Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20056 del 02/09/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 20056 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 4285-2010 proposto da:
PANEBIANCO CRISTINA PNBCST76R71C351X, ADAMO
GIUSEPPA DMAGPP44B57C351P, elettivamente domiciliate in
ROMA, VIA DELLA BALDUINA 7, presso lo studio dell’avvocato
CONCETTA MARIARITA TROVATO, rappresentate e difese
dall’avvocato BONAVENTURA GUIDO giusta procura in atti;

– ricorrenti contro
RIZ ZERI FRANCESCO RZZFNC48A01H175Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SANTE VANDI 99, presso lo studio

Data pubblicazione: 02/09/2013

dell’avvocato MARCELLO RUSSO, rappresentato e difeso
dall’avvocato LEONARDI SEBASTIANO giusta procura in atti;

– controricorrenti nonché contro

ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimate avverso la sentenza n. 408/2008 del TRIBUNALE DI CATANIA
SEDE DISTACCATA DI ACIREALE, depositata il 31/12/2008,
R.G.N. 515/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/05/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per l’inammissibilità, in
subordine per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Rizzeri Francesco nel 2005 conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di
Pace di Acireale, Adamo Giuseppa e la Zurigo Assicurazioni S.p.a. per
sentirle condannare in solido al risarcimento dei danni, materiali e alla
persona, subiti dall’attore nel sinistro avvenuto il 2 settembre 2004, a
suo avviso da ascrivere alla responsabilità di Panebianco Cristina,
conducente dell’auto di proprietà dell’Adamo.
Si costituivano in giudizio le convenute contestando quanto ex adverso
dedotto e chiedendo il rigetto della domanda; l’Adamo spiegava altresì
domanda riconvenzionale per i danni riportati dalla sua auto.
Interveniva volontariamente in giudizio la Panebianco chiedendo la
declaratoria di responsabilità del Rizzeri nella causazione del sinistro e

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ZURIGO COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI S.A., FATA

il risarcimento dei danni alla persona subiti in occasione del sinistro in
questione.
Autorizzata la chiamata in causa della Fata Assicurazioni SpA, che
assicurava l’auto del convenuto, la stessa si costituiva chiedendo il
rigetto della domanda riconvenzionale.

dichiarava la responsabilità concorrente dei conducenti di entrambi i
veicoli coinvolti nel sinistro in parola, nella misura dell’80’ )/0 a carico
del Rizzeri e del 20% a carico della Panebianco, e, pertanto,
condannava l’Adamo, la Panebianco e la Zurigo Assicurazioni S.p.a. al
risarcimento dei danni, in misura pari al 20%, in favore del Rizzeri e
condannava quest’ultimo e la Fata Assicurazioni S.p.a. al risarcimento
dei danni, in misura dell’80%, in favore dell’Adamo, per i danni
all’auto, e, in favore della Panebianco, per i danni alla persona.
Il Rizzeri proponeva appello lamentando l’erroneità della decisione
impugnata in quanto, a suo avviso, la responsabilità del sinistro doveva
ascriversi alla sola Panebianco.
Adamo Giuseppa, Panebianco Cristina e la Zurigo Assicurazioni S.p.a.
si costituivano chiedendo il rigetto del gravame; detta compagnia
assicuratrice chiedeva, inoltre, in via incidentale, la riforma della
sentenza del primo Giudice in relazione alla liquidazione del danno alla
persona.
Si costituiva pure la Fata Assicurazioni S.p.a. che insisteva nelle sue
difese.
Il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, con sentenza del
31 dicembre 2008, accogliendo l’appello proposto dal Rizzeri,
dichiarava l’esclusiva responsabilità di Panebianco Cristina nella
causazione del sinistro e condannava l’Adamo, la Panebianco e la
Zurigo Assicurazioni S.p.a., in solido tra loro, al pagamento, in favore
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Il Giudice di pace di Acireale, con sentenza del 6 giugno 2006,

del Rizzeri, di € 3.127,50, a titolo di danno biologico e morale, e di €
1.120,00, per danni al veicolo, oltre, in relazione ad entrambi i predetti
importi, rivalutazione e interessi come indicato nel dispositivo.
Avverso la sentenza della Corte di merito Adamo Giuseppa e
Panebianco Cristina hanno proposto ricorso per cassazione sulla base

Ha resistito con controricorso Rizzeri Francesco.
La Zurigo Compagnia di Assicurazioni SA e la Fata Assicurazioni
S.p.a. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (31 dicembre 2008).
1.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto
imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo
stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova
normativa secondo N’esplicito intento evidenziato dal legislatore
all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,
pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
4

di tre motivi.

inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio
2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.
un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.
14385).

