Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2007 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 24/01/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 24/01/2022), n.2007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2071-2016 proposto da:

A.R., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA CRESCENZIO 2, presso lo studio dell’avvocato EZIO

BONANNI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S., – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA

CARCAVALLO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 996/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 06/08/2015 R.G.N. 1499/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/10/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.

 

Fatto

Rilevato che:

1. la Corte di appello di Salerno, rigettati sia gli appelli principali che quelli incidentali, ha confermato la decisione di primo grado che, con riferimento alla domanda degli odierni ricorrenti di riconoscimento dei benefici previdenziali derivanti dall’esposizione all’amianto e di risarcimento del danno, in parziale accoglimento della stessa, aveva riconosciuto la rivalutazione contributiva nella misura dell’1,25, utile ai fini della determinazione dell’importo del trattamento pensionistico, solo in relazione ad alcuni lavoratori;

2. per quanto rileva in questa sede, la Corte di appello ha osservato come il CTU nominato in primo grado avesse evidenziato che l’esposizione alle fibre di amianto era avvenuta fino al 28 aprile 1994 così delimitando, sul piano temporale, l’arco di riferimento per l’attribuzione della rivalutazione contributiva spettante. Per la Corte territoriale, il perito aveva analiticamente esaminato la posizione dei singoli ricorrenti, per ciascuno indicando il periodo di esposizione;

3. in particolare, la valutazione tecnica era stata condotta sulla base delle mansioni da ciascuno svolte, della mappatura dei materiali contenenti amianto, della struttura dello stabilimento di Battipaglia e del suo ciclo produttivo, delle risultanze dei libretti di lavoro, dell’estratto previdenziale, delle buste paga, dei documenti prodotti dalla società, tra cui i curricula lavorativi. Era stato utilizzato, inoltre, il parere Contarp, con la nota integrativa del 3 aprile 2007, ed inoltre erano state considerate le perizie di parte e il documento ENPI dell’impianto di Latina. Infine, l’ausiliario aveva eseguito vari accessi sui luoghi e tenuto conto dei piani di rimozione e smaltimento dell’eternit forniti dalla Asl e relativi ad un progetto del 2008 e il 2009;

4. la sentenza impugnata ha evidenziato che, a partire dal 1991, i materiali di amianto erano stati gradualmente sostituiti con altri materiali privi di tali sostanze e che, pertanto, solo fino ad aprile 1994, era perdurata l’esposizione al rischio qualificato. I giudici hanno osservato come i dati “sulla bassa o quasi nulla” concentrazione di amianto in epoca successiva risultavano confermati, tra l’altro, dalle indagini eseguite dalla società Analisi Chimiche e consulenza, nel febbraio del 1996;

5. rispetto a tali evidenze, la Corte ha giudicato non convincenti le critiche mosse sia dall’Inps, dirette a negare in toto l’esposizione qualificata dei lavoratori all’amianto, sia dai lavoratori, volte al riconoscimento di una diversa e maggiore esposizione, per cui ha ritenuto non opportuno disporre una nuova CTU per la complessità di quella già resa e tenuto conto della obiettiva, difficile ricostruzione, a distanza di tempo, delle caratteristiche delle condizioni dell’ambiente di lavoro;

6. inoltre, per la Corte di appello, anche ai ricorrenti L.R. e A.R. – che avevano evidenziato di aver presentato la domanda all’INAIL in data 1.10.2003 – andava riconosciuto il beneficio della rivalutazione con il coefficiente dell’1,25, poiché “la mera presentazione all’INAIL della domanda di rilascio del certificato di esposizione all’amianto (pur idonea ad evitare la decadenza) non (poteva) integrare il requisito previsto dalla legge e dalla S.C. (id est: Suprema Corte) per considerare applicabile la (più favorevole) previgente disciplina (…)”;

7. avverso la decisione, hanno proposto ricorso in cassazione i lavoratori in epigrafe con otto motivi, cui ha resistito, con controricorso, l’INPS;

8. parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

Considerato che:

9. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13; la falsa applicazione della L. n. 326 del 2003, art. 47, nn. 1 e 5, della L. n. 326 del 2003, art. 47, comma 6 bis; della L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 132, in ordine alla posizione dei sig. L.R. e A.R., in relazione ai quali la Corte di appello ha riconosciuto esclusivamente il coefficiente rivalutativo dell’1,25 e non la più favorevole disciplina con l’applicazione del coefficiente dell’1,5 nonostante fosse provata la presentazione della domanda all’INAIL di attestazione dell’esposizione all’amianto in data 1.10.2003 (e, dunque, prima del 2.10.2003);

10. il motivo è fondato;

11. invero, in forza della L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 132, la presentazione della domanda originaria all’INAIL in data precedente al 2.10.2003 determina l’applicazione del regime di rivalutazione contributiva più favorevole (sia sotto il profilo del quantum sia sotto il profilo dell’operatività del beneficio) stabilito dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, con diritto, per un verso, al coefficiente di 1,5, per quanto attiene l’entità del beneficio accordato dalla legge e, per altro verso, ad utilizzare la contribuzione riconosciuta per esposizione ad amianto, ai fini del conseguimento del diritto a pensione e non soltanto per l’aumento del quantum della prestazione pensionistica;

12. a tale riguardo, va ricordato che il regime intertemporale (con la salvezza del precedente più favorevole regime previsto della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, sotto i due aspetti indicati) è stato delineato – oltre che dal D.L. n. 269 del 2003, art. 47, comma 6-bis, convertito nella L. n. 326 del 2003, anche con la successiva L. 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004) la quale, nell’art. 3, comma 132, ha disposto: ” In favore dei lavoratori che abbiano già maturato alla data del 2.10.2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’Inail o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall’Inail”. La norma (intervenuta dopo il comma 6 bis introdotto in sede di conversione del D.L. n. 269 del 2003 dalla L. n. 326 del 2003), in sostanza, ha esteso il regime previgente (e più favorevole) a tutti lavoratori che prima del 2.10.2003 (oltre ad aver ottenuto sentenze favorevoli) avessero ottenuto o anche semplicemente richiesto all’Inail la certificazione dell’esposizione all’amianto; ed ha riconosciuto quindi come intangibili detti accertamenti, ancorché i medesimi lavoratori non avessero maturato alla stessa data e nel contempo i requisiti contributivi ed anagrafici per il diritto al trattamento pensionistico o non avessero effettuato alcuna domanda all’Inps ai sensi e per gli effetti di cui al cit. D.L. n. 269 del 2003, art. 47, comma 6-bis. La norma contenuta nella legge finanziaria ha, quindi, fatto salvo il diritto all’applicazione della più favorevole normativa sulla base della semplice richiesta avanzata all’INAIL per la certificazione dell’esposizione;

13. pertanto, in applicazione di tale chiara disciplina (su cui Cass. n. 8649/12 e, tra le altre, Cass. n. 27872 del 2019), solo se la domanda di certificazione all’INAIL sia stata presentata in data successiva al 2.10.2003 opera il meno favorevole regime stabilito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 47 convertito nella L. n. 326 del 2003 e salvo che sussistano le altre situazioni previste dal cit. art. 47, comma 6-bis, che già consentivano di applicare il regime più favorevole (v., ex plurimis, Cass. n. 15679 del 2006);

14. la Corte di appello, pur dando atto che i lavoratori avevano dedotto la presentazione della domanda in data 1.10.2003 (v. pag. 22 sentenza impugnata), ha ritenuto la circostanza di fatto irrilevante ai fini dell’individuazione del regime di tutela applicabile, così pretermettendo un accertamento rilevante ai fini dell’esatta applicazione della norma di legge;

15. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – è dedotta la nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine alle domande di risarcimento dei danni formulate dai ricorrenti nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e respinte con la decisione di primo grado nonché per difetto di pronuncia in ordine al rischio morbigeno dimostrato con la nota del 13.7.2015 versata agli atti in data 14.7.2015 ovvero per violazione delle norme di cui agli artt. 112 e 434 e ss. c.p.c. e di cui agli artt. 24 e 11 Cost., art. 6 CEDU e art. 47Carta di Nizza;

