Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20036 del 11/08/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/08/2017, (ud. 01/06/2017, dep.11/08/2017),  n. 20036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9313/2010 R.G. proposto da:

Vistarini s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Carleo,

con domicilio eletto in Roma via Luigi Luciani 1, presso lo studio

del difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 28/44/09, depositata il 23 febbraio 2009;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’1 giugno

2017 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.

Fatto

RITENUTO

che:

– la contribuente ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia (Ctr), che ha accolto parzialmente l’appello dell’Ufficio contro la sentenza di quella provinciale, in relazione a un avviso di accertamento con il quale, per quanto ancora interessa in questa sede, furono determinati, per l’anno di imposta 2003, maggiori ricavi in relazione alla vendita di auto usate;

– l’Agenzia delle entrate ha reagito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il ricorso, illustrato con memoria, è proposto sulla base di due motivi, con il primo dei quali si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa carente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia;

– il motivo presenta una pluralità di ragioni di inammissibilità: in primo luogo perchè non si chiude con un momento di sintesi, come invece prescritto dall’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis;

– in verità la ricorrente, seppure richiami tale articolo nella rubrica del motivo, ne fa poi seguire non già una sintesi fatta in modo coerente con la finalità della norma, ma propone piuttosto un indice degli argomenti che risultano trattati nel seguito dell’esposizione;

– il motivo è poi inammissibile, perchè, sotto la veste del vizio di motivazione, chiede in effetti una revisione del ragionamento decisorio del giudice di merito, che è attività che non rientra nell’ambito del controllo consentito alla Corte ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo applicabile ratione temporis, “posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità” (Cass. n. 11789/2005);

– l’avviso di accertamento si fondava su una condotta dell’imprenditore che il Fisco aveva considerato antieconomica, avendo praticato sulla vendita di vetture usate un prezzo inferiore al prezzo di acquisto e di ricondizionamento delle stesse vetture;

– secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte è “consentito al fisco dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere minori costi, utilizzando presunzioni semplici e obiettivi parametri di riferimento, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente, che deve dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate a fronte della contestata antieconomicità (Cass. n. 14941/2013)”;

– ciò posto la ricorrente non indica alcun fatto, dedotto e non esaminato dalla Ctr, dal quale ne discende il superamento di tale presunzione, ma ripropone i medesimi argomenti utilizzati nella fase di merito intesi a fare emergere che, nella specie, la vendita a quelle condizione non denotava alcuna anomalia;

– la censura, appunto, si traduce in una critica globale della decisione che non è consentita in questa sede;

– in particolare, costituisce oggetto di censura quel passaggio motivazionale, dove la Ctr accenna a un “comune interesse ad una riduzione del prezzo dichiarato di entrambe le parti”, passaggio che, secondo la ricorrente, esprime una considerazione illogica in rapporto alla natura dell’operazione, nel cui ambito gli interessi dei contraenti (acquirente e venditore di auto usate) sono invece diversi e non coincidenti;

– tuttavia, la supposta illogicità della motivazione con riguardo a tale aspetto non inficia in alcun modo la tenuta della decisione, la cui ratio va in effetti ravvisata nella parte in cui la Ctr rileva che le considerazioni della contribuente, “sulla economicità complessiva delle operazioni di compravendita delle automobili usate”, non bastavano a ritenere superata la “presunzione” di maggior materia imponibile riscontrata “nei casi specifici rilevati dall’Ufficio”;

– è del pari inammissibile il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione di legge, ma che non si chiude con il quesito di diritto ex art. 366-bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis;

– in conclusione, i motivi di ricorso vanno dichiarati inammissibili.

PQM

 

dichiara inammissibili i motivi di ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 2.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2017

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