“travalicando” “la funzione nomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha
inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di
collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità:
donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto
non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a
sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,
nell’elaborazione dei canoni di ‘redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso
debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è
alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata
applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una
decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il
giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
5

Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,

diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale
articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in
un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,
risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la

difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del
principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione
nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in
motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24
luglio 2008, n. 20409).
1.2. Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che,
secondo l’art. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall’art. 360, primo
comma, n. 5, c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a
pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ed autonoma,
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma
omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione, e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi
(omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
6

fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il

del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 18
luglio 2007, n. 16002; Cass., sez. un., 1° ottobre 2007, n. 20603; Cass.
27 ottobre 2011, n. 22453). Con l’ulteriore precisazione che tale
requisito non può dirsi rispettato qualora solo la completa lettura della

interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del
ricorrente – consenta di comprendere il contenuto e il significato delle
censure, in quanto la ratio che sottende la disposizione indicata è
associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla suprema
Corte, la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla
lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di
merito (v. Cass. 18 novembre 2011, n. 24255).
1.3. Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa
Corte, che va ribadito, è ammissibile il motivo di ricorso con cui siano
denunziati sia vizi di violazione di legge che di motivazione, qualora
tale motivo si concluda con la formulazione di tanti quesiti
corrispondenti alle censure proposte, poiché nessuna prescrizione è
rinvenibile nelle norme processuali che ostacoli tale duplice denunzia, a
nulla rilevando l’art. 366 bis c.p.c., inserito dall’art. 6, d.lgs. 2 febbraio
2006 n. 40, il quale esige che, nel caso previsto dal n. 3 dell’art. 360
c.p.c., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso
previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del
fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume che sia
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non
richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla
illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti
(Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7621).

7

complessiva illustrazione del motivo – all’esito di un’attività di

2. Con il primo motivo, le ricorrenti denunciano “omessa,
insufficiente, contraddittoria motivazione circa il posizionamento della
Moto Ape sull’asse della carreggiata prima di effettuare la manovra di
svolta” nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 154 terzo
comma lett. b del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in riferimento all’art.

2.1. Il motivo é inammissibile, non essendo stato formulato il
necessario quesito di diritto, in relazione alle censure sollevate con
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., ed essendo privo del
relativo momento di sintesi (cd. quesito di fatto), in ordine ai lamentati
vizi motivazionali (v.

5 1).

3. Con il secondo motivo Adamo Giuseppa e Panebianco Cristina
lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 154 terzo comma
lett. b del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in riferimento all’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c..
3.1. In relazione al motivo all’esame, le ricorrenti chiedono
l’affermazione del seguente principio di diritto: ‘il conducente di un veicolo
a motore che ad un crocevia fra strade pubbliche debba svoltare a sinistra, ha
l’obbligo di dare la precedenza ai veicoli provenienti da destra ed ha altresì l’obbligo
derivante dalla comune prudenza, di assicurarsi, prima di svoltare, che non
sopravvengano veicoli da tergo, ai quali spetta al pari la precedenza ancorché si
trovino in una illegittima fase di soipasso”.
3.2. Il motivo è inammissibile, non essendo corredato da idoneo
quesito di diritto.
Ed invero, le ricorrenti, nel concludere l’illustrazione del motivo, si
sono limitate a chiedere a questa Corte l’affermazione del riportato
principio, il che non può essere inteso come formulazione di idoneo
quesito, atteso che, come questo Giudice di legittimità ha già avuto
modo di affermare più volte, il quesito di diritto, non può essere
8

360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c..

generico e astratto ma deve compendiare la riassuntiva esposizione
degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, la sintetica
indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice e la diversa
regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta
applicare al caso di specie. La mancanza – come nel caso all’esame –

inammissibile il motivo cui il quesito così formulato sia riferito (Cass.
Cass., ord., 25 settembre 2007, n. 19892 e 17 luglio 2008, n. 19769;
Cass. 30 settembre 2008, n. 24339; Cass. 13 marzo 2013, n. 6286, in
motivazione).
4. Con il terzo motivo l’Adamo e la Panebianco lamentano violazione
e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c..
In particolare le ricorrenti censurano la sentenza impugnata che le ha
condannate alle spese del primo e del secondo grado e sostengono che
dall’accoglimento dei primi motivi del ricorso dovrebbe conseguire la
condanna in solido del Rizzeri e della sua compagnia assicuratrice alle
spese del doppio grado di merito e del giudizio di legittimità.
4.1. Il motivo é inammissibile in quanto censura la regolamentazione
delle spese non con riferimento all’esito del giudizio di secondo grado,
nel quale tale regolamentazione trova il suo fondamento, ma in
relazione ad una ipotizzata e sperata cassazione della sentenza
impugnata che, oltre tutto, travolgerebbe la pronuncia sulle spese.
Va, inoltre, evidenziato che il motivo all’esame è altresì inammissibile
anche per difetto di quesito di diritto.
5. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza tra Te parti costituite; non vi é luogo a
provvedere per le dette spese tra le ricorrenti e le società intimate, non
avendo queste ultime svolto attività difensiva in questa sede.
9

anche di una sola di tali indicazioni nel quesito di diritto rende

P. Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al
pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente
giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 1.200,00, di cui

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 m

o 2013.

euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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