Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2005 del 24/01/2019
Cassazione civile sez. trib., 24/01/2019, (ud. 08/11/2018, dep. 24/01/2019), n.2005
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24517-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
B.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA RICCARDO
LANTE GRAZIOLI 16, presso lo studio dell’avvocato SUSANNA CHIABOTTO,
che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
e contro
B.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 911/2014 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,
depositata il 05/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
08/11/2018 dal Consigliere Dott. DARIO CAVALLARI.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
B.D. e B.A. hanno proposto ricorso, davanti alla Commissione tributaria provinciale di Arezzo, contro un avviso di accertamento notificato il 30 ottobre 2008 con il quale l’Ufficio del territorio di Arezzo aveva comunicato il classamento dell’immobile di loro proprietà sito in Anghiari.
La Ctp di Arezzo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 269/01/2011, ha accolto il ricorso, fissando un coefficiente di redditività pari all’1,8%.
L’Ufficio del territorio di Arezzo ha proposto appello.
Si è costituito B.D..
La Commissione tributaria regionale di Firenze, con sentenza n. 911/35/2014, ha respinto l’appello.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
B.D. ha depositato controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di non integrità del contraddittorio sollevata da B.D., il quale sostiene che il giudizio di appello si sarebbe svolto solo nei suoi confronti e non anche degli eredi di B.A., coniuge deceduta durante il processo di primo grado.
L’eccezione va respinta.
Per costante giurisprudenza, colui che eccepisca la non integrità del contraddittorio ha l’onere, qualora questa non possa essere rilevata direttamente dagli atti o in base alle prospettazioni delle parti, non solo di indicare i soggetti che rivestono la qualità di litisconsorti necessari asseritamene pretermessi, ma anche di provare i presupposti di fatto e di diritto dell’invocata integrazione e, quindi, i titoli in forza dei quali essi assumono tale qualità. Ne consegue che chi deduca la mancata vocatio in jus di uno degli eredi del de cuius è tenuto a dimostrare l’avvenuta accettazione di eredità ad opera dello stesso (Cass., Sez. 2, n. 11318 del 10 maggio 2018).
Nella specie, il controricorrente non ha riportato i nomi dei presunti eredi della moglie, nè, soprattutto, ha chiarito se questi abbiano accettato l’eredità. Al contrario, B.D. ha tenuto a precisare di essere stato presente in appello non quale erede di B.A., ma come comproprietario dell’immobile interessato, così neppure deducendo di essere egli uno degli eredi da chiamare in causa.
2. Con il suo unico motivo l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 8, 29 e 30, nonchè del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10, perchè la Ctr avrebbe errato nel determinare in misura inferiore al 2% il saggio di fruttuosità.
La doglianza è inammissibile, non avendo parte ricorrente colto la ratio della decisione.
Infatti, il giudice di secondo grado ha determinato la rendita dell’immobile de quo alla luce del valore del cespite, considerato quasi inagibile, come prospettato nella consulenza di parte di B.D., senza, però, prendere in esame le “notizie circa i valori unitari rilevati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare per la zona in questione”, e “le considerazioni dell’Ufficio sul saggio di fruttuosità”.
La sentenza della Ctr è fondata, quindi, sull’effettivo accertamento della valutazione del bene e non, al contrario, come afferma parte ricorrente, sul saggio di fruttuosità.
L’Amministrazione finanziaria, pertanto, non ha contestato la ratio decidendi della decisione, ma un profilo sul quale il giudice di secondo grado non si è pronunciato.
Ne consegue l’inammissibilità del motivo.
3. Il ricorso è, dunque, inammissibile, essendo stato dichiarato tale l’unico motivo sul quale era fondato.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Essendo stato il ricorso proposto da una Amministrazione statale, non sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata o dichiarata inammissibile.
PQM
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere le spese di lite in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 Sezione Civile, il 8 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2019