Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20068 del 02/09/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20068 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: SEGRETO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 26606-2007 proposto da:
MILITARY EXPLOSIVE MANUFACTORING SRL , FERRO NICOLA,
VIRGILIO ANNA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
TARVISIO N.
FARSETTI

2,

presso

MASSIMO,

lo studio dell’avvocato

rappresentati

e

difesi

dall’avvocato VERDE GIOVANNI giusta delega in atti;
– ricorrenti –

2013

contro

1543

GOVERNO ITALIANO;
– intimato –

avverso

la

sentenza n.

2962/2006 della CORTE

1

Data pubblicazione: 02/09/2013

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/09/2006, R.G.N.
3144/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/07/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
SEGRETO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso;

2

udito l’Avvocato DANTE GROSSI per delega;

Ricorso n. 26606/2007
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 13.12.2000, Ferro Nicola, Virgilio Anna e la Military Explosive
Manufacturing s.r.l. convenivano davanti al Tribunale di Roma il Governo Italiano, in persona del
Presidente del consiglio dei Ministri per sentirlo condannare al risarcimento del danno emergenti
per £. 700 milioni , costituito da spese inutilmente sostenute ed un danno per lucro cessante per £.
9 miliardi, in esse compresa la perdita del contributo. Assumevano gli attori che erano stati ammessi

dal Ministero dell’Industria alle agevolazioni di cui alla 1. n. 488/1992, presentando un progetto che
prevedeva la realizzazione di un opificio industriale da adibire alla produzione di esplodenti ad uso
militare; che era stato concesso un contributo di £. 1.267.830.000; che il Ferro aveva stipulato un
compromesso per l’acquisto di un terreno da destinare alla costruzione di un opificio nel Comune di
Ailano, il quale aveva anche accordato la concessione edilizia, in deroga allo strumento
urbanistico; che successivamente il Comitato Regionale di controllo della Regione Campania aveva
annullato la delibera di concessione in deroga; che non era stato possibile realizzare l’opera per
mancanza di coordinamento tra il R.D. 6.5.1940, n. 635, concernente i requisiti degli opifici
destinati alla produzione di esplodenti e la discipina della materia urbanistica.
Secondo gli attori il Potere Legislativo dello Stato italiano, omettendo di fissare detto
coordinamento, non aveva osservato il precetto costituzionale di cui all’art. 41 Cost., ed era venuto
meno all’impegno di promuovere lo sviluppo delle piccole e medie imprese, imposto dall’art. 157
del trattato CEE.
Resisteva la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il tribunale di Napoli con sentenza del 6.5.2002, rigettava la domanda di Ferro Nicola e Virgilio
Anna; accoglieva la domanda della sola Military Explosive Manufacturing e condannava la parte
convenuta al risarcimento del danno pari al contributo perduto di £. 1.267.830.000.
Proponevano appello gli attori ed appello incidentale il Governo italiano.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza depositata il 26.9.2006 rigettava l’appello principale;
accoglieva quello incidentale del Governo italiano e rigettava anche la domanda della Military
Explosive Manufacturing.
Riteneva la corte di merito che non sussisteva l’illecito comunitario addebitato al convenuto, e ciò
anche con riguardo al regolamento CEE n. 2081/1993 ed alla Direttiva n. 82/1996.
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli attori, che hanno anche
presentato memoria.
Non ha svolto attività difensiva la parte intimata.
Motivi della decisione

l’.

3

1.Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 2043 c.c. a norma
dell’art. 360 n. 3 c.p.c..
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: “Se il ritardo con cui lo Stato Italiano ha
dato, in maniera parziale ed imperfetta, attuazione alle direttive dell’UE n. 82/501/CE e 96/82/CE
in materia di opifici a rischio di incidenti rilevanti, precludendo all’impresa ricorrente di Utilizzare il
finanziamento ottenuto per l’esercizio di un’attività economica pericolosa ritenuta meritevole di
incentivazione, possa essere ascritto allo Stato italiano a titolo di responsabilità aquiliana con
affermativa, se l’impugnata sentenza sia viziata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e
segg. cc .
2.1. Ritiene questa Corte che il suddetto motivo di ricorso è inammissibile, per mancato rispetto del
dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c.,applicabile alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata
pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009 n. 69.
Ai ricorsi proposti contro sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del d.
lgs. n. 40/2006, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo I.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. — introdotto dall’art. 6 del decreto — i motivi di ricorso debbono essere
formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art.
360, n. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un
quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360, 1° c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo
deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea giustificare la decisione.
Il quesito di cui all’art. 366-bis c.p.c., rappresentando la congiunzione fra la risoluzione del caso
specifico e l’enunciazione del principio generale, non può esaurirsi nella mera enunciazione di una
regola astratta, ma deve presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta, nel senso
che deve raccordare la prima alla seconda ed alla decisione impugnata, di cui deve indicare la
discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto, essendo evidente che una medesima
affermazione può essere esatta in relazione a determinati presupposti ed errata rispetto ad altri.
Deve pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti di carattere generale ed
astratto, privi di qualunque indicazione sul tipo della controversia, sugli argomenti addotti dal
giudice “a quo” e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere condivisi ( Cass. civ., Sez. Unite,
14/01/2009, n. 565).
Il quesito di diritto che, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., la parte ha l’onere di formulare
espressamente nel ricorso per cassazione a pena di inammissibilità, deve consistere in una chiara

