Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20063 del 24/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/07/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 24/07/2019), n.20063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24500-2018 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI

5, presso lo studio dell’avvocato VALERIO SANTAGATA, rappresentato e

difeso dall’avvocato NICOLA CHIEFFO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto N. R.G. 3/2018 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositato il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI

MARCO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigra fato decreto con il quale il Tribunale di Campobasso, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, per aver il decidente ricusato la credibilità del ricorrente quantunque “la storia narrata dal richiedente, giova sottolinearlo e ribadirlo, è circostanziata in ogni minimo particolare, da nomi di persone e di luoghi di accadimento degli eventi”; 2) della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), b) e c), perchè incorrendo in un vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il Tribunale “non ha esaminato esaurientemente la situazione sociopolitica del Gambia”; 3) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente escluso la ricorrenza nella specie delle condizioni per far luogo al riconoscimento della protezione umanitaria, quantunque fosse stata fornita “la prova oggettiva dell’integrazione sociale (attività scolastica) nonchè ai rischi connessi ad un eventuale rientro in patria”.

Al proposto ricorso resiste l’amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile essendo inteso a sollecitare un rinnovato apprezzamento delle circostanze fattuali che hanno indotto il tribunale a dubitare della credibilità del ricorrente; e ciò sulla base di un giudizio che, in ossequio al criterio della procedimentalizzazione della decisione, mostra di valorizzare i dati obiettivi emergenti dal racconto del ricorrente, in guisa dei quali il decidente, dando atto che questi aveva dichiarato di “non avvertire situazioni di pericolo o discriminazioni nel suo paese” e che mai aveva riferito “di aver subito persecuzioni di alcun genere”, ha ritenuto che i fatti narrati avessero rilevanza solo su un piano personale, escludendo in ragione di ciò “che il ricorrente possa essere oggetto di persecuzioni di tipo religioso, nè di alcun altro genere in caso di ritorno nel suo Stato”.

3. Il secondo motivo è inammissibile, poichè, pur denunciando in rubrica un’asserita violazione di legge, l’illustrazione del motivo lamenta in concreto, occhieggiando per di più alla cessata dizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, un vizio motivazionale, che non sarebbe in ogni caso scrutinatile neppure ove esso, in luogo di essere rubricato ed illustrato come visto, fosse correttamente rappresentato alla stregua del novellato disposto della norma procedimentale, non avendo invero il Tribunale omesso di dare atto della situazione interna del paese di origine del ricorrente.

4. Il terzo motivo è inammissibile, poichè, non diversamente dal primo, intende promuovere – peraltro evocando impropriamente un’asserita violazione di legge – una revisione del giudizio fattuale già esperito al riguardo dal decidente di merito che, richiamando principi reiteratamente affermati da questa Corte circa la necessaria valutazione di vulnerabilità che il riconoscimento della misura sottintende, si è indotto ad escludere, alla luce di un apprezzamento non indifferente alla considerazione dei fattori di rischio derivanti da una decisione di segno diverso, che in capo al ricorrente fosse ravvisabile “una condizione personale di effettiva deprivazione dei diritti umani tale da giustificare l’allontanamento dal Paese di origine”.

5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con ovvio aggravio di spese.

6. Ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2019

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