Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20034 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. II, 24/09/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 24/09/2020), n.20034

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19487/2019 proposto da:

O.J., rappresentato e difeso dall’avv.to ROBERTO

DENTI;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 5620/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza pubblicata il 13 dicembre 2018, respingeva il ricorso proposto da O.J., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Milano aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. La Corte d’Appello rilevava che la vicenda narrata dal richiedente era priva di riferimenti fattuali credibili, con riferimenti stereotipati. Egli infatti aveva raccontato di aver subito contrasti e violenze in famiglia, poi sfociati nell’uccisione del padre e nelle percosse a lui subite dai parenti che gli avevano provocato la rottura di un braccio. Di conseguenza la decisione di fuggire prima in Libia e poi in Italia. L’interessato aveva anche raffigurato la Nigeria come un paese in preda ad un conflitto armato generalizzato tra l’esercito regolare e il gruppo terrorista armato (OMISSIS), entrambi impegnati a commettere crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Secondo la Corte d’Appello anche a voler prescindere dai rilievi sulla credibilità della vicenda raccontata dal richiedente era evidente che la stessa aveva carattere strettamente privatistico e personale ed era ristretta nell’ambito familiare.

Non vi erano dunque i presupposti per l’accoglimento della domanda di protezione internazionale mancando la persecuzione da parte di soggetti qualificati.

Quanto alla protezione sussidiaria mancavano i presupposti, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Dal racconto del richiedente non emergeva alcun rischio di condanna a morte o a trattamenti inumani o degradanti, mentre dalla consultazione delle fonti ufficiali nella zona di provenienza del richiedente non vi era una situazione di violenza generalizzata tale da richiedere una forma di protezione internazionale.

La vicenda di violenti contrasti in famiglia non consentiva di ritenere sussistenti i presupposti per la protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 2007, art. 14, lett. a) e b) e neanche quelli di cui alla successiva lett. c), non risultando dalla consultazione delle fonti ufficiali, che l’area del sud della Nigeria fosse soggetta a una violenza generalizzata.

Anche il permesso di soggiorno per motivi umanitari doveva essere negato non sussistendone i presupposti di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva. In particolare, per quanto riguardava la certificazione medica prodotta dal richiedente per sostenere la sussistenza di problemi sanitari incompatibili con l’ipotesi di respingimento la Corte d’Appello osservava che la suddetta documentazione appariva riferirsi al riscontro di una limitazione funzionale al braccio destro, unicamente attribuibile a causa diversa dai riferiti traumatismi ed anzi verosimilmente risalente alla nascita. Non vi erano pertanto evidenze cliniche che suggerivano un intervento o una terapia risolutiva che il richiedente poteva ottenere in Italia e non in Nigeria. La mancanza di occupazione del richiedente non contribuiva a fornire un grave disabilità meritevole di protezione e dunque non sussistevano le ragioni di non respingimento.

3. O.J. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14.

La censura attiene al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria senza effettivo riferimento alle fonti ufficiali in violazione in particolare dell’art. 14 citato, lett. c). A tal fine il ricorrente riporta quanto emerge dal sito (OMISSIS) e da altre fonti internazionali ed evidenzia che la situazione della Nigeria è tutt’altro che rassicurante in particolare nella zona di provenienza del richiedente.

1.1 Il primo motivo è fondato.

La Corte d’Appello di Milano fa un generico richiamo alle fonti internazionali senza indicarle specificamente salvo un breve riferimento al fatto che la Nigeria, in particolare (OMISSIS), non è oggetto di specifiche direttive da parte dell’UNHCR.

Deve darsi continuità al seguente principio di diritto: “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (Sez. 2, Ord. n. 9230 del 2020, Sez. 1 Ord. n. 13987 del 2019).

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19.

La censura attiene alla sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria negati invece dal provvedimento impugnato con una motivazione insufficiente e senza un effettivo giudizio comparativo tra le attuali condizioni di vita del ricorrente, quelle in cui si trovava prima di partire e quelle in cui si troverebbe in caso di ritorno in Nigeria.

2.1 Il secondo motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento del primo.

3. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

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