Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20069 del 14/07/2021

Cassazione civile sez. II, 14/07/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 14/07/2021), n.20069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12006-2016 proposto da:

B.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI

LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUIGI GRITTI,

FABIANA GRITTI;

– ricorrente –

contro

Z.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA M. PRESTINARI

13, presso lo studio dell’avvocato PAOLA RAMADORI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCA CAZZOLETTI;

– controricorrente –

contro

P.O.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 451/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 13/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/02/2021 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto dei primi cinque

motivi del ricorso e l’accoglimento del sesto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2008 B.B. agì in negatoria servitutis nei confronti di P.O. e Z.G., esponendo di essere proprietaria di un fabbricato con area antistante (aia) sito in Comune di (OMISSIS), e lamentando che i convenuti, proprietari di due diversi fondi confinanti, aveva posto in essere turbative con l’esercizio di attività che non corrispondevano all’unica servitù esistente in favore dei rispettivi fondi ed a carico del fondo dell’attrice, e cioè la servitù di passaggio pedonale per l’accesso agli orti retrostanti.

1.1. La convenuta Z. resistette e formulò domanda riconvenzionale per ottenere l’accertamento della servitù di passaggio pedonale e carraio per usucapione o per destinazione del padre di famiglia a favore del proprio fondo, o in subordine fosse costituita dell’interclusione del fondo.

Anche il convenuto P. riconvenzionale perché fosse accertata la servitù di passaggio pedonale e carraio per usucapione o per destinazione del padre di famiglia a favore del fondo di sua proprietà.

1.3. Il Tribunale di Brescia, con la sentenza n. 1984 del 2012, pubblicata il 19 giugno 2012, accolse la domanda dell’attrice soltanto nei confronti del convenuto P., rigettando la riconvenzionale da questi formulata, mentre rigettò la domanda dell’attrice nei confronti della convenuta Z., accogliendo parzialmente la riconvenzionale di costei, con accertamento dell’esistenza di una servitù di passaggio pedonale sul fondo di proprietà dell’attrice.

Lo stesso Tribunale dichiarò cessata la materia del contendere con riferimento alla domanda di rimozione dei manufatti posizionati dall’attrice a delimitazione dell’aia, e regolò le spese sulla base della soccombenza.

2. La Corte d’appello di Brescia, con la sentenza n. 451 del 2015, pubblicata il 13 aprile 2015, ha parzialmente riformato la decisione avuto riguardo al contenuto della servitù di passaggio in favore del fondo Z., da ritenersi esteso al passaggio carrabile, ed ha rimodulato le spese di lite.

2.1. In particolare, e per quanto ancora di rilievo, la Corte territoriale ha ricondotto la servitù di passaggio pedonale e carraio in favore del fondo Z. all’atto di divisione del 1914, richiamato nel successivo rogito del 1941.

Le spese di lite dei due gradi di giudizio sono state compensate tra le parti per due terzi, con condanna della B. alla rifusione del residuo.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.B. sulla base di sei motivi, ai quali resiste con controricorso Z.G.. Non ha svolto difese in questa sede P.O.. Il Pubblico ministero ha concluso con memoria scritta chiedendo l’accoglimento del sesto motivo di ricorso. La controricorrente ha depositato memoria in prossimità della camera di consiglio fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., artt. 112,163,164,183,184 e 345 c.p.c., e si lamenta che la Corte d’appello avrebbe accolto la domanda riconvenzionale della Z. e accertato l’esistenza di servitù di passaggio anche carrabile a vantaggio del fondo di sua proprietà sulla base del titolo contrattuale, come da richiesta formulata dalla Z. soltanto in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado.

Nella comparsa di risposta, infatti, la Z. aveva domandato l’accertamento della servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia e la modifica, pur essendo la modifica astrattamente consentita vertendosi in materia di diritti autodeterminati, in concreto aveva comportato la violazione del principio del contraddittorio e della parità delle armi, impedendo alla B. di difendersi e controdedurre sul piano probatorio in merito ad un tema di indagine nuovo.

