Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20050 del 22/09/2010

Cassazione civile sez. I, 22/09/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 22/09/2010), n.20050

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1300/2005 proposto da:

COMUNE DI BIANCAVILLA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 58, presso

l’avvocato MEDUGNO LUIGI, rappresentato e difeso dall’avvocato

TAMBURELLO Giuseppe, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA BAINSIZZA 10, presso l’avvocato MORRONE PIETRO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALIQUO’ Giuseppe, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 864/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 24/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/03/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ANNALISA LAUTERI, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato GIUSEPPE ALIQUO’ che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, a seguito di ricorso monitorio di M.C. – titolare dell’omonima impresa -, il Presidente del Tribunale di Catania, con Decreto n. 7 del 1999, ingiunse al Comune di Biancavilla (CT) il pagamento della somma di L. 5.755.362, a titolo di interessi per la ritardata corresponsione dei corrispettivi concernenti le rate di saldo e la revisione dei prezzi finale in riferimento al contratto di appalto stipulato dalle parti in data 2 giugno 1987, avente ad oggetto lavori di sistemazione della condotta idrica di adduzione dell’acquedotto “(OMISSIS)” ai serbatoi comunali;

che, con citazione del 30 marzo 1999, il Comune propose opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo, preliminarmente, sia l’incompetenza del Tribunale adito, per essere la controversia devoluta alla cognizione del collegio arbitrale di cui alla clausola 7 del contratto di appalto – la quale richiamava le disposizioni del capitolato generale d’appalto di cui al D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 -, sia la prescrizione del diritto fatto valere, e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda, per non essere i denunciati ritardi imputabili a colpa dell’amministrazione e, comunque, per l’erroneità della determinazione del quantum;

che, in contraddittorio con il M. – il quale dedusse la sopravvenuta inefficacia della clausola compromissoria e l’infondatezza dei motivi di opposizione -, il Tribunale di Catania, con la sentenza n. 91/00 del 9 ottobre 2000, dichiarò la propria incompetenza a conoscere la controversia, devoluta alla cognizione del collegio arbitrale convenuto, da costituirsi ai sensi del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 43;

che il M. impugnò tale decisione dinanzi alla Corte d’Appello di Catania, chiedendo che questa – respinta l’eccezione di incompetenza ed esclusa la rimessione della causa al Giudice di primo grado – si pronunciasse sul merito della controversia respingendo i motivi di opposizione;

che il Comune appellato, costituitosi, eccepì tra l’altro l’inammissibilità dell’appello per carenza di specificità dei motivi;

che la Corte adita, con la sentenza n. 804/2004 del 24 settembre 2004, in riforma della decisione impugnata, rigettò l’opposizione proposta dal Comune di Biancavilla al predetto decreto ingiuntivo n. 7 del 1999;

che, in particolare, la Corte – per quanto in questa sede ancora rileva – ha affermato: a) quanto alla ritenuta applicabilità del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 47, nel testo sostituito dalla L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 16, che alla fattispecie, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 1996, con la quale era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di tale della L. n. 741 del 1981, art. 16 – “nella parte in cui non stabilisce che la competenza arbitrale può essere derogata anche con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti” -, è applicabile il testo originario di detto art. 47, il quale prevede (va) la facoltà di ognuna delle parti di adire il giudice ordinario nel caso in cui fosse contrattualmente previsto il ricorso al collegio arbitrale; b) quanto all’eccepita inammissibilità dell’appello per la genericità dei motivi, che: “L’onere della parte di indicare specificamente le censure rivolte alla decisione appellata è previsto soltanto, a pena di inammissibilità, negli appelli diretti alla riforma della decisione per ottenere una diversa pronuncia sul merito della controversia. Nel caso in cui la decisione impugnata abbia statuito soltanto sulla competenza non vi sono altre questioni, esclusa quella sulle spese del giudizio, sulle quali proporre precise doglianze e il rinvio alle difese esposte in primo grado non rende inammissibile l’appello, perchè non vi è la necessità … di riesaminare partitamente le ragioni della materia del contendere che il primo giudice non ha accolto nè respinto nè ha esaminate”;