conseguente sua condanna al risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. e, in caso, di risposta

sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, poiché la
norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è finalizzata a porre il giudice della legittimità in condizione di
comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e
di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris”. (Cass. Sez. Unite, 05/02/2008,
n.2658).
2.2. Nella fattispecie la formulazione del motivo ex art. 360 n. 3 c.p.c. per cui è chiesta la
cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis, c.p.c. , poiché non è
rimane astratto rispetto alla fattispecie concreta né è indicata quale è la regola iuris che si richiede
alla corte di pronunziare in sostituzione di quella errata adottata dalla sentenza impugnata.
3. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la corte di appello, nell’escludere la
responsabilità aquiliana dello Stato ha ritenuto travolto anche il diritto al finanziamento già
attribuito alla società M.E.M.. Ritengono i ricorrenti che, non avendo l’amministrazione dedotto
circostanze che importavano la caducazione del diritto al finanziamento e non avendo prodotto
impugnazione incidentale avverso la sentenza del tribunale che riconosceva tale diritto, il giudice di
appello aveva violato gli artt. 112 o 333 e 324 c.p.c..
4.1. Il motivo è infondato.
Va anzitutto rilevato che lo svolgimento del processo riportato dall setenza di appello è fatto
or
proprio dai ricorrenti che lo riportano integralmente nel ricors9 e • lo attraverso di esso intendono
soddisfare il requisito della sommaria esposizione dei fatti di causa, indicato a pena di
inammissibilità del ricorso dall’art. 366 ,n. 3 c.p.c..
Orbene in tale esposizione del fatto la Corte di appello ( e poi i ricorrenti nel ricorso) assume (p.5)
che gli attori nella citazione avevano affermato che l’impossibilità di realizzazione dell’opificio
aveva loro provocato un danno emergente di £. 700 milioni ed “un danno per lucro cessante di
almeno £. 9.000.000.000 in esse comprese la perdita del contributo” e che essi avevano convenuto il
governo italiano chiedendone la condanna al “risarcimento dei danni nella suindicata misura”.
Quindi gli stessi attori ( e non il primo giudice con “qualificazione giuridica inappropriata” come i
ricorrenti assumono) ritennero che vi era stata la perdita del contributo e che tanto costituiva danno
da lucro cessante.
Inoltre i ricorrenti (pag. 5 del ricorso) assumono testualmente che la domanda aveva ad oggetto,
oltre ad altre voci di danno,quella relativa alla” perdita del finanziamento”
In ogni caso il Tribunale con la sentenza di I grado riconobbe alla società MEM esclusivamente il
danno da perdita del contributo pari ad €. 1.267.830,00 e null’altro.

stato formulato il quesito di diritto con riferimento agli elementi del caso concreto, per cui esso

In conseguenza, avendo l’appellato Governo italiano proposto appello incidentale avverso tale
pronunzia che lo vedeva condannato solo nei confronti della società e su un’unica voce di danno,
cioè la perdita del contributo, l’impugnazione incidentale non poteva che investire la stessa.
4.2.In ogni caso con l’appello incidentale l’appellato Governo italiano chiedeva il rigetto della
domanda risarcitoria proposta dalla società Military Explosive Manifacturing, e quindi della
domanda nella sua interezza.
La corte di appello, dopo aver rigettato l’appello principale proposto dai ricorrenti principali, si è
avanzata da Military Explosive Manifacturing”.
Non si ravvisa quindi nessuna violazione degli artt. 112 o 333 e 324 c.p.c..
5. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Nulla per le spese non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, lì 3 luglio 2013.

limitato, in accoglimento dell’appello incidentale, a “respingere integralmente anche la domanda

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