Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20035 del 22/09/2010

Cassazione civile sez. II, 22/09/2010, (ud. 11/12/2009, dep. 22/09/2010), n.20035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28543-2004 proposto da:

MI.MI. (OMISSIS), il proprio e quale erede del

fratello M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ARIODANTE FABRETTI 8, presso lo studio dell’avvocato LEPROUX

ALESSANDRO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

CARRETTO GIUSEPPE, LERICI ANTONIO, BIAMONTI LUIGI;

– ricorrente –

e contro

M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE G. CESARE 118, presso lo studio dell’avvocato VECCHI

MARIA CARLA, rappresentata e difesa dall’avvocato VERNAZZA ANDREA;

– resistente –

sul ricorso 315-2005 proposto da:

MI.MI. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ARIODANTE FABRETTI 8, presso lo studio dell’avvocato

LEPROUX ALESSANDRO, che la rappresenta e difende, con procura

notarile rep. 52390 del 25/11/09, unitamente agli avvocati CARRETTO

GIUSEPPE, LERICI ANTONIO, BIAMONTI PIER LUIGI;

– ricorrente al ric. incidentale –

e contro

M.L. (OMISSIS), M.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 538/2004 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 23/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/12/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato LERICI Antonio, difensore del ricorrente che si

riporta agli atti;

udito l’Avvocato VECCHI Maria Carla, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato VERNAZZA Andrea, difensore dei resistenti che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per accoglimento ricorso principale,

rigetto ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – M.G. notificò, ai sensi dell’art. 732 cod. civ., alle coeredi, le sorelle M.L., D. e Mi.

l’intenzione di alienare a terzi la quota – consistente in un immobile in (OMISSIS) – a lui spettante delle eredità dei genitori M.C. e G.V., dietro pagamento del prezzo di complessive L. 80.000.000, invitandole ad esercitare il diritto di prelazione entro due mesi. M.L., per il tramite dell’avv. Scarpa, rispose tempestivamente comunicando l’intento di acquistare la quota, aggiungendo che la stessa avrebbe dovuto essere trasferita “libera da ipoteche e gravami pregiudizievoli”. L’avv. Scarpa, non risultando esercitata prelazione da D. e Mi., indicò al M. il giorno in cui recarsi dal notaio (21 ottobre 1997), che era quello individuato dallo stesso legale. Alcuni giorni prima di quello fissato per il rogito, quest’ultimo gli chiese alcuni documenti, tra i quali quello relativo alla estinzione del mutuo a favore dell’Istituto Federale di Credito agrario e l’assenso alla cancellazione di ipoteca giudiziale.

In data (OMISSIS), il M. scrisse al legale facendo presente di essersi recato presso il notaio da lui indicato nel giorno fissato per stipulare l’atto di compravendita, e di essersi reso conto, insieme allo stesso notaio, che la documentazione era incompleta. Aggiunse di essere afflitto da gravi problemi di salute e di essere frequentemente ricoverato in ospedale, e di incontrare, pertanto, difficoltà nel reperire i documenti richiesti, pregandolo di sollecitare la sorella L. ad adoperarsi per fornirgli quanto richiesto, e di concordare poi con lui la data del rogito.

Quest’ultima convenne in giudizio i fratelli innanzi al Tribunale di Sanremo chiedendo che le fosse attribuita l’intera quota di G. o la terza parte della stessa se fosse risultata prelazione dalle altre sorelle.

Il M. si costituì sostenendo che l’adesione, avendo l’attrice chiesto il trasferimento della quota libera da ipoteche e gravami, non era conforme alla proposta, e perciò era improduttiva di effetti. Analoga eccezione propose Mi.Mi..

Nelle more del giudizio, M.G. morì, e il giudizio proseguì tra le altre parti.

Con sentenza n. 102 del 2002, il Tribunale rigettò la domanda in considerazione della discrepanza, ravvisata nella richiesta di acquisire la quota non gravata da oneri, tra proposta e adesione, escludendo trattarsi di mera clausola di stile, poichè erano realmente risultati un’ipoteca e altri gravami.

2. – A seguito di impugnazione proposta da M.L., la Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata il 23 luglio 2004, in riforma della decisione di primo grado, dichiarò che costei aveva acquisito la quota pervenuta a M.G. delle eredità di M.C. e G.V., libera da ipoteche e da altri gravami esistenti sugli immobili che la componevano, e dispose che la cancellazione delle ipoteche e la eliminazione dei pesi eventualmente esistenti fosse a carico degli eredi di M.G..

La Corte di merito, premesso che quella di cui all’art. 732 cod. civ. si configura come una proposta irrevocabile, e che la sua notificazione non richiede vincoli di forma, osservò che la condotta di M.G., che si era recato dal notaio prescelto dalla sorella, denotava, unitamente al tenore della lettera inviata all’avv. Scarpa, l’adesione da parte dello stesso alla richiesta di L. di acquisire la sua quota ereditaria libera da ipoteche e gravami pregiudizievoli.