che avverso tale sentenza il Comune di Biancavilla ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che resiste, con controricorso, M.C.; che ambedue le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., n. 3”), il ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, il Ritenuto, lettera a), ribadendo la tesi che, trattandosi di appalto di opera pubblica finanziata dal Comune e non dallo Stato, il richiamo operato dal contratto al capitolato generale di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962 ha l’effetto di “contrattualizzare” anche la previsione del ricorso all’arbitrato e, quindi, di escluderne l’obbligatorietà;

che, con il secondo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 163 c.p.c. – art. 360 c.p.c., n. 3”), il ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, il Ritenuto, lettera b), sostenendo che, anche se la sentenza di primo grado aveva pronunciato sulla sola questione di competenza, l’appellante aveva l’onere, a pena di decadenza dall’impugnazione, di enunciare i motivi specifici dell’appello, mentre nella specie aveva genericamente richiamato “quanto dedotto nel giudizio di primo grado evidenziando l’infondatezza ed inconducenza dei motivi di opposizione”;

che il ricorso non merita accoglimento;

che, in particolare, il primo motivo è privo di fondamento, anche se la motivazione in diritto della Corte di Catania deve essere parzialmente corretta, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che, in punto di fatto, è pacifico che il contratto d’appalto de quo è stato stipulato, in data 2 giugno 1987, tra M.C. ed il Comune di Biancavilla, sito nella Provincia regionale di Catania, vale a dire nell’ambito della Regione Siciliana;

che in punto di diritto, sulla base di tale circostanza, deve osservarsi che: a) l’art. 14, lettera g), dello statuto speciale di autonomia attribuisce alla Regione Siciliana competenza legislativa esclusiva nella materia “lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale” e, quindi, anche nella materia degli appalti concernenti detti lavori pubblici, quale quello di specie (lavori di sistemazione della condotta idrica di adduzione dell’acquedotto “(OMISSIS)” ai serbatoi comunali); b) la L.R. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9 (Integrazioni e modifiche della L.R. 31 marzo 1972, n. 19, e nuove norme per la semplificazione delle procedure amministrative e l’acceleramento della spesa), applicabile alla specie ratione temporis, stabilisce: “Per tutte le opere pubbliche di competenza della amministrazione regionale, di enti pubblici regionali, locali e istituzionali, e dei consorzi, si applica obbligatoriamente il capitolato generale di appalto approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063”; c) il testo originario del citato D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 47, prevedeva, tra l’altro, che:

“In deroga alle disposizioni dell’art. 43, e segg., la parte attrice ha facoltà di escludere la competenza arbitrale, proponendo … la domanda al giudice competente a norma delle disposizioni del codice di procedura civile …” (comma 1), e che “La parte convenuta nel giudizio arbitrale … ha facoltà, a sua volta, di escludere la competenza arbitrale …” (comma 2); d) la L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 16 (Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche), nel sostituire l’intero testo del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 47, stabiliva che “In deroga alle disposizioni dell’art. 43, e segg., la competenza arbitrale può essere esclusa solo con apposita clausola inserita nel bando o invito di gara oppure nel contratto in caso di trattativa privata” (comma 1), e che “Quando sia esclusa la competenza arbitrale, la domanda è proposta … davanti al giudice competente a norma delle disposizioni del codice di procedura civile …” (comma 2); c) l’art. 32 (Rinvio a norme statali), della L.R. 29 aprile 1985, n. 21, comma 1 (Norme per l’esecuzione dei lavori pubblici in Sicilia), entrato in vigore il 3 maggio 1985 e, quindi applicabile alla specie ratione temporis, prevede(va): “Le disposizioni della L. 10 dicembre 1981, n. 741, artt. 2, 3, 4, 6 e 16, si applicano, a far data dall’entrata in vigore della presente legge, nel territorio della Regione Siciliana”;

