Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2004 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. I, 28/01/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 28/01/2021), n.2004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6127-2019 r.g. proposto da:

H.M.S., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Massimo Gilardoni, con cui elettivamente domicilia in Roma, presso

la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia, depositata in

data 26.9.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

9/12/2020 dal Consigliere Dott. AMATORE Roberto.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da H.M.S., cittadino del Bangladesh, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 20.2.2017 dal Tribunale di Brescia, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: 1) di essere nato a (OMISSIS) ove aveva vissuto per 11 anni e di essere di religione musulmana sunnita; 2) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese, perchè minacciato di morte da parte di trafficanti di droga che erano stati denunciati alla polizia dal padre che svolgeva il compito di informatore delle forze dell’ordine; di essere stato costretto pertanto a fuggire nella città di (OMISSIS) con tutta la sua famiglia, luogo ove svolgeva il lavoro di coltivatore di tè e di aver avuto problemi con il datore di lavoro che molestava la madre.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, il D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, generico e perchè si evinceva comunque che, secondo lo stesso racconto del richiedente, la polizia era tempestivamente intervenuta arrestando il noto trafficante di stupefacenti che era stato denunciato dal padre e perchè infine, quanto alla richiesta di rifugio, non ricorrevano i presupposti applicativi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8; b) che dopo il trasferimento di tutta la famiglia a (OMISSIS) non era stato più raggiunto dalle minacce dei trafficanti di droga, sicchè occorreva concludere per la non attualità del pericolo; c) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al Bangladesh, paese di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perchè il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano e non si registrava una compromissione dei diritti fondamentali nel paese di provenienza del richiedente, non potendosi neanche ritenere quest’ultimo coinvolto nelle recenti alluvioni che non avevano colpito il distretto di provenienza del ricorrente.

2. La sentenza, pubblicata il 26.9.2018, è stata impugnata da H.M.S. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7 e 14 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, degli artt. 2 e 3 Cedu, in relazione al mancato riconoscimento della reclamata protezione sussidiaria senza la valutazione della situazione generale del paese di provenienza del richiedente e con l’ulteriore violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; denuncia, altresì, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della sua condizione di vulnerabilità personale discendente sempre dalla condizione di insicurezza interna del paese di provenienza e del paese di transito.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, in relazione al diniego del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 Il primo motivo è inammissibile.

In realtà, la censura – confusamente proposta in relazione alle due richieste di protezione internazionale previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 (senza alcuna distinzione tra i diversi presupposti applicativi che presiedono alle diverse forme di protezione previste dalla normativa sopra richiamata) – non coglie in alcun modo le rationes decidendi poste alla base del diniego del richiesto rifugio e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b. Ed invero, la corte territoriale ha fondato la motivazione di rigetto delle richieste tutele, evidenziando, da un lato, la non credibilità del racconto in ragione della sua evidente genericità e comunque la non ricorrenza dei presupposti applicativi dell’invocata tutela per la mancanza di un agente di danno “privato” D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 5, lett. c, in considerazione del pronto intervento della polizia nell’arresto del trafficante di droga asseritamente denunciato dal padre del richiedente asilo, e osservando, dall’altro, la non attualità del pericolo per essersi trasferita la famiglia del richiedente in altro distretto e più precisamente nella città di (OMISSIS). Orbene, il ricorrente non censura le ragioni di questa motivazione, incentrando le doglianze su generiche osservazioni di carattere meritale che peraltro sembrano riguardare vicenda personale diversa da quella allegata nel ricorso introduttivo ed esaminata dalla corte di merito, facendo riferimento la censura ad una non comprensibile “irruzione dei militanti del partito islamico e l’interruzione delle operazioni di voto alle quali seguì la rissa con feriti”.

2. Ma anche la seconda censura è inammissibile per le medesime ragioni già sopra evidenziatce, essendo le doglianze del tutto decentrate rispetto alle ragioni del rigetto del diniego della reclamata protezione umanitaria, ragioni che riposano sulla valutazione della riscontrata mancanza di una condizione di vulnerabilità collegata peraltro anche alla mancata dimostrazione, da un lato, di un serio radicamento del richiedente nella realtà socio-lavorativa italiana e, dall’altro, della deprivazione dei diritti fondamentali nel paese di provenienza.

A fronte di questa chiara motivazione il ricorrente contrappone infatti solo generiche deduzioni fondate sul richiamo agli istituti regolanti la materia della protezione umanitaria, non spiegando quali sarebbero stati i fatti decisivi di cui la corte di merito avrebbe omesso l’esame in relazione allo scrutinio del presupposto della soggettiva vulnerabilità del richiedente.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660/2019.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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