Inoltre, avendo l’adesione di M.L. dato vita ad un atto perfetto, tale caratteristica comportava anche che, essendo avvenuto il trasferimento, non fosse necessaria la menzione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40.

3. – Detta sentenza è stata impugnata da Mi.Mi., in proprio e quale erede testamentaria del fratello G., con due ricorsi di identico tenore, sulla base di sei motivi. Non risulta controricorso notificato, ma è stata depositata memoria nell’interesse di M.L. dal legale che in atti ha depositato delega in calce alla copia notificata del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Deve preliminarmente procedersi, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., alla riunione dei ricorsi siccome proposti nei confronti della medesima sentenza.

2. – Con la prima censura, si deduce il giudicato interno in relazione ad un capo autonomo della sentenza di primo grado, nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., e art. 329 c.p.c., comma 2 e art. 2909 cod. civ., e la omessa motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte e comunque rilevabile di ufficio. Si osserva che il giudice di primo grado era pervenuto alla conclusione che non sussistesse piena e completa corrispondenza tra proposta ed accettazione, e che, conseguentemente, il mutuo consenso circa la cessione della quota ereditaria da G. a M.L. non fosse ravvisabile, avendo quest’ultima richiesto in sostanza al fratello non già di cedere la quota ereditaria, ma di trasferire solo immobili provenienti dalla successione dei genitori liberi da ipoteche e gravami pregiudiziali.

Tale statuizione non era stata oggetto di specifica impugnazione dell’appellante, che si era limitata a censurare la decisione sotto il profilo del travisamento dei fatti, con conseguente formazione del giudicato sul punto.

3.1. – La censura è destituita di fondamento.

3.2. – Ed invero, dall’esame della sentenza impugnata risulta in modo incontrovertibile che, lungi dall’essere incontestato, nel giudizio di appello, il punto della difformità tra proposta ed accettazione, tale questione ha rappresentato proprio il nodo fondamentale della causa.

E’ sufficiente, a suffragare tale assunto, la lettura delle conclusioni per l’appellante riportate nella sentenza, ove si legge testualmente: “Voglia la Corte d’appello …, dato atto che l’attrice, avendo dato adesione tempestiva alla dichiarata volontà del fratello G. di alienare la propria quota ereditaria rispetto ai beni di cui alle premesse …, ha diritto di acquisire in esclusiva proprietà quella quota, emanare sentenza che faccia luogo dell’atto pubblico non attuato …”. In definitiva, il gravame proposto dalla M. era inteso, attraverso la denuncia di travisamento dei fatti, richiamata dall’attuale ricorrente, proprio ad ottenere la modifica della statuizione del Tribunale di Sanremo nella parte in cui essa aveva affermato la non corrispondenza tra proposta e accettazione.

4. – Con il secondo motivo, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 732 cod. civ., nonchè la omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia. A precisazione del motivo sub 1 si aggiunge che la proposta di G.M. aveva ad oggetto la quota ereditaria riveniente dalla successione dei genitori M.C. e G.V., e non una quota di beni immobili, e che la formulazione contenuta nella lettera con la quale M.L. aveva comunicato il proprio intento di acquistare la quota de qua, secondo la quale “ovviamente la quota dovrà essere trasferita libera da ipoteche e gravami pregiudizievoli”, aveva snaturato l’oggetto della proposta trasformandola in una cessione di quota immobiliare, rispetto alla quale la M. non sarebbe stata legittimata ad esercitare la prelazione ex art. 732 cod. civ., ovvero avrebbe manifestato la volontà di non subentrare nei debiti ereditar. Anche sotto tale profilo si riscontrerebbe la mancanza di correlazione oggettiva fra proposta e accettazione.

5. – Tale doglianza non può trovare ingresso nel presente giudizio, in quanto la questione è stata inammissibilmente sollevata per la prima volta in sede di legittimità.

6. – Con la terza censura, si deduce il vizio di extrapetizione e/o ultrapetizione, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 2932 cod. civ., nonchè omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Il giudice di appello, qualificando come atto perfetto la proposta di M.G. e l’adesione di M.L., si è limitato a pronunciare una sentenza dichiarativa dell’avvenuto trasferimento della quota ereditaria, laddove l’appellante aveva chiesto la pronuncia di una sentenza costitutiva che facesse luogo dell’atto pubblico non attuato, disponendo l’attribuzione della quota in questione in capo a M.L.. Ed in un ulteriore vizio di extrapetizione la Corte di merito sarebbe incorsa nel dichiarare che la cancellazione delle ipoteche e la eliminazione dei pesi eventualmente esistenti sarebbe stata a carico degli eredi di M.G., poichè in grado di appello la difesa di M.L. aveva rinunciato alla domanda, proposta solo in primo grado, con la quale si chiedeva che il corrispettivo dovuto fosse depurato dalla somma necessaria alla eliminazione dei gravami sulla predetta quota. Infine, il giudice di secondo grado avrebbe omesso ogni pronuncia in ordine alla eccepita inutilizzabilità e/o inammissibilità e/o improponibilità dell’azione ex art. 2932 cod. civ., che contrasta con l’accertamento della esistenza di un negozio di compravendita.

