Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20028 del 30/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2011, (ud. 04/07/2011, dep. 30/09/2011), n.20028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 134-2006 proposto da:

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 74,

presso lo studio dell’avvocato NITOGLIA STEFANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GASPERINI ANDREA, giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 31/2004 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 29/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GASPERINI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In causa relativa a rettifiche IVA (Euro 31.111 ed Euro 9.654) nei confronti di B.F. per operazioni ritenute inesistenti negli anni 1995 e 1996, la CTP di Pisa annullava la ripresa a tassazione in relazione ad alcuni (pancali di legno, noleggio carrello elevatore, fitti passivi pagati alla soc. Tecnoforniture di Pistoiesi Mario e alla soc. Ecogalvanica Bonsignori, leasing per impianto galvanico) dei numerosi rilievi formulati dal contribuente.

In sede di ulteriore gravame, la CTR-Toscana, con sentenza del 29 ottobre 2004, ha accolto l’appello principale dell’Agenzia delle entrate e, disattesa l’impugnazione incidentale del B., ha dichiarato del tutto legittimi gli avvisi di rettifica opposti.

Il 14 dicembre 2005 il contribuente ha proposto ricorso per cassazione indirizzato a “Agenzia delle entrate del Ministero delle finanze” e notificato, in data 17 e 19 dicembre 2005, presso l’Avvocatura Generale e distrettuale dello Stato, in Roma e in Firenze. Indi, a seguito di ordinanza di questa Corte (19/11/2010), il ricorso è stato rinnovato con atto notificato all’Agenzia delle entrate il 30 novembre 2010 presso l’ufficio accertatore (Pontedera) e il 9 dicembre 2010 presso la sede centrale (Roma).

L’amministrazione non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Preliminarmente va osservato che nel giudizio tributario di merito l’Agenzia delle entrate non è stata rappresentata dall’Avvocatura dello Stato, sicchè è nulla, e non inesistente, la prima notifica del ricorso per cassazione effettuata presso l’Avvocatura dello Stato, non potendosi escludere l’esistenza di un astratto collegamento tra il luogo di esecuzione della notifica e il destinatario della stessa, in considerazione della facoltà, concessa all’Agenzia di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura erariale.

Tale nullità, inoltre, è stata sanata per effetto di rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. (Sez. U, Sentenza n. 22641 del 29/10/2007), senza che rilevi che alla rinnovazione si sia provveduto posteriormente alla scadenza del termine per impugnare (Sez. 5, n. 9242 del 2004).

2.-Passando all’esame del ricorso, con il primo mezzo, il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione da parte dell’amministrazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 9, in ordine alla ritenuta non accoglibilità del condono dell’IVA, comunicatagli dall’Ufficio in data 18 febbraio 2005. Il contribuente, premesso d’aver versato 15.137 Euro per la definizione di liti pendenti a fronte di soli 9.608 Euro necessari per condonare le imposte dirette, assume di avere versato appena 1.297,33 Euro meno di quanto complessivamente dovuto per condonare anche l’IVA, per errore scusabile e ascrivibile alla persona da lui stesso incaricata delle pratica. In proposito, tenuto conto anche del fatto d’aver erroneamente versato molto più del dovuto quanto alle sole imposte dirette, sostiene che era chiaro l’intento di definire anche la vertenza sull’IVA e che il modesto ammanco era da ascriversi alla complessità dei calcoli e alla scarsa chiarezza della normativa e delle informazioni in merito.

2.1.- Il mezzo, pur astrattamente consentito a mente della L. n. 289, comma 8 pecca di autosufficienza.

Sotto il primo profilo, si rileva che la domanda di definizione agevolata è del 21 maggio 2003 e che la nota di diniego riguardante l’IVA è del 18 febbraio 2005; il diniego è, dunque, intervenuto dopo la sentenza d’appello e in pendenza del termine per ricorrere dinanzi a questa Corte, che diviene, per ciò stesso, competente a conoscere del diniego stesso, in unico grado anche di merito (Sez. 5, Sentenza n. 5092 del 09/03/2005).