1.1. Il motivo è infondato.

La ricorrente avrebbe potuto avere ragione a dolersi della violazione del diritto alla “parità delle armi” se avesse lamentato che il titolo contrattuale, sulla cui base la Corte d’appello ha deciso a favore della Z., era stato prodotto tardivamente. In quel caso, infatti, si sarebbe potuta porre la questione dell’introduzione di un nuovo tema di indagine, con le relative conseguenze sul piano del diritto di difesa.

Diversamente, una volta che il titolo contrattuale era stato acquisito agli atti, nessun vulnus è configurabile in danno dell’attrice, odierna ricorrente, per il fatto che la Corte territoriale ha riconosciuto il diritto della convenuta sulla base di quel titolo, e non per usucapione o destinazione del padre di famiglia come domandato espressamente dalla Z..

Trattandosi di diritti autodeterminati, l’accertamento della esistenza e consistenza della servitù di passaggio a favore del fondo Z. avrebbe potuto avvenire sulla base di uno qualunque dei possibili titoli, anche non invocato dalla parte interessata, purché risultante dagli atti (ex plurimis, Cass. 23/08/2019, n. 21641 del 2019; Cass. 06/04/2017, n. 8986; Cass. 08/01/2015, n. 40), e ciò imponeva all’attrice, odierna ricorrente, di contrastare la pretesa avversaria sotto tutti i profili rilevanti, compreso quello connesso alla fonte contrattuale della servitù.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 713,1027,1031,1032,1054,1058,1063,1064,1065,1100,1325 c.c., e si contesta la validità del progetto divisionale del 1914 che la Corte d’Appello ha considerato fosse il titolo costitutivo della servitù a favore del fondo Z..

La parte ricorrente assume che l’atto sarebbe incompleto, per mancata partecipazione e sottoscrizione di alcuni condividenti ( A., C., Gi. e Z.D.) ovvero del loro tutore, trattandosi di soggetti minorenni all’epoca dei fatti. In ogni caso, l’atto conterrebbe un progetto di divisione, al quale avrebbe dovuto fare seguito il vero e proprio atto divisionale, che non era stato prodotto in giudizio.

2.1. Il motivo è inammissibile per plurime, convergenti ragioni.

In primo luogo il ricorso non riporta il contenuto dell’atto del 1914, e ciò compromette l’autosufficienza del motivo (tra le molte, 19/08/2015, n. 16900), inoltre non risulta specificamente censurata l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’atto del 1914 era stato sottoscritto dagli eredi di Za.Ge.; ed infine, quanto alla asserita non definitività dell’atto del 1914, si tratta di questione non previamente sottoposta alla Corte d’appello, nonostante il fatto che l’atto di divisione del 1914 fosse richiamato nel rogito per notaio C. del 1941 nel quale la sentenza di primo grado aveva individuato il titolo costitutivo della servitù di passaggio in favore del fondo Z..

Peraltro, in senso contrario alla ricostruzione prospettata dalla ricorrente, la Corte d’appello ha accertato che nel rogito C. del 1941 gli eredi di Z.T. presero atto che sull’aia già appartenuta al de cuius gravava una servitù di passaggio costituita con l’atto di divisione del 1914 sottoscritto dagli eredi di Za.Ge. (“e’ riconosciuto ai minori Z. il diritto di transito a piedi e con carri per l’attuale ingresso e sull’aia di proprietà di Z.T. (…)”. Di qui la conclusione che il titolo della servitù era costituito dall’atto del 1914.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1027,1031,1058,1470,2643,2644,2646,2650 c.c. e si contesta che l’accertata servitù di passaggio non sarebbe opponibile all’attuale ricorrente, in quanto non risultante dall’atto di acquisto e non altrimenti conoscibile, a causa della mancata trascrizione dell’atto del 1914, in palese violazione dell’art. 1932 c.c., comma 2, previgente e dell’art. 2643 c.c., comma 4.

3.1. Il motivo, al pari del precedente, prospetta questioni riguardanti la trascrizione dell’atto del 1914 e del rogito del 1941, non previamente sottoposte alla Corte d’appello, ed è pertanto inammissibile.

La sentenza impugnata non fa cenno di tali questioni, né i motivi di appello, come riportati nel ricorso, contengono riferimento alcuno alle predette questioni.