16. parte ricorrente deduce che con l’atto di appello principale e con quello incidentale, in relazione all’appello principale dell’INPS, i ricorrenti avevano censurato la decisione di primo grado di rigetto della domanda risarcitoria e che su tale motivo di gravame la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata, così incorrendo, con specifico riferimento alle posizioni dei sig. A.R., L.R., M.L. e C.F. (v. pag. 58, terzo cpv del ricorso in cassazione), nel vizio di omessa pronuncia;

17. del pari fondato è il secondo motivo;

18. le censure sono, in primo luogo, ammissibili, risultando assolte le prescrizioni desumibili dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4; il contenuto essenziale degli atti processuali è riprodotto nel ricorso e gli stessi risultano ritualmente depositati;

19. ciò posto, la Corte di appello effettivamente ha omesso di provvedere in ordine alla domanda risarcitoria, devolutale con gli atti di impugnazione, e, pertanto, la sentenza impugnata risulta viziata anche per tale profilo;

20. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio ovvero assenza di motivazione in ordine al rigetto della domanda risarcitoria per illegittimità dei provvedimenti di diniego dell’INPS rispetto alle domande amministrative L. n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8;

21. con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1173,1218,1223,1453 e/o 2043 e 2059 c.c. in combinato disposto con gli artt. 32 e 38 e/o 97 e 98 Cost. e di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. Il profilo del risarcimento è sviluppato, nel merito, attraverso la deduzione di violazione di plurime norme sostanziali;

22. il terzo e il quarto motivo sono logicamente assorbiti dall’accoglimento del secondo motivo;

23. con il quinto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 191 e ss e 445 c.p.c. in combinato disposto con il D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31 e della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. E’ dedotta l’adesione, in modo acritico, alle risultanze della CTU di primo grado, oggetto di gravame. Parte ricorrente deduce che la Corte di appello avrebbe fondato il decisum esclusivamente sulle risultanze del predetto elaborato peritale, senza adeguatamente motivare in ordine alle ragioni per cui non aveva tenuto in conto le altre consulenze. I ricorrenti evidenziano, tra l’altro, che il perito si sarebbe avvalso, nella sua indagine, di documenti che “non (erano) stati depositati (…) in assenza di contraddittorio” ed assumono, altresì, la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui, per un verso, riporta le risultanze della CTU che collocano, temporalmente, gli interventi di bonifica tra gli anni 2008 e 2009 e, dall’altro, afferma “la graduale sostituzione a partire dal 1994 dei materiali di produzione in amianto”. E’ censurata, inoltre, la mancata ammissione dei mezzi di prova richiesti con il ricorso introduttivo di primo grado e la mancata rinnovazione della CTU;

24. con il sesto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (tra gli altri, la manipolazione, per tutti, di materiali contenenti amianto, l’epidemia tra i ricorrenti ed i colleghi di una epidemia di patologie asbesto correlate, il riconoscimento, da parte di altre sentenze, dell’esposizione ad amianto per altri lavoratori della Nexans Italia spa dello stabilimento di Battipaglia fino al 2.10.2003, ecc.);

25. con il settimo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 252 del 1992, art. 13, comma 8, anche in relazione all’art. 416 c.p.c. e dei principi di diritto di cui alla pronuncia delle SS.UU. n. 11353 del 2004, in combinato disposto con le norme di cui al D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31 e di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e dell’art. 132 Cost., n. 4 e art. 111 Cost.;

26. parte ricorrente assume che l’INPS avrebbe omesso di contestare l’esposizione dei ricorrenti all’amianto, in concentrazioni superiori alle 100/ff/l, nella media delle otto ore lavorative fin dall’assunzione e che, dunque, i giudici avrebbero dovuto considerare detti fatti non controversi; i ricorrenti insistono in ordine alla nullità della consulenza recepita dalla Corte di appello ed evidenziano come la consulenza tecnica di parte e le indagine tecniche esperite in altri giudizi avessero condotto ad esiti diversi in relazione al medesimo ambiente di lavoro;

