Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20024 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20024 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 16965-2017 proposto da:
FLISCO LUCA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIAN
MATTEO GIBERTI n.16, presso lo studio dell’avvocato LORENZO
TERATONE, rappresentato e difeso dagli avvocati DARIO
\BBATE, e ALBERTO ABBATLi;
– ricorrente contro
POS’It I I .\1,IAN, 5. PA. C.1.97 103550585, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR n.19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE
DE LUCA TAMAJO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente avverso la sentenza n. 2401/2017 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, depositata il 29/03/2017;

Data pubblicazione: 27/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/06/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.
RILEVATO
che, con sentenza del 29 marzo 2017, la Corte d’Appello di Napoli

domanda proposta da Luca Fusco nei confronti di Poste Italiane
s.p.a. ed intesa alla declaratoria di nullità del termine apposto al
contratto stipulato con la Obiettivo Lavoro s.p.a. nell’interesse
dell’utilizzatore Poste Italiane per il periodo dal 13 febbraio al 30
aprile 2003, alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato con la convenuta società con tutte le conseguenze
giuridiche ed economiche;
che,

ad avviso della Corte territoriale, correttamente il primo

giudice aveva ritenuto, dopo un’ampia premessa relativa
all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità sul tema
dello scioglimento del rapporto per mutuo consenso, come, nel caso
in esame, la manifestazione del comune intento delle parti di
addivenire alla risoluzione del rapporto non era desumibile dal mero
fattore “tempo” ma da un complesso di ulteriori circostanze quali
l’accettazione senza riserve del TFR, l’ampiezza del lasso temporale oltre otto anni – intercorso tra la cessazione del rapporto e
l’instaurazione del giudizio a fronte di un contratto durato solo due
mesi, la corretta valutazione delle risultanze documentali e della
prova testimoniale espletata;
1:::12, per io CIJSS3Z!0113 di Lola Uccisione propone , – ;corso il ,:usco
affidato a quattro motivi cui resiste Poste Italiane con controricorso;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti,
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio;
CONSIDERATO

Ric. 2017 n. 16965 sez. ML – ud. 06-06-2018
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confermava la decisione del Tribunale di S.Maria C.V. di rigetto della

che: con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 1372 cod. civ. ( in relazione all’art. 360, primo
comma, n.3, cod. proc. civ.) per avere il giudice del gravame, con
acritica adesione alla pronuncia di primo grado, ritenuto
erroneamente qualificanti ai fini della possibilità di configurare una
risoluzione per mutuo tacito consenso due elementi – l’accettazione

non erano in quanto integranti comportamenti non significativi in
modo inequivoco della volontà di risolvere consensualmente un
rapporto di lavoro; con il secondo motivo viene dedotta violazione
dell’art. 2697 cod. civ. ( in relazione all’art. 360, primo comma, n.3,
cod. proc. civ.) avendo la Corte territoriale erroneamente posto a
carico del lavoratore l’onere di provare l’interesse alla prosecuzione
del rapporto, interesse, peraltro, emerso dalla prova testimoniale
espletata; con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. ( in relazione
all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ.) in quanto
entrambi i giudici di merito avevano escluso che dal tentativo di
conciliazione promosso dal Fusco potesse evincersi la volontà e
l’interesse alla prosecuzione del rapporto benché la società non
avesse contestato l’espletamento di detto tentativo; con il quarto
motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697
cod. civ. ( in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc.
civ.) per non avere la Corte di appello correttamente valutato le
risultanze della prova testimoniale espletata dalla quale,
contrariamente a quanto ritenuto nella impugnata sentenza, era
emerso l’interesse del Fusco alla prosecuzione del rapporto di

lavoro;
che

tutti i motivi, da trattare congiuntamente

in quanto

logicamente connessi, sono in parte inondati ed in parte

inammissibili:
– sono infondati in quanto la Corte territoriale ha accertato, senza
incorrere nelle denunciate violazioni di legge e con valutazione dei
fatti a lei riservata, che il lasso di tempo trascorso tra la cessazione
Ric. 2017 n. 16965 sez. ML – ud. 06-06-2018
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senza riserve del TFR ed il decorso di oltre otto anni – che qualificanti

del rapporto e l’esercizio dell’azione era indicativo della volontà di
risolvere il rapporto di lavoro essendo l’inerzia accompagnata da altri
comportamenti socialmente tipici, rivelatori di una volontà in tal
senso e ciò sulla premessa corretta che era onere del datore di
lavoro provare che con un comportamento concludente la parte
avesse inteso risolvere il rapporto di lavoro (cfr. Cass. 04/08/2011 n.

– sono inammissibili alla luce di quanto affermato dalle sezioni unite
di questa Corte (cfr. Cass. s.u. 27 ottobre 2016 n. 21691), in
continuità con altre più risalenti pronunce, secondo cui la valutazione
della durata rilevante del comportamento omissivo del lavoratore
nell’impugnare la clausola che fissa il termine nonché di altri
elementi convergenti nel senso della individuazione di una volontà di
estinguere il rapporto di lavoro è un giudizio che attiene al “merito
della controversia” e che, se immune da vizi logici e giuridici e
adeguatamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità. Ed
infatti tutti i motivi, nonostante il richiamo contenuto nelle rispettive
intestazione a violazione di legge, finiscono anche con il sollecitare
una nuova valutazione del merito della controversia non ammissibile
in questa sede; invero, è stato in più occasioni affermato dalla
giurisprudenza di legittimità che la valutazione delle emergenze
probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute
più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di
fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento
della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo

elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis,
Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006;
Cass. n. 11933 del 07/08/2003);

che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va
rigettato;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e
vengono liquidate come da dispositivo;
Ric. 2017 n. 16965 sez. ML – ud. 06-06-2018
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16932 e successivamente Cass. 10/04/2017 n. 10027);

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma

1 quater,

del d.P.R. 30 maggio,

introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.
228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione
ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale

13 maggio 2014 e numerose successive conformi);

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del
presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 3.000,00
per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella
misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018
Il Presidente

quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del

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