Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20025 del 30/08/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20025 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 4062-2011 proposto da:
CECCAGLIA ROBERTO CCCRRT49S26H501T, CECCAGLIA
MAURIZIO CCCMRZ53H1OH501I, CECCAGLIA MASSIMO
CCCMSM57B03S880E,

CARNASSALE

CRNLSN69H22H501Q,

CARNASSALE

CRNGLN71S24H501W,

CECCAGLIA

ALESSANDRO
GIULIANO
GIANCARLO

CCCGCR43H1OH501N, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
ANTONIO GRAMSCI 24, presso lo studio dell’avvocato MARIA
STEFANIA MASINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avv.
SCIACCA GIOVANNI C., giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

6591

Data pubblicazione: 30/08/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente nonchè contro

80415740580;

intimato

avverso la sentenza n. 21/9/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di ROMA del 12.11.09, depositata il 15/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO
BASILE.

Ric. 2011 n. 04062 sez. MT – ucl. 11-07-2013
-2-

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Roma ha accolto parzialmente l’appello proposto da Carnassale
Alessandro ed altri -in realtà, provvedendo in sede di rinvio a seguito di riassunzione
da parte dell’Agenzia per conseguenza della cassazione della sentenza della CTR di
Roma n.27-29-2001 con cui (in accoglimento dell’appello del Carnassale ed altri) era
stato accolta l’impugnazione della parte contribuente avverso avviso di accertamento
con cui era stata rideterminata (dal dichiarato di £ 210.000.000 all’accertato di £
1.040.800.000) la valutazione di un compendio immobiliare caduto in successione nel
novembre del 1986, alla morte di Ceccaglia Enrico- ed ha determinato il valore del
compendio immobiliare nella somma di £ 641.000.000.
Con il ricorso per cassazione la parte pubblica si era doluta del fatto che la CTR —pur
riconoscendo la legittimità formale dell’avviso- lo aveva annullato per l’incongruenza
dei valori accertati, omettendo però di stabilire il valore dei beni oggetto
dell’accertamento avvalendosi dei propri doveri officiosi.
L’adita Corte di Cassazione aveva annullato la decisione di secondo grado sulla
scorta del principio di diritto secondo il quale “se dagli atti non risultino sufficienti
elementi di giudizio….le commissioni tributarie debbono esercitare i poteri istruttori
loro conferiti dall’art.7 del D.Lgs.546/1992, comprensivi della facoltà di richiesta di
informazioni e di chiarimenti, nella stessa forma in cui essa è conferita dalle leggi
all’Ufficio tributario”.
La CTR nuovamente adita in sede di rinvio ha motivato la decisione qui impugnata
evidenziando che risultava pacifico che i beni caduti in successione erano stati
“venduti tra il giugno 1989 ed il luglio 1990 per £ 641.000.000″ e che non risultava
che i valori di vendita fossero stati contestati dall’Ufficio ovvero negati dai

3

Osserva:

contribuenti, sicchè detti valori andavano ritenuti definitivi. La Commissione perciò,
ritenuto adeguato e congruo tale valore, lo aveva preso a base per la determinazione
che le era stata domandata.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
L’Agenzia si è difesa con controricorso.

definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il motivo di impugnazione

(rubricato come:”insufficiente e

contraddittoria motivazione della sentenza -art.360 comma 1 n.5 cpc”) la parte
ricorrente si duole per non avere la CTR eseguito gli accertamenti indicati come
necessari dalla Corte di Cassazione nella menzionata pronuncia e fatti oggetto
dell’affermazione del principio di diritto richiamato. In ragione delle prospettazioni
della parte riassumente, la CTR avrebbe dovuto stimare il compendio immobiliare
muovendo dal valore indicato dagli eredi e da quello stimato dall’UTE ai tini
dell’accertamento ed invece —senza esprimersi sulla congruità di nessuno dei due- la
Commissione aveva adottato un provvedimento del tutto immotivato ed illogico,
limitandosi a richiamare il prezzo delle vendite degli immobili stessi avvenute
nell’anno 1990 e perciò non coerenti con l’epoca al quale il compendio ereditario
avrebbe dovuto essere stimato. D’altronde la CTR aveva pure omesso di considerare
ulteriori dati documentati in giudizio: e cioè che all’atto dell’apertura della
successione i beni immobili erano da considerare abusivi (come risultava dalla
domanda di sanatoria versata in atti), tanto che neppure alla data della loro vendita
essi risultavano ancora censiti al catasto immobiliare.
Il motivo appare manifestamente fondato.
Per quanto la censura formulata da parte della ricorrente agenzia rasenti la richiesta di
rivisitazione del giudizio sul fatto, rimesso alla competenza esclusiva del giudice del
merito, occorre evidenziare che questa Corte —per corrispondere all’esigenza di
precisare i confini tra l’attività di controllo della adeguatezza della motivazione del
giudizio di fatto e quella (non ammissibile) di controllo della bontà e giustizia della

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Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere

decisione- ha messo in chiara luce che —pur restando valido, in linea di principio, il
criterio secondo cui la sentenza è valida allorché la motivazione lascia comprendere
le ragioni della decisione- ciò non esclude che è necessario che dalla motivazione
risulti il rispetto dei canoni metodologici che l’ordinamento prescrive per la soluzione
delle questioni di fatto (cfr Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7635 del 16/05/2003).

concernere la legittimità della base del convincimento espresso dal giudice di merito
e non questo convincimento in sè stesso, come tale incensurabile . È in questione,
cioè, non la giustizia o meno della decisione, ma la presenza di difetti sintomatici di
una possibile decisione ingiusta, che tali possono ritenersi solo se sussiste
un’adeguata incidenza causale dell’errore oggetto di possibile rilievo in cassazione
(esigenza a cui la legge allude con il riferimento al “punto decisivo”).
Orbene, poiché la parte ricorrente ha evidenziato (con modalità adeguate in termini di
rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione) una pluralità di
elementi di fatto non adeguatamente e specificamente considerati dal giudice del
merito (la incoerenza tra la data dell’avvenuta vendita degli immobili e quella di
apertura della successione; la diversa condizione nella quale versavano gli immobili
alle due data dianzi indicate, siccome emerge dalla domanda di sanatoria prodotta in
giudizio dalla parte contribuente), essi costituiscono senz’altro sufficienti difetti
sintomatici di una possibile decisione ingiusta, siccome capaci di generare una
difettosa ricostruzione del fatto dedotto in giudizio.
Consegue da ciò che la censura avente ad oggetto il vizio motivazionale può essere
accolta e che, per conseguenza, la controversia debba essere rimessa al medesimo
giudice di secondo grado che —in funzione di giudice di rinvio ed in diversa
composizione- tornerà a pronunciarsi sulle questioni oggetto dell’atto di riassunzione
proposto dall’Agenzia e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio oltre
che quelle del precedente grado di cassazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.

5

Deve comunque rimanere fermo, però, che la verifica compiuta al riguardo può

Roma, 20 novembre 2012

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che la sola parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa, di contenuto

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lazio
che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.
Così deciso in Roma il 11 luglio 2013.

adesivo alla relazione;

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