Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20045 del 11/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/08/2017, (ud. 01/06/2017, dep.11/08/2017),  n. 20045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15783/2010 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.N., rappresentato e difeso dall’avv. Giampaolo Cicconi e

Loredana Caruso, con domicilio eletto in Roma, via Cicerone 44,

presso lo studio dell’avv. Enrico Fioretti;

– controricorrente –

e sul ricorso iscritto al n. 15783/2010 R.G. proposto da:

T.N., rappresentato e difeso dall’avv. Giampaolo Cicconi e

Loredana Caruso, con domicilio eletto in Roma, via Cicerone 44,

presso lo studio dell’avv. Enrico Fioretti;

– ricorrente incidentale –

contro

Agenzia delle entrate;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 25/2/10, depositata il 11 marzo 2010;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’i giugno

2017 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.

Fatto

RILEVATO

che:

– l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione contro sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio (Ctr), che ha riformato la sentenza di primo grado, sfavorevole per il contribuente, in relazione ad un avviso di accertamento di maggiori ricavi fondato sui parametri reddituali;

– il ricorso è proposto sulla base di tre motivi, cui il contribuente reagisce con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato affidato a un unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– in primo luogo va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata in relazione al fatto che esso è stato proposto dall’Agenzia delle entrate in persona del direttore pro tempore senza ulteriori indicazioni;

– la questione è stata portata più volte all’attenzione di questa Suprema corte che l’ha risolta in questo senso: “In tema di contenzioso tributario, stante la rappresentanza legale dell’Agenzia delle entrate in capo al suo direttore generale ed il difetto di personalità giuridica delle rispettive articolazioni territoriali, non occorre necessariamente indicare nel ricorso per cassazione il nome della persona fisica preposta a tale carica, essendo individuato in modo incontrovertibile, per la circostanza sopradetta, ai sensi del D.L. n. 300 del 1999, artt. 67 e 68 quale unico rappresentante ed autorizzato ex lege a stare in giudizio davanti alla Corte di cassazione (Cass. n. 2243/2016; n. 5875/2013);

– con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del procedimento per avere il giudice d’appello statuito in relazione a un motivo di impugnazione dell’atto impositivo non riproposto nei motivi d’appello;

– ai fini della comprensione del motivo è bene premettere che, nel caso di specie, l’accertamento riguardava un contribuente che svolgeva una duplice attività, una di bar e l’altra di ricevitoria giochi d’azzardo, quest’ultima ritenuta attività prevalente;

– il contribuente aveva eccepito che i parametri utilizzati per la determinazione del reddito, in particolare il costo del venduto, erano riferibili all’attività relativa al bar, cessata nel corso dell’anno a cui si riferiva la verifica, e non anche per la ricevitoria;

– il Fisco sostiene che il motivo riguardante la non utilizzabilità fra i parametri di quelli relative al costo del venduto non fu riproposto in sede d’appello, per cui la Ctr, pronunciando anche con riguardo a questo aspetto, era incorsa nella violazione dell’art. 112 c.p.c.;

– il motivo è inammissibile, perchè il supposto restringimento dell’ambito delle contestazioni originariamente mosse contro l’avviso di accertamento non risulta da alcunchè e non risulta certamente dalla trascrizione dell’atto di appello riportata nella parte narrativa del ricorso, dove il rimprovero mosso dall’appellante alla sentenza di primo grado è univocamente esteso anche al profilo che la ricorrente assume rinunciato, se è vero che si imputa alla Commissione tributaria provinciale di avere recepito “acriticamente le risultanze contabili elaborate dall’Agenzia delle entrate, attraverso l’applicazione dei parametri presuntivi, senza in alcun modo verificare la correttezza della variabili (costi del personale, beni ammortizzabili, costo del venduto), prese a riferimento dall’Ufficio, la cui validità veniva contestata dal ricorrente, per tutte le ragioni ampiamente illustrate in premessa”;

