentenza impugnata, nel senso che la risposta, se positiva per il richiedente, deve avere rilevanza diretta nella fattispecie perche’ attinente alla questione in esame (Cass., S.u., 21.6,07 n. 14385).

Nel caso di specie, invece, l’unico motivo si conclude con la richiesta di affermazione di un principio di diritto ovvio, per una parte ripetitivo del testo di legge e per il rimanente diretto a richiedere al Collegio la formulazione di un inammissibile giudizio di fatto in punto di riscontro della colpa grave nel comportamento ascritto alla controparte.

In ragione di tale insufficienza, va dunque applicata la sanzione di inammissibilita’ prevista dall’art. 366 bis c.p.c. e, assorbito il profilo di infondatezza nel merito, deve essere dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso.

Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Cosi’ deciso in Roma, il 27 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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