Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20040 del 22/09/2010
Cassazione civile sez. II, 22/09/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 22/09/2010), n.20040
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 25917/2008 proposto da:
S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE
QUATTRO FONTANE 15, presso lo studio dell’avvocato CONSOLO ANTONELLA
– TINELLI & ASSOCIATI, rappresentato e difeso dall’avvocato
ASSISI
Aldo, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
e contro
D.R.C., D.R.A., B.A. (quale erede di
De.Ri.An.), B.M.C. (quale erede di D.
R.A. e D.R.F.);
– intimati –
avverso la sentenza n. 882/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO
del 29.6.07, depositata il 03/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO
SCARDACCIONE.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il tribunale di Vibo Valentia, adito da S.N. per lo scioglimento della comunione ereditaria con De.Ri.An., F., C. e A., disponeva la divisione secondo uno dei progetti redatti dal consulente, con conguaglio a carico dell’attore. La Corte d’appello di Catanzaro con sentenza del 3 ottobre 2007, in parziale accoglimento del gravame interposto dal S., riduceva l’entità del conguaglio. Il giudizio d’appello era reso in contraddittorio con D.R.C. e A. nonchè delle eredi di De.Ri.An., signore B.A. e B. M.C., quest’ultima anche erede testamentaria di D.R. F..
Il S. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 4 novembre 2008, affidandosi a tre motivi. Le intimate non hanno svolto attività difensiva.
Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 112, 324, 342 c.p.c. e artt. 71 e 726 c.p.c., nonchè vizi di motivazione con riferimento all’art. 360, nn. 3, 4 e 5. Svolge una serie di argomentazioni ed espone doglianze multiple, nessuna delle quali si conclude con la formulazione di quesito di diritto o con la chiara indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione.
Altrettanto può dirsi del secondo motivo, relativo, si legge in rubrica, al mutamento di destinazione urbanistica del fondo in oggetto. Sono denunciati violazione degli artt. 713 e 726 c.c., e vizi di motivazione. Non sono individuabili la sintesi del fatto controverso, nè il quesito di diritto.
Identica omissione caratterizza il terzo motivo, che espone violazione degli artt. 713, 720 e 726 c.c., e vizi di motivazione.
Mette conto a questo punto ricordare che il quesito di diritto è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4).
Quanto ai vizi di motivazione, la giurisprudenza (SU n. 20603/07;
Cass. 4309/08; 16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360, n. 5, deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere.
Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c..
Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva delle intimate.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2010