4. Con il quarto motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1071 e 2697 c.c., e si lamenta che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare le disposizioni contenute nell’atto divisionale del 1914 alla luce dei rogiti che nel tempo avevano interessato i fondi asseritamente servente e dominante (periodo indicato dal 1914 al 1999). L’omissione avrebbe impedito di verificare se il fondo attualmente di proprietà di B.B. possa ritenersi gravato dalla servitù di passaggio, e, nell’eventualità, se lo sia a favore del fondo di Z.G..

4.1. Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

4.1.1. Risulta dalla sentenza impugnata, e non è contraddetto dalla ricorrente, che con l’appello era stata posta la questione della “confusione” in cui sarebbe incorso il Tribunale tra i fondi B. e P., entrambi derivanti dal fondo Z.T., dei quali soltanto il secondo (mappale (OMISSIS), proprietà P.) sarebbe gravato dalla servitù.

La censura è stata rigettata dalla Corte d’appello sul rilievo che il frazionamento del fondo servente “pacificamente avvenuto nel 1955” aveva comportato, per il principio di indivisibilità della servitù previsto dall’art. 1071 c.c., la permanenza del relativo diritto su ogni porzione dello stesso, e quindi anche sul mappale (OMISSIS) (oggi mappale (OMISSIS)) di proprietà della ricorrente B..

L’affermazione è corretta.

Il principio codificato nell’art. 1071 comporta che, in assenza di localizzazione della servitù, il frazionamento del fondo servente determina non il concentramento e l’estinzione, bensì la moltiplicazione della originaria unica servitù.

4.1.2. Le questioni in tema di localizzazione della servitù, di estinzione o aggravamento della stessa, come pure quelle relative al mancato esame comparativo degli atti che hanno interessato i fondi a partire dal 1914, sono nuove e come tali inammissibili, mentre è privo di interesse il tema del frazionamento del fondo dominante, che ha effetto moltiplicativo (ex plurimis, Cass. 03/07/2019, n. 17884; Cass. 13/05/2013, n. 11330; Cass. 31/01/2006, n. 2168; Cass. 15/04/1982, n. 2264), come già chiarito dalla Corte d’appello.

5. Con il quinto motivo è denunciata violazione o applicazione degli artt. 1362,1363,1366 e 2697 c.c., e si lamenta che la Corte d’appello non avrebbe valutato in maniera complessiva e globale gli atti negoziali riguardanti le operazioni di divisione e compravendita degli originari fondi dominante e servente, in violazione dei principi in materia di interpretazione dei contratti.

5.1. Il motivo è inammissibile.

In parziale continuità con il precedente motivo, ed al fine di sostenere la liberazione del fondo B. dalla servitù, si censura la violazione dei canoni di interpretazione avuto riguardo alla mancata complessiva valutazione degli atti di compravendita del 1955 ( Z.C.- G.V.) e del 1956 ( Z.C.- M.I.).

In disparte la genericità della contestazione, dalla quale non emerge quale dato documentale smentirebbe la conclusione cui è pervenuta la Corte d’appello, va ribadito che in sede di giudizio di legittimità non è consentito rivalutare gli atti prodotti in giudizio al fine di pervenire ad una diversa ricostruzione della quaestio facti, che spetta solo al giudice di merito.

6. Con il sesto motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 91,92,112,113 e 132 c.p.c., e si contesta la statuizione di condanna dell’appellante principale, odierna ricorrente, alla rifusione seppure parziale delle spese di lite al convenuto-appellato ed appellante incidentale P., che era risultato totalmente soccombente in entrambi i gradi di giudizio.

6.1. Il motivo è fondato.

L’actio negatoria servitutis proposta dalla B. nei confronti del P. è stata accolta, e ciò impediva alla Corte d’appello di condannare la parte vittoriosa alla rifusione delle spese in favore del soccombente, sia pure solo pro quota.

Risulta pertanto violato il principio secondo cui le spese di lite non possono essere poste a carico della parte vittoriosa (tra le molte, Cass. 04/08/2017, n. 19613; Cass. 11/01/2008, n. 406).

7. All’accoglimento del sesto motivo di ricorso segue la cassazione in parte qua della sentenza impugnata, con rinvio al giudice designato in dispositivo, che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigetta i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto, e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2021

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