27. il quinto, il sesto ed il settimo motivo possono congiuntamente esaminarsi;

28. essi, nel complesso, censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente l’esposizione qualificata d’amianto solo fino al 1994, per alcuni lavoratori, e del tutto insussistente, per altri;

29. i rilievi presentano profili di inammissibilità e di infondatezza;

30. sono inammissibili le censure del quinto motivo con cui si assume la nullità della perizia utilizzata ai fini della decisione perché fondata su documenti forniti dal datore di lavoro e non oggetto di contraddittorio;

31. in parte qua, i rilievi sono generici; in ricorso neppure risultano trascritti i documenti in questione. Ciò impedisce, in radice, la verifica di fondatezza delle censure;

32. ugualmente inammissibili sono le censure del settimo motivo con cui si assume che le circostanze, rilevanti ai fini di un diverso esito della lite, allegate dai ricorrenti, non sarebbero state contestate dall’Inps. Le deduzioni non sono specifiche mancando la riproduzione, in ricorso, degli atti difensivi in base ai quali verificare la violazione del principio di non contestazione. Secondo l’insegnamento di questa Corte ” (…) il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare (o di affermare) (…)” (ex multis, Cass. n. 20637 del 2016; Cass. n. 7475 del 2020);

33. sono, invece, infondate le censure di acritica adesione alla CTU espletata in primo grado;

34. come emerge dalla sintetica ricostruzione riportata nello storico di lite, la Corte di appello ha esaminato compiutamente la consulenza tecnica d’ufficio espletata dinanzi al Tribunale e riconosciuto la completezza ed esaustività dell’elaborato di cui ha motivatamente condiviso le conclusioni;

35. le critiche ulteriori, invece, anche quelle sviluppate sub specie di violazione di legge, finiscono per esprimere un mero dissenso dell’iter argomentativo e investono, in modo non consentito, la scelta delle fonti di prova, di esclusiva competenza del giudice di merito, e la ricostruzione dei fatti da questi operata, non valutabile da questa Corte in presenza di una pronuncia cd. “doppia conforme”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 348 ter c.p.c. e, comunque, di rilievi che si pongono del tutto al di fuori del perimetro normativo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 come interpretato costantemente da questa Corte (Cass., sez.un., nn. 8053 e 8054 del 2014 e successive conformi);

36. i rilievi mossi alla sentenza sul piano motivazionale non considerano che, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014; Cass., sez. un., n. 8053 del 2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, venendo in rilievo, in sede di legittimità, solo le situazioni di anomalia motivazionale che implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante. Peraltro, si è pure affermato (vd. da ultimo Cass. n. 3126 del 2021) che al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione, così da doversi ritenere implicitamente rigettate le argomentazioni logicamente incompatibili con esse. Invero, il mancato esame di tesi difensive o di rilievi non compatibili con la decisione adottata non integra il vizio di cui all’art. 132 c.p.c., comma 4, dovendosi considerare implicitamente disattesi (Cass. n. 27402 del 2018; Cass. n. 26184 del 2019);

37. l’ottavo motivo, con cui, sotto profili diversi, parte ricorrente sviluppa le questioni di cui al primo motivo, è assorbito dall’accoglimento di quest’ultimo;

38. in conclusione, vanno accolti il primo ed il secondo motivo, rigettati il quinto, il sesto e il settimo motivo e assorbiti il terzo, il quarto e l’ottavo motivo;

39. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata, per un nuovo esame, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, che, nel deciderla, terrà conto dei principi innanzi esposti, valutando, in particolare, ai fini del regime di disciplina applicabile, se la domanda all’INAIL sia stata presentata prima del 2.10.2003;

40. al giudice di rinvio è rimessa, altresì, la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo, rigettati il quinto, il sesto ed il settimo motivo e assorbiti il terzo, il quarto e l’ottavo motivo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere in merito alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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