– il con secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione sulla ritenuta inidoneità dei parametri utilizzati dal Fisco per la determinazione del reddito riferibile all’attività di ricevitoria: in particolare si rimprovera alla Ctr di avere negato, senza dare di ciò adeguata dimostrazione, l’utilizzabilità dei parametri riferiti al costo del venduto e al costo del personale, in assenza di una adeguata valutazione di quanto dedotto dall’Amministrazione finanziaria sul carattere promiscuo delle due attività esercitate e l’assenza di una contabilità separata;

– in questo senso, il motivo è infondato, perchè la sentenza ha argomentato in modo compiuto su ambedue gli aspetti, rilevando, quanto al costo del venduto, che per le stesse disposizioni ministeriali, esso doveva essere assunto per l’attività di ricevitoria per un ammontare pari a zero e, quanto al costo del personale, che vi era prova documentale che esso era riferibile al bar;

– pertanto, la sentenza andava semmai denunciata per violazione di legge;

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e art. 112 c.p.c.;

– si sostiene che la Ctr, una volta riconosciuto l’inadeguatezza dei parametri utilizzati dal Fisco con riferimento all’attività di ricevitoria, non avrebbe potuto limitarsi a rimuovere l’atto impugnato, ma avrebbe dovuto emettere una decisione di merito, cioè sostitutiva dell’accertamento;

– il motivo è fondato;

– la motivazione della sentenza rende evidente che la ratio della decisione è da ravvisare, da un lato, nella inadeguatezza delle variabili utilizzati dal Fisco, dall’altro, sul rilievo che “non è dato a questo collegio conoscere, con riguardo all’attività del gioco d’azzardo, quale siano le variabili specifiche da prendere in considerazioni al fine di della individuazione della presunta redditività, ma appare chiaramente impensabile che possano essere prese in considerazione voci inerenti agli acquisti e i costi di un’attività secondaria e marginale. In buona sostanza non può considerarsi corretto, in presenza di concomitante esercizio di più attività completamente differenti, pur in assenza di contabilità separata, far confluire voci totalmente disomogenee da assumere come variabili contabili per applicare i parametri di una specifica attività”;

– ciò posto è evidente l’errore in cui è incorsa la Ctr, la quale, una volta rilevata l’inidoneità delle variabili usati dal Fisco, non poteva sic et simpliciter limitarsi a tale rilievo, ma avrebbe comunque dovuto decidere nel merito, quantificando, nei limiti del petitum, la pretesa tributaria (Cass. n. 4280/2001);

– l’esercizio di tale potere/dovere del giudice tributario non è condizionato da un’apposita istanza in questo senso, essendo la relativa richiesta già implicitamente contenuta nella difesa giudiziale dell’atto impositivo per il maggiore importo;

– con il ricorso incidentale si deduce, con unico motivo proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione e violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7;

– il motivo è inammissibile, perchè censura la decisione della Ctr sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento (che è atto non processuale, ma amministrativo, cfr. Cass. n. 15234/2001), senza tuttavia trascrivere letteralmente le parti dell’avviso che si assumono erroneamente interpretate o pretermesse dal giudice di merito (Cass. n. 3289/2014):

– al riguardo la controricorrente, dopo avere operato una propria descrizione di sintesi del contenuto dell’avviso, ne riporta una singola frase, che coordina con quella sintesi, mentre il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione avrebbe richiesto, come appena anticipato, la trascrizione integrale dei passaggi censurati;

– in conclusione, dei motivi del ricorso principale, va accolto il secondo, essendo inammissibili gli altri due, mentre il ricorso incidentale va rigettato;

– si impone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale provvederà a nuovo esame attenendosi alla regola di cui in premessa.

PQM

 

dichiara inammissibile il primo e il terzo motivo di ricorso principale; accoglie il secondo motivo; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo del ricorso principale accolto; rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2017

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