2.2. Sotto il secondo profilo, il mezzo è del tutto carente. La previsione contenuta nell’art. 16, comma 9 postula l’insufficienza delle somme versate e presuppone, quindi, che la domanda di definizione non sia stata accettata per via di tale insufficienza. In tale caso, qualora sia riconosciuta l’esistenza di un errore scusabile da parte del contribuente, è previsto uno speciale procedimento finalizzato all’integrazione, consistente nella notifica di una comunicazione da parte dell’Ufficio cui deve seguire la regolarizzazione, mancando la quale non si produce l’effetto di definizione della lite fiscale in funzione surrogatoria dell’obbli- gazione tributaria controversa (Sez. 5, Sentenza n. 2723 del 04/02/2011). Ne consegue che, per poter ritualmente impugnare il diniego dinanzi a questa Corte, il contribuente deve osservare le regole tipiche del ricorso per cassazione e, tra queste, il principio di autosufficienza del ricorso, che impone di trascrivere l’atto impugnato, almeno nelle sue parti salienti (e unitamente a quelle degli atti presupposti), onde consentire in via immediata e completa la percezione della questione, sottoposta al vaglio giurisdizionale, nei suoi termini essenziali anche fattuali. Essi, nella specie, sono particolarmente rilevanti, attesa la peculiare disciplina dell’errore scusabile, che impone di conoscere con esattezza se e come la questione sia stata posta all’attenzione dell’amministrazione, nonchè se e come l’amministrazione abbia interloquito con. il contribuente. Nulla di ciò risulta dal ricorso che, sul punto, va dunque disatteso.

3.-Con il secondo mezzo, il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 116 c.p.c., per avere la CTR affermato “… in modo apodittico, che le dichiarazioni sostitutive prodotte in atti non possono essere prese in considerazione in alcun modo.

3.1. – In effetti, anche al contribuente, oltre che all’amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta – in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti di cui al nuovo testo dell’art. 111 Cost. – la possibilità d’introdurre, nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale (nella fattispecie, dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà) , le quali hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e come tali devono essere valutate dal giudice – non potendo costituire da sole il fondamento della decisione – nel contesto probatorio emergente dagli atti (Sez. 5, Sentenze n. 5957 del 15/04/ 2003 e n. 9129 del 19/04/2006).

3.2. – La doglianza formulata con il motivo, nonostante l’evidenziato errore di diritto, si palesa comunque i-nammissibile perchè non idonea, di per sè, a generare una decisione favorevole al contribuente, avendo questo di omesso allegare come e quando le dichiarazioni sostitutive raccolte dalla parte abbiamo trovato ingresso nel giudizio di merito e quali ne fossero i contenuti, da riprodurre in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, onde consentire a questa Corte di verificarne l’attinenza e la decisività (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 18506 del 25/08/2006).

4.-Con il terzo mezzo, il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c.,.

n. 5, vizio di omessa motivazione sulla ritenuta natura simulata delle locazioni, finanziarie e non, la cui IVA era stata portata in detrazione. Rileva il contribuente che la CTR si era soffermata sul solo mancato rinvenimento dei contratti, da parte della G.d.F., presso la locatrice, senza dar conto dell’avvenuta registrazione dei contratti e della ragione giustificatrice del godimento gratuito di beni tra imprese commerciali. Aggiunge che la CTR ha ritenuto indeducibili i canoni di locazione finanziaria dell’impianto di galvanostegia, solo perchè fisicamente ubicato presso azienda collegata, senza dar conto del contratto di sublocazione esistente tra le parti, del contenzioso su tale impianto riguardante il solo contribuente e delle rimesse bancarie per il pagamento dei canoni.

Conclude dolendosi del fatto che la CTR “non ha motivato sul secondo profilo di appello incidentale”.

4.1. – La doglianza è inammissibile. Il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l’erronea valutazione di documenti da parte del giudice di merito ha l’onere, a pena drinammissibilità del motivo di censura, di riprodurli nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo (Sez. 3, Sentenza n. 14973 del 28/06/2006). Il contribuente, invece, è incorso in ulteriore violazione dell’art. 366 c.p.c., non avendo provveduto alla trascrizione, almeno nei punti salienti, degli invocati contratti di locazione e di leasing al fine di consentire a questa Corte il controllo della decisività della censura sulla ritenuta simulazione, e, quindi, di documenti attinenti, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, questa Corte, come si è detto, deve essere in grado di compiere sulla base del contenuto dell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

4.2. Analoghe considerazioni valgono anche per il denunciato vizio di omessa motivazione “sul secondo profilo di appello incidentale”:

rilievo anch’esso inammissibile perchè privo di autosufficienza, essendo graficamente rimesso al rinvio a “pag. 7 rigo 3 e segg.

dell’appello incidentale”. Un siffatto richiamo obbligherebbe questa Corte a un’opera di relazione e di supposizione che la legge processuale non affida al giudice di legittimità, il che ridonda addirittura in irresolubile carenza di specificità del motivo stesso.

5. Concludendo, il ricorso va integralmente disatteso, senza alcuna conseguenza in punto di spese per la mancata costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2011

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