Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2005 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 29/01/2020, (ud. 11/09/2019, dep. 29/01/2020), n.2005

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25374-2015 proposto da:

V.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 94, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE CARDILLI (nella

qualità di procuratore speciale), che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANCARLO MORO (nella qualità di

procuratore speciale);

– ricorrente –

contro

TEATRO STABILE DEL VENETO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 58,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CARLO CESTER;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 514/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/10/2014 r.g.n. 1011/2011.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con ricorso al Tribunale di Padova, V.M. esponeva di essere stata dipendente del Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni” dal 1992 quale coordinatrice del Teatro Verdi di Padova con qualifica di impiegata-quadro; si essere stata demansionata e “mobizzata” almeno dal 2005 a causa di contrasti con la dirigenza, ed in particolare di essere stata esautorata di numerosi compiti, chiedendo pertanto il risarcimento del relativo danno sia patrimoniale che non patrimoniale. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, condannando il Teatro al pagamento del danno non patrimoniale (pari ad Euro 11.088 per danno biologico, oltre alla somma corrispondente al 75% della retribuzione dal gennaio 2005 a titolo di “danno non patrimoniale alla professionalità”).

Avverso tale sentenza proponevano appello entrambe le parti.

Con sentenza depositata il 22.10.14, la Corte d’appello di Venezia accoglieva parzialmente il gravame del Teatro, confermando solo la statuizione inerente il risarcimento del danno biologico pari ad Euro 11.088.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la V., affidato ad unico, pur articolato con vari subordinati motivi, mezzo, cui resiste il Teatro con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo la V. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando in sostanza che la sentenza impugnata riformò la sentenza di prime cure senza attenersi ai motivi di gravame del Teatro che, per quanto qui interessa, aveva chiesto in subordine la riduzione della somma accertata dal Tribunale a titolo di risarcimento per il danno non patrimoniale alla professionalità. Il motivo è infondato, non sussistendo alcuna violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato avendo il Teatro chiesto, con il proprio gravame, in via principale il rigetto di tutte le domande proposte dalla V. ed in via subordinata la riduzione della somma riconosciuta a titolo di danno non patrimoniale alla professionalità, sicchè risulta evidente che escludendo tale seconda voce di danno la Corte veneziana non è andata extra od ultra petita, avendo semplicemente, giusta l’oggetto del gravame, ritenuto non spettare alla V. il ridetto danno non patrimoniale alla professionalità, senza neppure, evidentemente, inficiare la sentenza non definitiva (come lamenta la V.) circa il riconoscimento dell’an del diritto al risarcimento. Risulta infatti che a seguito della pronuncia non definitiva il Tribunale accertò l’esistenza e quantificò sia il danno biologico che il danno non patrimoniale alla professionalità e che entrambe tali statuizioni, ivi compresa quella presupposta dell’esistenza di tali voci di danno, sia stata pienamente censurata dal Teatro che ha chiesto in via principale il rigetto di entrambe le domande.

In subordine la V. denuncia la violazione degli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c.; artt. 2727 e 2729 c.c.; omesso, contraddittorio e/o insufficiente esame circa un fatto decisivo del giudizio.

Lamenta in sostanza che la sentenza impugnata errò quanto al mancato riconoscimento del danno non patrimoniale e segnatamente al c.d. danno esistenziale da demansionamento.

Il motivo è in larga parte inammissibile in quanto diretto ad una nuova valutazione delle circostanze di causa rispetto a quella operata dai giudici di merito che hanno peraltro accertato come nessuna adeguata allegazione e prova, anche presuntiva, la V. avesse offerto a supporto del lamentato e ridetto danno.

Va inoltre rimarcato che in tema di danno non patrimoniale, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali – e del danno cd. esistenziale, atteso che quest’ultimo consiste proprio nel “vulnus” arrecato a tutti gli aspetti dinamico-relazionali della persona conseguenti alla lesione della salute (cfr. da ultimo Cass. n. 901/18).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la V. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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