Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20027 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. II, 24/09/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 24/09/2020), n.20027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21074/2019 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FONTANA N. 3 –

MILANO, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA MARCIANO, che lo

rappresenta e difeso;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE CASSAZIONE;

– intimata –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOCHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TIRUBUNALE di MILANO, depositato il

18/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.S. – cittadino del Mali – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Milano avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè il fratello di suo padre – deceduto -, con il quale conviveva, aveva iniziato non solo a maltrattarlo ma pure a volere che egli sposasse sua zia, vedova di altro fratello del padre.

Il Collegio ambrosiano ha rigettato il ricorso ritenendo non credibile il racconto del richiedente asilo; valutando che la situazione socio-politica del Mali non consentiva di ritenere concorrenti le specifiche situazioni per riconoscere la protezione internazionale e che l’opponente nemmeno avesse dedotta situazione di vulnerabilità ovvero elementi lumeggianti significativo inserimento sociale in Italia ai fini della protezione umanitaria.

Il D. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale lombardo articolato su tre motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente, evocato ha dimesso solo nota ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dal D. s’appalesa siccome privo di fondamento e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.P.R. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, nonchè direttiva U.E. e regole della CEDU circa il dovere del Giudice di cooperazione istruttoria e d’osservare il principio dell’attenuazione dell’onere della prova, poichè il Collegio ambrosiano non ha provveduto a nuova audizione del richiedente asilo nonostante apposita e motivata istanza in tal senso presente nel ricorso in opposizione alla decisione della Commissione territoriale.

La doglianza non coglie nel segno posto che non vien messo in dubbio che le parti furono convocate avanti il Giudice, siccome prescritto dalla legge in assenza della videoregistrazione – incombente processuale regolata dalla norma ex D.Lgs. n. 25 del 2008, dedotta siccome violata.

Il ricorrente, in effetti, lamenta che nel corpo dell’avviso di fissazione udienza notificatogli risultava presente l’avvertimento che non si sarebbe proceduto a nuova audizione del richiedente asilo e che, nonostante la sua motivata – in ragione della non perfetta comprensione da parte dell’interprete della lingua italiana e suo stato psicologico conseguente al sentirsi sotto pressione – istanza di nuova audizione, il Tribunale non procedette ad un tanto, anzi espressamente ritenne superfluo tale incombente istruttorio.

Il ricorrente pertanto ritiene violato il suo diritto di difesa e di prova, poichè avrebbe meglio chiarita la sua situazione personale sui vari aspetti di rilievo in causa, ma non censura espressamente l’osservazione del Collegio ambrosiano che la richiesta di nuova audizione non era suffragata anche con l’indicazione di specifiche novità rispetto a quanto già in precedenza narrato.

In effetti parte ricorrente denunzia siccome elusiva del suo diritto l’avvertenza che non si sarebbe proceduto a nuova audizione presente nell’avviso di fissazione udienza poichè ovviamente le parti presenti all’udienza in Camera di consiglio hanno facoltà di fare dichiarazioni che il Giudice non può impedire, in quanto altrimenti opinando non avrebbe senso l’evocazione avanti a sè delle parti.

Cosi inquadrata giuridicamente la questione la denunzia proposta nel motivo di impugnazione configura in effetti, non già, una violazione di legge quanto ipotesi di nullità dell’avviso di fissazione udienza poichè non avente la forma-contenuto atta a raggiungere lo scopo processuale suo proprio, ossia rendere edotta la parte della sua facoltà di comparire avanti il Giudice per essere ascoltato.

Dunque la nullità in questione – non risultando appositamente disposta da norma positiva -, per la sua struttura e natura dianzi richiamata, risulta disciplinata dalla norma ex art. 156 c.p.c., comma 2 – Cass. sez. 3 n. 223/1962, Cass. sez. 3 n. 7104/15.

Sicchè era onere, ex art. 157 c.p.c., comma 2, della parte interessata in quanto leso il suo diritto dedurre tempestivamente – prima difesa successiva – il vizio invalidante e nella specie detto momento non può che esser individuato appunto nell’udienza fissata con l’avviso viziato.

Ma – nemmeno parte ricorrente adduce un tanto – all’udienza non risulta che il richiedente asilo abbia eccepita la nullità oggi dedotta, nè sia comparso e gli sia stato impedito di rendere dichiarazioni, sicchè è intervenuta la sanatoria prevista dal citato art. 157 c.p.c..

Di conseguenza la nullità intermedia lumeggiata risulta sanata e privo di pregio giuridico il motivo di censura oggi avanzato.

Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente deduce omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo ai fini della decisione individuato nell’effettiva situazione socio-politica esistente in Mali.

In buona sostanza, però, la censura si compendia nella contestazione apodittica ed astratta dell’argomentazione esposta al riguardo dal Collegio ambrosiano, sicchè risulta assolutamente non concorrente il vizio di legittimità dedotto, posto che il fatto, oggetto di discussione, risulta apprezzato dai Giudici ma la valutazione fattane non è risultata di gradimento del ricorrente.

Pertanto la censura s’appalesa siccome inammissibile poichè veicolata con mezzo d’impugnazione improprio.

Con il terzo mezzo d’impugnazione il D. lamenta ancora omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo in tema di protezione umanitaria.

Tuttavia il ricorrente non individua in modo specifico il fatto – ritenuto decisivo – asseritamente non valutato ai fini della decisione da parte del Tribunale e, di conseguenza, nemmeno ne illustra la decisività ai fini della decisione.

In effetti si limita a contestare, sempre in modo apodittico, la valutazione fatta dal Collegio ambrosiano dei dati fattuali da lui proposti ad illustrazione del suo inserimento sociale in Italia, nonchè a riproporre la questione afferente le condizioni socio-politiche esistenti in Mali già oggetto della precedente censura. Anche in relazione a detto mezzo d’impugnazione appare evidente la sua inammissibilità poichè la critica svolta in concreto non sussumibile nella fattispecie tipica disciplinata dalla norma invocata a sostegno del vizio denunziato.

Al rigetto dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante la mancata rituale resistenza dell’Amministrazione.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

 

 

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