f) è noto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 152 del 1996, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale “della L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 16 (Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche), che ha sostituito il D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 47, nella parte in cui non stabilisce che la competenza arbitrale può essere derogata anche con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti”; g) a seguito di tale dichiarazione di illegittimità costituzionale, il rinvio recettizio (anche) alla L. n. 741 del 1981, art. 16, operato dal su menzionato della L.R. n. 21 del 1985, art. 32, comma 1, deve intendersi perciò riferito (non già al testo originario del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 47 – come erroneamente affermato dai Giudici a quibus -, ma) al testo dello stesso art. 16 della legge statale, quale “integrato” (“nella parte in cui non stabilisce”) dalla predetta pronuncia di incostituzionalità;

che, alla luce del delineato quadro normativo di riferimento, deve darsi continuità al costante orientamento di questa Corte, per il quale il principio, secondo cui il capitolato generale approvato con D.P.R. n. 1063 del 1962 ha valore normativo e vincolante soltanto per gli appalti stipulati dallo Stato e non riguarda, perciò, gli appalti stipulati da enti pubblici diversi, trova deroga qualora una specifica norma di legge disponga l’applicazione di detto capitolato anche agli appalti stipulati da enti diversi dallo Stato (come, ad esempio, dai Comuni), perchè in tal caso è la legge che costituisce fonte diretta della relatio e dell’arbitrato in essa compreso, mentre la clausola contrattuale, che genericamente si limiti a fare riferimento al capitolato generale, non è idonea a sostituirsi come fonte negoziale alla legge medesima, rivestendo carattere soltanto ricognitivo di questa (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 5612 del 1998, 11177 del 2001, 7535 del 2002, 3620 del 2004, 16977 e 23670 del 2006);

che nella specie pertanto, a fronte delle inequivocabili disposizioni di cui ai su richiamati della L.R. n. 21 del 1973, art. 9 e della L.R. n. 21 del 1985, art. 32, comma 1, nel testo integrato dalla più volte menzionata pronuncia di illegittimità costituzionale, non può esservi dubbio che la fonte dell’arbitrato è da rinvenirsi in tali disposizioni delle leggi regionali, non già – come invece sostiene il ricorrente – nella clausola del contratto d’appalto de quo che, richiamando genericamente il capitolato generale di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962, non è idonea a sostituirsi come fonte negoziale alle leggi regionali medesime, con la conseguenza che la ivi prevista competenza arbitrale era derogabile da ciascuno dei contraenti mediante il promovimento dell’azione dinanzi all’organo giurisdizionale competente – come è puntualmente avvenuto mediante il promovimento del procedimento monitorio da parte del M. -, non assumendo peraltro alcun rilievo la dedotta circostanza che i fondi impiegati per la realizzazione dell’opera in questione provenivano, in tutto o in parte, dallo Stato (cfr. la citata sentenza n. 23670 del 2006);

che anche il secondo motivo è infondato;

che, al riguardo, è sufficiente richiamare il costante orientamento di questa Corte secondo cui, ancorchè il richiamo per relationem a precedenti scritti difensivi non sia compatibile con l’onere di specificazione dei motivi di appello imposto dall’art. 342 cod. proc. civ., tuttavia detto richiamo deve ritenersi consentito nel caso in cui l’impugnazione investa una pronuncia per motivi di rito che abbia negato il diritto alla pronuncia di merito – come nella specie, in cui il Tribunale di Catania aveva dichiarato la propria incompetenza a conoscere la controversia, in quanto devoluta alla cognizione del collegio arbitrale -, poichè dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione – come avvenuto nella specie con la sentenza impugnata – discenderebbe l’integrale devoluzione al giudice dell’appello del compito di decidere tutte le questioni dedotte nel giudizio di primo grado (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 12092 del 2004, 5031 del 2005);

che nella specie pertanto, sulla base di tale principio, il richiamo alle precedenti deduzioni e difese – operato dall’odierno controricorrente nell’atto di appello notificato al Comune di Biancavilla il 5 gennaio 2001 (“… l’odierno concludente si riporta … a quanto integralmente dedotto nel giudizio di primo grado evidenziando la infondatezza ed inconducenza dei motivi di opposizione”) – deve ritenersi idoneo ad investire ritualmente i Giudici a quibus della cognizione del merito della causa di opposizione a decreto ingiuntivo;

che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2010

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