7.1. – Il motivo è infondato.

7.2. – Deve, al riguardo, anzitutto rilevarsi che il compito di interpretare le domande giudiziali è demandato al giudice del merito. E, se è vero che l’ampio potere al medesimo concesso in materia incontra il limite del rispetto del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ed il divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa a quella proposta, nella specie deve escludersi che tali limiti siano stati violati. Infatti, non risulta che l’appellante avesse mai fatto riferimento alla richiesta di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto: piuttosto, l’azione era intesa all’accertamento dell’avvenuto trasferimento della quota a seguito dell’incontro delle volontà di G. e di M.L.. Dunque, nessuna extrapetizione è configurabile nella specie.

7.3. – Nè a miglior sorte è destinata la doglianza attinente ad un preteso vizio di extrapetizione ravvisabile nella statuizione della Corte di merito che ha posto a carico degli eredi di M.G. la cancellazione delle ipoteche e la eliminazione dei pesi eventualmente esistenti. Correttamente, infatti, la Corte di merito ha disposto in tal senso a fronte di un accordo diretto a far conseguire alla donna la quota de qua libera da pesi.

8. – Con il quarto motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 e segg. cod. civ. in relazione all’art. 1350 cod. civ., nonchè la insufficiente e/o illogica e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Premesso che la quota ereditaria di cui si tratta comprende alcuni beni immobili, per il cui trasferimento si richiede, ad substsantiam, la forma scritta, si osserva che erroneamente, nella specie, il giudice di secondo grado avrebbe attribuito rilievo, a norma dell’art. 1362 cod. civ., al comportamento delle parti ai fini della interpretazione del contratto, senza considerare che, nei contratti soggetti a forma scritta ad sustantiam, non può attribuirsi rilievo ad elementi che siano fuori dell’atto scritto. In subordine, si rileva che dalla lettera di M.G. in atti non potrebbe in alcun modo ricavarsi una presunta volontà dello stesso di cedere la propria quota alla sorella L., essendosi egli limitato, in detta scrittura, a manifestare la propria volontà di alienare la propria quota agli eredi che avessero esercitato nei termini la prelazione.

9.1. – Il motivo è inammissibile.

9.2. – Per un verso, infatti, la questione della mancata rilevanza di elementi non risultanti dall’atto scritto non è mai stata avanzata nel corso del giudizio, sicchè ne è inibito l’ingresso per la prima volta nel giudizio di legittimità; per l’altro, l’interpretazione dei contratti costituisce attività rientrante nella competenza del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per omessa od erronea applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale e per vizi di motivazione, non riscontrabili nella specie, in presenza di una dettagliata ricostruzione, da parte del giudice di secondo grado, del percorso logico giuridico che lo ha condotto alla conclusione della configurabilità dell’atto in questione come atto perfetto, che aveva dato luogo al trasferimento della quota in questione.

10. – Con la quinta censura, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, artt. 17, 18 e 40 e successive modifiche, del D.L. n. 90 del 1990, art. 3, commi 13-ter e 13-quater convertito, con modif., nella L. n. 65 del 1990 e successive modifiche, nonchè omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. La Corte d’appello non avrebbe tenuto in alcuna considerazione il fatto che la cessione era nulla perchè in contrasto con le norme invocate, non risultando nell’atto in questione l’indicazione degli estremi di concessioni rilasciate in sanatoria con riguardo agli immobili di cui si tratta, nè dei certificati di destinazione urbanistica.

11. – Con il sesto motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2932 cod. civ., essendo preclusa l’esecuzione in forma specifica del contratto, nonchè la omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Si rileva che la sanzione di nullità, comminata dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17, 18 e 40 e dal D.L. n. 90 del 1990, art. 3 e successive modifiche per l’atto di vendita di immobile stipulato in difetto dei requisiti imposti dalle stesse norme, si traduce in una preclusione all’esecuzione in forma specifica del preliminare avente ad oggetto il trasferimento dell’unità edilizia.

12.1. – I motivi, da esaminare congiuntamente per la stretta connessione logico-giuridica che li avvince in quanto incentrati entrambi sulla questione della nullità degli atti di cessione di immobili che non rechino gli estremi della eventuale concessione in sanatoria in presenza di abusi edilizi, sono inammissibili per genericità.

12.2. – A prescindere dalla inadeguatezza, già rilevata, del richiamo al tema della esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, che, nel caso di specie, non trova spazio, la ricorrente non ha, infatti, fornito alcuna dimostrazione della avvenuta commissione di abusi edilizi, che avesse reso necessaria, ai fini della validità dell’atto di cessione dei beni immobili, l’allegazione degli indicati documenti.

13. – Conclusivamente, i ricorsi devono essere rigettati. Alla stregua del criterio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2000,00, di cui Euro 1800,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile, 11 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2010

 

 

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